Con Ane Dahl Torp, Laurent Stocker, Magne Havard Brekke, Dinara
Drukarova, Christian Ellefsen, del 2014. Musica di Kaada.
Scienza e ironia
Il
film è una presa in giro garbata del mondo degli uomini (e pochissime donne
naturalmente) di scienza, e per di più nordici. Marie (Ane Dahl Torp) è
un’agente trentacinquenne dell’Istituto Norvegese dei pesi e delle misure, lo
Justervesenet, e passa la via a controllare le varie misure per conto dello
Stato. Rilasciando il suo bollino blu ha un lavoro di grande potere e prestigio,
ma per contro, una vita solitaria. Vive in una deliziosa villetta bifamigliare
minimalista, in un quartiere suburbano presumibilmente di Oslo, con tutte
villette attorno identiche. Si è appena lasciata con il suo compagno che si
attarda a traslocare portando via ogni giorno o uno scatolone o due sedie.
Il
senso della sua solitudine è perfettamente rappresentato ironicamente dal suo letto
a due piazze, ma con un solo piumino single
e un unico cuscino. Chissà se lui si è portato via anche quello?
Marie
è una figlia d’arte, infatti anche suo padre, cui lei è molto legata, lavora
per lo Justervesenet, ed è il responsabile del prototipo del chilo norvegese. Purtroppo
viene stroncato da un infarto poco prima di un Convegno a Parigi, dove invece andrà
lei a portare il preziosissimo prototipo per una ricorrente verifica di misura
a livello internazionale.
Neanche
a dirlo a Parigi trova l’amore, Pi un ex Professore di fisica (Laurent Stocker)
che fa il giardiniere all’Istituto di scienza, dove si svolge il Convegno, e
registra il canto degli uccelli a seconda della distanza dalla città. Sembra
che l’amore per la natura unisca i due cuori così come il loro mondo politically correct: entrambi usano macchine
rigorosamente elettriche, entrambi si occupano dei genitori lui accudisce sua
madre affetta dal morbo d’Alzheimer, e cos’altro? Unica singolare trasgressione
che il regista Ben Hamer ci presenta è che Marie è una fumatrice (discreta
naturalmente). Belle sono le scene nello strettissimo anditus dell’Istituto Norvegese, l’unico punto dove sia permesso
fumare, ovviamente all’aperto.
Il
film non sarebbe male se non fosse per questo lato così perbenista e per
l’ovvietà dell’immaginario con cui è descritta tutta la parte francese, dai
monumenti sacri – Place della Concorde
e la Tour Eiffeil - allo stereotipo
dell’uomo francese un po’ basso un po’ tondo che ama il vino e la vita. La
parte migliore di 1001 Grammi è sicuramente
quella che descrive la Norvegia, patria d’origine del regista. Bella è la scena
delle ceneri del padre e della solita ritualità con la quale lei le pesa. Con
un linguaggio di silenzi e di inquadrature ben studiate Hamer descrive un
cambiamento che avviene lentamente e in modo impercettibile. Minimalista lo è
anche nella sfera dei sentimenti.
Pur
essendo nato a Sadndefjord, una città a sud di Oslo, Ben Hamer studia a
Stoccolma alla Scuola di Cinema e teoria cinematografica all’Università. È un
esperto di film che rappresentano le solitudini di persone incapaci a uscire
dal proprio disagio esistenziale come Kitchen
story – Racconti di cucina del
2003 e de Il mondo di Horten del 2007.
Ghisi Grütter
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