L'eco degli attentati in Francia ha acceso il dibattito sul futuro del paese e sulla
sicurezza europea. Le minacce del terrorismo spostano il dibattito sull'opportunità
di modificare la gestione dello spazio Schengen. Bisogna ripristinare
il controllo alle frontiere interne all'Unione?Se da un lato infatti
ogni Paese membro dell'Unione ,Italia compresa,sta predisponendo
dei provvedimenti che salvaguardino la sicurezza interna di tutti (che
però difficilmente non potranno non limitare anche la libertà di tutti ) per
colpire i pochi fanatici che si muovono nelle pieghe del sistema
democratico del nostro Paese,dall'altro l'Europa nel suo complesso sta
studiando delle misure che limitino il flusso di visitatori indesiderati e
pericolosi.
Vediamo insieme all'esperto di Affari Internazionali quali sono questi strumenti
dalla newsletter di Affari Internazionali
Europa
Schengen e la difesa dalle minacce del terrorismo
Giuseppe Licastro
18/01/2015 |
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Le preoccupazioni scaturite dagli attentati di Parigi
hanno suscitato diverse reazioni riguardo alle
misure da adottare per difendersi dalle minacce
di possibili azioni terroristiche.
Il “dibattito” (ancora una volta) si sta concentrando
prevalentemente sull’opportunità di modificare l’attuale regime
concernente la gestione e il controllo dello spazio Schengen nonché
di attivare il “meccanismo” che consente di ripristinare (secondo
alcuni stati opportunamente) il controllo di frontiera alla frontiera
interna.
Controllare le frontiere interne La possibilità di ripristinare immediatamente detto “meccanismo”
appare una misura concretamente praticabile: occorre
opportunamente evidenziare che recentemente il Regolamento
(Ue) n. 1051/2013 ha apportato modifiche rectius perfezionando
ulteriormente le condizioni e le procedure per ripristinare
i controlli alle frontiere interne in circostanze ritenute eccezionali
(v., particolarmente, l’art. 25 del citato regolamento).
Queste procedure erano già state regolate (sempre all’art. 25)
dal Regolamento (CE) n. 562/2006 istitutivo del codice frontiere
Schengen, ossia un testo teso appunto “a stabilire un effettivo
‘Codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle
frontiere da parte delle persone’”.
Il testo del suddetto Regolamento consta di due parti: una
dedicata al controllo delle frontiere esterne (v. titolo II) e
l’altra sulle frontiere interne (v. titolo III) (cfr. la corposa
proposta doc. COM(2004) 391 definitivo, del 26 maggio 2004, p. 4 ss.).
Questo codice infatti aveva (anche) abrogato - ossia s
ostituito con le pertinenti disposizioni ivi contemplate - la
procedura (all’epoca) stabilita ai sensi dell’art. 2, par. 2
della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen
dal documento SCH/I (95) 40, 6° rev. approvato dalla
decisione SCH/Com-ex (95) 20, 2° rev. (cfr. Guce n. L 239
del 22 settembre 2000, rispettivamente, p. 134 e p. 133)
del Comitato esecutivo del 20 dicembre 1995.
Ripristinare i controlli lungo le frontiere interne potrebbe
però vanificare il significato stesso di un principio
espressione di un certo senso di affidamento, il principio
di solidarietà, che incide nell’ambito della corretta
gestione integrata delle frontiere.
Il catalogo Schengen (Ue), concernente anche i controlli
alle frontiere esterne, che contiene raccomandazioni e
migliori pratiche (del 19 marzo 2009) “rammenta” proprio
nell’incipit della prima parte dedicata ai controlli alle
frontiere esterne, segnatamente nel contesto della disamina del
concetto di Gestione integrata delle frontiere (Gif),
concetto fondamentale nel processo di integrazione europea
in questo delicato e complesso settore, che “nell’attuazione
della gestione delle frontiere, occorrerebbe tener presente
che gli Stati membri effettuano controlli alle loro
frontiere esterne per se stessi, ma anche, allo
stesso tempo, per gli altri Stati membri Schengen” (cfr. p. 8).
Collaborare contro la criminalità transfrontaliera Occorrerebbe, invece, privilegiare in questo momento
di particolare allarme l’attività di “individuazione
e investigazione della criminalità transfrontaliera”
(intesa in senso piuttosto ampio) nonché di
“cooperazione tra servizi preposti alla gestione delle frontiere”.
Più in particolare, occorrerebbe quindi avviare,
nell’ambito delle suddette attività che rientrano
appunto nel quadro di determinati “elementi”
considerati “elementi chiave della corretta applicazione
della gestione integrata delle frontiere” sempre dal succitato
catalogo Schengen (Ue) (ivi, p. 8 ss.), l’istituzione
di peculiari forme di cooperazione mirate, al fine
di garantire proprio la “sicurezza interna degli Stati membri”,
mediante lo scambio di informazioni (“opportunità”
espressamente esplicitata all’art. 16, par. 1 del codice
Questo potrebbe costituire non solo una valida fase
iniziale di “orientamento” della cooperazione tra
gli Stati membri, ma anche lanciare un chiaro segnale di coesione.
Giuseppe Licastro è Dottore in giurisprudenza
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