MARGUERITE
Xavier Giannoli
L’anti-Traviata
Tratto da una storia vera, Marguerite è un film leggero abbastanza gradevole a parte le
sgradevolissime esecuzioni canore di lei, forse un po’ esagerate. Ambientato
nella Parigi postbellica degli anni Venti trasmette la voglia di vivere e il
desiderio di libertà tipico di quegli anni.
La ricca baronessa Marguerite Dumont è una stonatissima
melomane un po’ agée, che vive
l’illusione di essere un soprano e si cimenta in rècitals privati nella sua magione di campagna assecondata dal
fedele servitore Madelbos. La scelta dei brani, oltretutto, è molto ambiziosa
come ad esempio l’aria della Regina della Notte tratta dal Flauto Magico di
Mozart, considerata da molti tra i più difficili pezzi per soprano in assoluto.
L’idea di un’illusione assecondata non è nuovissima; basti ricordare sopra
tutti Viale del Tramonto di Billy
Wilder, anzi credo che l’autista/tuttofare di Marguerite sia un’esplicita citazione dell’autista/tuttofare della
vecchia star del cinema Gloria Swanson
interpretato dal regista Erich von Stroheim.
Trascurata (e tradita) dal marito, Marguerite cerca emozioni
sempre più forti nella musica lirica incoraggiata anche da due giovani che
rappresentano un cambiamento nel mondo dell’arte: uno è un giornalista critico
d’arte che scrive su un giornale parigino, l’altro un poeta dadaista con falso
accento tedesco. La Dumont avrà coraggio di esibirsi in un piccolo cabaret (off diremmo oggi) cantando la marsigliese sotto una
regia più futurista che dadaista e di fronte a un pubblico eterogeneo ma non
nazionalista.
La mancanza di affetto del marito fa crescere il rapporto tra
Marguerite e il suo servitore che è anche il suo fotografo ufficiale, il suo
pianista accompagnatore, il suo adulatore che la protegge dall’orribile verità
di essere terribilmente stonata. Così tutti la assecondano: gli amici del
circolo, una giovane promettente cantante, la servitù al completo, i musicisti
e perfino il tenore Atos Pezzini che, assieme al suo clan, si trova costretto a
impartirle delle inutili e dispendiose lezioni di canto.
Un film che non riesce a commuovere rimanendo sempre sul
registro di commedia. L’unica nota decisamente positiva è il personaggio
generoso e coraggioso di Marguerite con la quale si empatizza grazie anche alla
bravura di Catherine Frot (la cuoca di Mitterand anch’essa tratta da una storia
vera) che l’interpreta.
Ghisi Grütter
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