Per il particolare lavoro svolto in tanti anni,Cassini ha accumulato un'esperienza e una sensibilità non comune che sono alla base di questa sua riflessione (probabilmente pubblicata anche sul Fatto Quotidiano di ieri) ai margini della recente strage di Parigi.
L'autore è socio di ProgettoRoma.
SFOGLIANDO LA COLLEZIONE DI CHARLIE HEBDO
Sfoglio commosso la mia collezione di Charlie Hebdo degli
anni Settanta – già ricca delle firme di Wolinski, Reiser, Cavanna – e mi
accorgo con sorpresa che sotto la patina d’irridente empietà scorre una linfa
di umana pietà. Sì, pietà nei riguardi di quella folla di bougnoul
appena sbarcati in Francia dal Maghreb, e anche dei tanti rital da poco immigrati
dall’Italia. La bacchetta magica di Charlie Hebdo trasformava quegli epiteti
spregiativi in segnali di empatia.
A quel punto la mia sorpresa lascia spazio a un’amara
riflessione. I vignettisti di Charlie Hebdo non sono forse i primi ad aver
capito e a modo loro denunciato l’alienazione che avrebbe poi spinto qualche bougnoul
a prendere le armi? Un destino cinico e baro ha voluto che fossero proprio i
“terapeuti” a cadere sotto i colpi dei fratelli Kouachi.

Infine, la stessa angosciosa domanda si ripete come un
incubo visitando i campi palestinesi in Libano, le tendopoli di rifugiati
siriani in Turchia e in Giordania, i territori occupati da Israele in
Palestina, le citta irachene devastate dalle bombe, i ghetti in cui i monarchi
del Golfo confinano i manovali pachistani. Possibile?
14 gennaio 2015
Giuseppe (Ino) Cassini
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