Il film di Mario Martone è un bel melodramma cui manca solo la musica di Verdi per farci spaziare in un’Italia conservatrice e frammentata (Giacomo si fa fare il passaporto per andar via da Recanati…) piena di malattie fisiche (l’epidemia del colera) e di spocchie aristocratiche. Ma sarà cambiata poi? Gli sforzi fatti nel Novecento sembrano scomparire in dissolvenze una a una nel secolo attuale. Uno strepitoso Elio Germano interpreta Giacomo Leopardi con espressioni a tutto campo ricche di sfumature, dalla rabbia all’angoscia, dal divertimento all’imbarazzo.
Avevo un’idea leggermente diversa di Leopardi, lo immaginavo molto più chiuso e “interiore”, credevo che le sue sofferenze fossero più celate, meno manifestate. Pensavo anche che la situazione della “malinconia” fosse probabilmente più agro-dolce e maggiormente legata alla depressione e non come mostrato nel film, legata alla rabbia, all’angoscia e al desiderio di fuga. Credevo anche che Leopardi avesse quasi più disprezzo che odio per Recanati date le poesie, anche, di amore per quel luogo, ma probabilmente mi ero fatta un’idea errata. Sicuramente non ho letto con sufficiente attenzione quel bel libro di Piero Citati su Leopardi uscito circa tre anni fa.
Molto bella tutta la lunga prima parte a Recanati: il rapporto con il padre, il non rapporto con la madre bigotta, i giochi e le complicità tra fratelli. Sogni speranze e sofferenze sono quelle che tutti gli adolescenti in qualche misura hanno provato. I primi rossori con i primi innamoramenti, i primi dolori con la morte di Silvia… tutto è descritto in maniera magistrale. Bruscamente poi ci si ritrova dieci anni dopo a Firenze, dove Giacomo è già amico di Antonio Ranieri e l’amata (da entrambi?) Fanny. La parte fiorentina ha il compito di evidenziare il lato pericolosamente “politico” di Leopardi, o almeno letto tale dall’intellighenzia conservatrice dell’epoca. Il film, un po’ troppo dettagliatamente, narra anche un breve stop a Roma fino ad arrivare a Napoli dove Leopardi e Ranieri trovano alloggio successivamente in tre sistemazioni abitative diverse (l’ultima a Torre del Greco). A Napoli Leopardi sembra ritrovare quella “Natura” che non gli è più ostile, finalmente fuori dai salotti fiorentini e dal bigottismo romano e recanatese, trova gioie e divertimenti intrattenendosi con il popolo e con i giovani partenopei. Tutto il film gioca sull’ambiguità sessuale – ma Giacomo Leopardi amava gli uomini o le donne ? e forse era un pedofilo latente? – ma il protagonista è descritto troppo represso e con un pessimo rapporto con il suo corpo per praticare alcuna sessualità.
Martone costruisce il film come sequenze di scenografie teatrali in cui sono inquadrate bellezze artistiche e naturali d’Italia; le migliori sono decisamente la prima parte a Recanati e l’ultima a Napoli, mentre Firenze e Roma sono un po’ da cartolina.
Avevo un’idea leggermente diversa di Leopardi, lo immaginavo molto più chiuso e “interiore”, credevo che le sue sofferenze fossero più celate, meno manifestate. Pensavo anche che la situazione della “malinconia” fosse probabilmente più agro-dolce e maggiormente legata alla depressione e non come mostrato nel film, legata alla rabbia, all’angoscia e al desiderio di fuga. Credevo anche che Leopardi avesse quasi più disprezzo che odio per Recanati date le poesie, anche, di amore per quel luogo, ma probabilmente mi ero fatta un’idea errata. Sicuramente non ho letto con sufficiente attenzione quel bel libro di Piero Citati su Leopardi uscito circa tre anni fa.
Molto bella tutta la lunga prima parte a Recanati: il rapporto con il padre, il non rapporto con la madre bigotta, i giochi e le complicità tra fratelli. Sogni speranze e sofferenze sono quelle che tutti gli adolescenti in qualche misura hanno provato. I primi rossori con i primi innamoramenti, i primi dolori con la morte di Silvia… tutto è descritto in maniera magistrale. Bruscamente poi ci si ritrova dieci anni dopo a Firenze, dove Giacomo è già amico di Antonio Ranieri e l’amata (da entrambi?) Fanny. La parte fiorentina ha il compito di evidenziare il lato pericolosamente “politico” di Leopardi, o almeno letto tale dall’intellighenzia conservatrice dell’epoca. Il film, un po’ troppo dettagliatamente, narra anche un breve stop a Roma fino ad arrivare a Napoli dove Leopardi e Ranieri trovano alloggio successivamente in tre sistemazioni abitative diverse (l’ultima a Torre del Greco). A Napoli Leopardi sembra ritrovare quella “Natura” che non gli è più ostile, finalmente fuori dai salotti fiorentini e dal bigottismo romano e recanatese, trova gioie e divertimenti intrattenendosi con il popolo e con i giovani partenopei. Tutto il film gioca sull’ambiguità sessuale – ma Giacomo Leopardi amava gli uomini o le donne ? e forse era un pedofilo latente? – ma il protagonista è descritto troppo represso e con un pessimo rapporto con il suo corpo per praticare alcuna sessualità.
Martone costruisce il film come sequenze di scenografie teatrali in cui sono inquadrate bellezze artistiche e naturali d’Italia; le migliori sono decisamente la prima parte a Recanati e l’ultima a Napoli, mentre Firenze e Roma sono un po’ da cartolina.
Ghisi Grütter
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