16 maggio 2015

LA FINE DELLA SINISTRA da Il Manifesto

 
Cruda analisi di Ercolani sulla sinistra italiana sdraiata sul lettino dello psiconalalista.Da leggere per riflettere.






da Il Manifesto del 14.5.2015
L'urto del pensiero

La fine della sinistra


Paolo Ercolani

Pubblicato 14.5.2015, 19:20



 
RENZI LAVAGNA



Pare vi siano delle cose che non si pos­sono dire. Pro­viamo a con­cen­trarle tutte qui, ma con intento costruttivo.

Un pro­dotto della disfatta

Mat­teo Renzi è il pro­dotto di una sini­stra, e della sua classe dir­gente, che almeno a par­tire dal 1989 si è¨ rive­lata inca­pace, priva di idee, vel­leita­ria e in non pochi casi cor­rea con quei poteri che avrebbe dovuto con­tra­stare (e che soste­neva di con­tra­stare, ovviamente solo a parole).

Una sinistra che dopo il 1989 ha saputo sol­tanto divi­dersi in due tron­coni: uno, quello prin­ci­pale e più¹ grande, velo­cis­simo nel rin­negare tutto il pro­prio pas­sato per poi get­tarsi, con lo zelo e l'entusiasmo tipici dei neo­fiti, fra le brac­cia di un libe­ra­li­smo che ormai aveva intro­iet­tato la fede neo-liberista. In maniera sostan­zial­mente acri­tica, sospinto dal furore entusia­stico di poter final­mente occupare qualche pol­trona che conta.

L'altro tron­cone, quello più¹ pic­colo in ter­mini elet­to­rali, che non ha saputo fare di meglio che attac­carsi a nomi, idee, rife­ri­menti e pra­ti­che poli­ti­che asso­lu­ta­mente vel­lei­tari, mino­ri­tari, inin­fluenti. Buoni per il secolo pre­ce­dente, a voler essere ottimisti.

Crol­lato il socia­li­smo reale, venuti meno col 1989 tutti quei rife­ri­menti a un comu­ni­smo, per la verità , ormai disin­ne­scato e inno­cuo da qual­che decen­nio, la sini­stra si è divisa fra quelli a cui non pareva vero di poter finalmente veleg­giare liberi verso i lidi del potere, e quelli che si arrocca­vano a difesa di un pas­sato ormai ana­cro­ni­stico. Gli irri­du­ci­bili di una galas­sia ormai ridotta a pre­i­sto­ria. Asso­lu­ta­mente non in grado di rap­pre­sen­tare e tute­lare mini­ma­mente gli inte­ressi di quelle classi sociali più deboli a cui pur soste­nevano di rivolgersi.

Eh sì¬, dicia­molo per inciso ma dicia­molo: la poli­tica, una poli­tica che voglia fare pro­pria l'idea fon­da­men­tale di Gram­sci (l'indissolubilità  di teo­ria e prassi), non può appunto limi­tarsi a rap­pre­sen­tare sol­tanto un'unica idea (per quanto sug­ge­stiva, foriera di ricordi e con­qui­ste glo­riosi), non può baloc­carsi sul fatto che la ragione è dalla sua parte e la Sto­ria prima o poi la riconoscerà .

La poli­tica, mai come oggi, è rap­pre­sen­tanza di istanze deter­mi­nate, ten­tativo di riso­lu­zione di pro­blemi con­creti, por­ta­trice di pro­po­ste fat­tive e rea­liz­za­bili nell'immediato. Tutto il resto è ideo­lo­gia nel senso ste­rile del termine, inef­fet­tua­litibile , inconsi­stenza, irri­le­vanza. Nulla!

Da tutto que­sto back­ground  è emersa una figura come quella di Mat­teo Renzi. Pro­dotto, cer­ta­mente radica­liz­zato, della sini­stra (quella rin­ne­gata, più ampia) che si è con­ver­tita acri­ti­ca­mente al neo-liberalismo e alla genu­fles­sione ai mer­cati, ma anche rea­zione estrema a quell'altra sini­stra (tanto nostal­gica quanto inin­fluente) che si illu­deva di poter soprav­vi­vere alla Sto­ria sol­tanto richia­man­dosi a termini, valori e ideo­lo­gie che ormai, appunto, ave­vano un senso e un valore sol­tanto sul piano storico.

La fine della sinistra

In que­sta sua genesi e pecu­lia­rità risiede la forza (ad oggi invin­ci­bile) dell'attuale capo del governo: egli è l'uomo che fa (leggi, riforme, cer­ta­mente discu­ti­bili, ma le fa).

Sicu­ra­mente meno cose di quelle che vor­rebbe (e che pro­clama con ecces­sivo ardore), ma lui fa.

Chi a lui si oppone, ad oggi, spe­cie a sini­stra si rivela come un por­ta­tore sano (cioè  inno­cuo) di valori e ideo­logie in assenza di un pro­getto serio e cre­di­bile nonnchè di pro­poÂste fat­tive e realizzabili.

L'opposizione a Renzi, in que­sti ter­mini, risulta scadente e per­fino irri­tante: com­pa­rare le cose che egli fa o ha fatto limi­tan­dosi a una cri­tica distrut­tiva e priva di alter­na­tive è poco cre­di­bile e per­sino imba­raz­zante da parte di una sini­stra (non solo poli­tica) e di una classe diri­gente (non solo poli­tica) che fino ad oggi si è distinta per immo­bi­li­smo quando non cor­reità  palese con i poteri tecno-finanziari.

Stando così le cose, ad oggi emerge un dato su tutti: la fine della sinistra.

Lo sa bene, anche se fa finta di non saperlo, chi si innalza a pro­cla­mare il supe­ra­mento della distin­zione destra/sinistra. Infatti a essere supe­rata non è tanto la distin­zione, quanto la sini­stra stessa.

I valori della destra sono tra­di­zio­nali e senza tempo (gerar­chia, ari­sto­cra­zia, libero mer­cato, nazio­na­li­smo, xeno­fo­bia etc.), e per que­sto non per forza di cose legati alla con­tin­genza storica.

I valori della sini­stra, dall'altra parte, in virtù dell'insegnamento impar­ti­toci dalla vec­chia talpa di Tre­viri, devono emer­gere con­ti­nua­mente rin­no­vati sulla base delle con­trad­di­zioni ogget­tive che si rive­lano in un dato momento sto­rico. E quindi dive­nire capaci di rap­pre­sen­tare le istanze di quelle figure sociali che fini­scono, di volta in volta, sfrut­tate, emar­gi­nate, umi­liate da mec­ca­ni­smi economico-sociali che igno­rano la giu­sti­zia e l'uguaglianza.

Se la sini­stra perde que­sta capa­cità  di rap­pre­sen­tare il disa­gio sociale e inci­dere con pr­opo­ste chiare e co­crete (si veda, a tal pro­po­sito, il deca­logo con­te­nuto nel Mani­fe­sto di Marx ed Engels), cose che ha obiet­ti­va­mente per­duto da troppo tempo, si auto­con­danna all'irrilevanza sto­rica, alla spa­ri­zione in una dimen­sione nostal­gica e ana­cro­ni­stica, a lasciare campo aperto e libero non sol­tanto a una destra dai valori impe­ri­turi e quanto mai potenti (spe­cie in epoca di crisi eco­no­mica e forte disa­gio sociale), ma anche a un signore come Mat­teo Renzi che, volenti o nolenti, ne costi­tui­sce l'unica alter­na­tiva cre­di­bile e tangibile.

Aut-aut

Insomma, dob­biamo tra­sfor­mare un fat­tore di estrema debo­lezza, svuo­ta­mento ideo­lo­gico (e di idee), crisi di rap­pre­sen­tanza e inca­pa­cità  di inci­dere sul reale, per con­cre­tiz­zarlo in un momento di rige­ne­ra­zione di una sini­stra che allo stato dei fatti si è con­dan­nata all'irrilevanza.

L'alternativa sarebbe con­ti­nuare a limi­tarsi ad una ste­rile oppo­si­zione a quello che, in nome di un mondo nuovo e di un uomo nuovo di cui si fatica assai (ad essere buoni) a scor­gere anche solo dei con­torni sfumati.

Come? Scio­gliendo tutti i par­titi e par­ti­tini che la com­pon­gono, liqui­dando tutti coloro che odo­rano di vec­chia classe diri­gente, tutti coloro che hanno rico­perto ruoli diri­gen­ziali e posti di potere. Ela­bo­rando un nuovo mani­fe­sto pro­gram­ma­tico aggior­nato ai tempi mutati, con pro­po­ste distin­tive, chiare, pra­ti­ca­bili e rispon­denti alle con­trad­di­zioni effet­tive del tempo presente.

Su que­ste basi rico­struire una classe poli­tica e diri­gente, ma anche un popolo della sini­stra che siano tutti depo­si­tari di un nuovo sogno e di obiet­tivi con­creti su cui impo­stare la pro­pria lotta e le pro­prie energie.

Per questo è bene dirlo una volta per tutte, e con que­sto con­clu­dere: o la sini­stra ela­bora un pro­getto cre­di­bile, con­creto e alter­na­tivo a que­sta deriva neo-liberista, oppure, se si tratta di stare all'interno della teo­lo­gia capi­ta­li­stica dai dogmi indi­scu­ti­bili, è oppor­tuno pren­dere atto che ad oggi Renzi rap­pre­senta il meglio offerto dalla situa­zione reale.

Tutto il resto sarebbe incline a un libe­ri­smo ancora più spinto e senza freni, oppure a derive popu­li­sti­che e destroidi di cui pos­siamo e dob­biamo anche fare a meno.











 

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