11 aprile 2015

L'ASPETTO POLITICO E SOCIALE DELLA RESPONSABILITA' CIVILE DEI GIUDICI

A proposito  della responsabilità civile dei giudici di cui si fa un gran parlare in questi giorni,, a me appare rilevante non tanto l'aspetto giuridico, ma l’aspetto politico e sociale della questione.
Un giudice che “consapevolmente” decida di emettere un giudizio o, se accusatore, di fare in modo che il giudizio sia emesso sulla base di artifizi dolosi, deve essere sanzionato nel modo più severo possibile.Penso anche che imperizia e ignoranza debbano essere altrettanto puniti, pur se, in mancanza di dolo, in misura diversa, quindi soltanto economica e/o amministrativa.
 
I problemi nascono a monte, cioè quando si debbano stabilire le modalità di accertamento della colpevolezza del magistrato.
La legge, non so se già in vigore, se non sbaglio, dice che chi si ritiene danneggiato ha il diritto di intentare causa di responsabilità contro il magistrato o i magistrati presunti colpevoli.
In soldoni e banalizzando: Poichè il magistrato, come qualunque altro professionista, se sbaglia deve pagare, chiunque si ritenga danneggiato deve avere il diritto di portare in tribunale un giudice, senza preventivi filtri di sorta.Da quel momento in poi, il processo seguirà, ovviamente, le normali procedure.
Su questo non sono d’accordo nemmeno un poco.
· Non penso che i giudici siano assimilabili a ogni altra categoria di professionisti. Nessuna categoria professionale si confronta,sempre e in ogni caso, con qualcuno offeso e penalizzato da una accusa e/o da una sentenza.
· Penso che la giustizia debba badare a impedire che ricchi e potenti, attraverso un (certamente oneroso) sfruttamento legittimo delle leggi vigenti (“elusione”), possa tentare di ottenere impunità, come è invece in grado di fare chi si possa permettere di intentare un processo a un giudice.
· C’è un danno al sistema della giustizia ancora più grave: quello della intimidazione preventiva. Non sarà facile, per un giudice, decidere di mettere sotto accusa prima, di condannare eventualmente poi, un ricco potente, con il timore di una richiesta di risarcimento abnorme in base al “prestigio” e alla “onorabilità” proclamata, dell’accusato o del condannato. Si verrebbe così a creare una ulteriore grande disparità tra chi può spendere molto e avvalersi di avvocati estremamente capaci e chi no.
Oltre a queste ragioni, per così dire “universali” vedo, secondo me, cruciali ragioni legate al contesto italiano, in cui, criminali e politici, troppo frequentemente indistinguibili o almeno profondamente collusi in un clima di generalizzata corruzione, non solo sono molto attenti a sfruttare ogni occasione ma fanno di tutto per sottomettere la magistratura, non alla “Politica”, ma al potere, cercando, per strade magari diverse, una impunità che salvaguardi maneggi ritenuti normali anche da non delinquenti, privi però di sufficiente coscienza civile, cosa sempre più “normale”.
Sono proprio i politici, le consorterie economiche, il malaffare generalizzato, che spingono verso una concezione astratta e “illuministticamente borghese” della giustizia, certi di ottenere il plauso di molti insospettabili,da esibire.
Sono le stesse aree che vogliono la distinzione delle carriere, sperando di portare i magistrati accusatori sotto l’egida del ministero della giustizia, con la possibilità di orientare l’attenzione a reati meno scomodi, con possibilità enormemente maggiori di insabbiamento di episodi pericolosi.
A questo scopo possono concorrere persino politici puliti e convinti del “primato della politica”. Quelli non ingenui li supporteranno, gridando allo sconcio di un corporativismo della magistratura, indegno di un paese europeo.
Il sistema giudiziario è imperfetto. Ma gli anticorpi della magistratura mi appaiono molto superiori a quelli presenti nella politica e nella imprenditoria.
Andrea Mascherin, presidente del collegio nazionale forense, ha affermato: ”alla giustizia servirebbero risorse aggiuntive sia di personale togato e no, sia economiche. In caso contrario anche iniziative che stanno mostrando esiti interessanti, come il processo telematico, corrono il rischio di segnare il passo”. E’ la lunga battaglia che una classe dirigente conduce da decenni, per sottomettere la magistratura, legiferando male, in modo da garantire (i più ottimisti dicono per ignoranza e non per dolo) scappatoie e incertezze interpretative; negando risorse elementari ai tribunali. E’ di questa classe dirigente la causa principale “di uno dei mali dell’Italia: l’incertezza della giustizia”, enormemente più che della magistratura.
Per questo mi spingo più in là:
nessun limite alle intercettazioni. Nessun limite alla loro pubblicazione, se si tratta di “persone di rilievo pubblico”, in qualunque ambito, politico, imprenditoriale, culturale...
Pretendo il diritto di giudicare i D’Alema, i Lupi e la marea di altri notabili e imprenditori furbi e/o incapaci, corrotti e corruttori, collusi e ben introdotti,... ancora prima che sia formulata un’accusa in sede di diritto. Chi pretende potere e notorietà deve sapere che questo è lo scotto da pagare. Perchè questo sia possibile pretendo che la “trasparenza” del comportamento, formalmente pretesa da tutti, sia reale.
Certamente la repressione – esercitabile dalla magistratura - non risolve il problema della corruzione e della infima statura etica di gran parte della complessiva classe dirigente italiana e della società, ma non mi sembra sia disponibile altro,. Questo degrado di una società ormai liquefatta ha radici ben profonde nel marasma globale e è presente in tutto il mondo, sottoposto a regole che le politiche nazionali non sarebbero in grado di modificare o almeno di influenzare, nemmeno se lo volessero. Nel nostro paese, privo di una ossatura etica laica da sempre, al degrado comune si sovrappone quello specifico tutto nostro.
Credo con questo di essere andato fuori tema. L’ho fatto perchè così è certamente chiaro perchè sia contrario alle ignoranti (colpevolmente ignoranti) scemenze, gabbate come coraggiose riforme, della riduzione delle ferie dei magistrati o a più sottili e pericolose, apparentemente democratiche, decisioni politiche, come la rsponsabilità civile dei magistrati.
Umberto  Pradella

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