5 gennaio 2016

Recensione film:FRANCOFONIA-IL LOUVRE SOTTO OCCUPAZIONE di Aleksandr Sokurov




Durante  queste festività natalizie,Tre Righe ha ecceduto  nel pubblicare qualche  recensione in più rispetto al consueto  appuntamento settimanale del sabato.Lo abbiamo fatto nella consapevolezza che un bel film aiuta a sentirsi bene con sè stessi e con gli altri  e soprattutto stimola la riflessione.Per questo ,approfittando del maggior tempo libero a disposizione,abbiamo cercato di suggerirvi ,con il prezioso aiuto di Ghisi, film di qualità appena usciti nelle sale cinematografiche di Roma.Coerentemente con questo spirito,  ci preme sottolineare che su questo giornale non compariranno mai recensioni di film assimilabili al cinepanettone che tanto entusiasmo governativo sta suscitando in questi giorni accompagnato anche da un più che discreto successo di incassi.
Oggi vi proponiamo la recensione dell'ultimo film di Sokurov.
D.F.

                                                Locandina Francofonia - Il Louvre sotto occupazione                                                             


Grande appassionato d’arte, Aleksandr Sokurov gira un film sul Museo del Louvre negli anni ’40, un po’ come in qualche modo, aveva voluto fare nel 2002 con “Arca russa” sull’Hermitage di San Pietroburgo.
In “Francofonia – Il Louvre sotto occupazione” ci sono tre o quattro storie parallele (ed epoche diverse) che s’intrecciano.
C’è l’io narrante – doppiato dal bravo Umberto Orsini –un regista chiuso in uno studio con un computer e collegato tramite skype a un mercantile che trasporta containers d’arte attraverso l’Oceano durante una tempesta.
Ci sono spezzoni di film di repertorio sugli anni ‘40 ai tempi dell’occupazione nazista a Parigi, della fuga dei francesi verso le campagne e della Repubblica di Vichy con il maresciallo collaborazionista Henry Philippe Petain.
C’è anche il film girato dal regista, una sorta di remake della storia, con ammiccamenti alla nouvelle vague francese.
C’è un livello onirico nel quale girano gli ossessivi fantasmi notturni di Napoleone e di Marianne, simbolo della Rivoluzione francese, fuoriusciti da quadri del Louvre.
C’è inoltre la testimonianza del passato più remoto rappresentato dalle opere artistiche come ad esempio le sculture e bassorilievi Assiri.
Quante cose, forse troppe: il film finisce per essere un racconto farraginoso di difficile lettura. Personalmente, sarei stata più interessata a un bel documentario sul Louvre dall’inizio alla fine.
La nota più dolente del film, a mio avviso, è l’interpretazione politica che Sokurov fa dei personaggi storici che si chiarisce maggiormente nel finale. Già il maresciallo Petain è stato presentato in maniera giustificatoria come un anziano brav’uomo di origini umili che credeva di fare il bene della popolazione stringendo i rapporti con Hitler, ma la ciliegina sulla torta ci sarà con una proiezione in avanti sul futuro dei due protagonisti. In modo quasi irritante, il curatore del Museo Jacques Jaujard è rappresentato come un grigio burocrate mentre il comandante nazista, il conte Franziskus Wolff-Metternich, fa una figura trionfale: colto, francofono, esperto d’arte si contrappone alle direttive del comando tedesco per salvaguardare le opere d’arte dei francesi e lasciarli al Museo.
Alla faccia della “banalità del male”, c’erano perfino i nazisti buoni e coraggiosi!

 Ghisi Grütter

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