Sembra incredibile come le istituzioni non si rendano conto di quale ricchezza siano portatori i comitati e le associazioni dei cittadini perseverando nel fatto di ignorarli,non comprendendo di fatto che potrebbero essere un valido aiuto e sostegno nel governo del territorio.Sintomatico quanto accaduto nel II Municipio e di cui riportiamo ,fedele,la cronaca.
Sapranno fare tesoro degli errori della precedente amministrazione coloro i quali si accingono a raccoglierne il testimone?Ne siamo dubbiosi ,ma la speranza è l'ultima a morire.
D.F.
GLI ANTEFATTI
Il Comitato Panama Verbano aveva consegnato nella Primavera del 2014 al Municipio II una relazione dettagliata sullo stato
delle concessioni all'interno di Villa Ada. Fra le varie problematiche
segnalate c'era anche quella del bar Panamino per presunti abusi
edilizi (Parco Rabin - area vincolata - su via Panama). Ora il Consiglio di Stato si è pronunciato
definitivamente pochi giorni fa contro il ricorso presentato dai
titolari della concessione (trovate la sentenza a se guire) disponendo
la demolizione d’ufficio delle opere abusive, ed in particolare del "manufatto
di circa mq 90 realizzato in sostituzione del vecchio gazebo,
dei container metallici adibiti a servizi igienici nonché delle opere
funzionali all’allargamento della piazzola a servizio del chiosco".
Nel 2015 il mini mini Presidente Gerace aveva ottenuto - unico
Municipio di Roma - ben 300.000 per la demolizione delle opere abusive
che sarebbero stati utilizzati secondo un elenco di priorità che doveva
essere redatto dall'Ufficio Tecnico.
Ebbene, questi fondi non sono più disponibili.
Si è appreso che i 300.000 Euro per gli abbattimenti
sono "sfumati" perchè non sono stati "spesi" entro il 2015. Il
Municipio ne ha chiesti altrettanti in un fondo vincolato per il 2016 ma
la Ragioneria NON ha ancora risposto...
A seguire il testo della lettera con cui si ricorda la
grave situazione che persiste a Villa Massimo - ancora chiusa al
pubblico -, il caso del Panamino, nonchè quello dell'Axel a Piazza
Mancini inviata agli organi istituzionali di Roma Capitale e
del Municipio II di ripristinare nel bilancio 2016 tale cifra e di
fornire ai cittadini spiegazioni sulle ragioni dell'inutilizzo dei
fondi.
LA LETTERA INVIATA ALLE ISTITUZIONI
Al Commissario Straordinario di Roma Capitale
Francesco Paolo Tronca
Al Sub Commissario Referente per il Municipio 2
Livio Panini d’Alba
Al Presidente del Municipio 2
Giuseppe Gerace
All’Assessore all’Ambiente, Parchi e Ville del Municipio 2
Emanuele Gisci
All’Assessore alle Attività Produttive del Municipio 2
Emilia La Nave
All’Assessore ai LLPP
Assunta Santoriello
Al Presidente della Commissione Bilancio Municipio 2
Mattia Ciampicacigli
Al Presidente della Commissione Controllo, Garanzia e Trasparenza
Andrea Liburdi
Oggetto: Fondo di 300.000 Euro per demolizione opere abusive nel
Municipio 2
Egregi Commissari, Presidente, Assessori, Consiglieri,
risale a pochi giorni fa il pronunciamento del Consiglio di Stato sul
ricorso presentato da Eolie s.r.l. e Panamino s.r.l concernente la demolizione di
opere abusivamente realizzate e il risarcimento dei danni relativi al punto
ristoro presente a via Panama, nell’area vincolata di Parco Rabin (Villa Ada).
Finalmente concluso il percorso giudiziario si può, pertanto, procedere
all’abbattimento delle opere abusive.
E’ invece trascorso già un intero anno dalla richiesta – ricordiamo
sottoscritta da ben 22 Comitati e Associazioni del Municipio 2 – con cui si
chiedeva di procedere tempestivamente al ripristino della legalità per la
pineta di Villa Massimo (…) liberando il giardino pubblico dai manufatti
realizzati senza concessione edilizia con immediato ripristino dei luoghi e di
provvedere con urgenza alla riqualificazione, riapertura e riconsegna dell’intero
giardino pubblico alla cittadinanza chiuso da ben quattro anni ormai!
Il 28 aprile 2015 venivano posti i sigilli dai VVUU del Municipio 2 alla
pista di pattinaggio Axel di piazza Mancini (Flaminio) al centro di una lunga
controversia per presunti abusi edilizi.
E saranno certamente molti altri gli abusi edilizi da perseguire e le
demolizioni da programmare nel Municipio 2.
Dopo l’annuncio in primavera (e la conferma in autunno anche sugli
organi di stampa) della disponibilità nel bilancio 2015 del Municipio 2 (unico
fra tutti!) della somma di 300.000= Euro per la demolizione di opere abusive,
veniamo oggi a sapere - con grande
rammarico e incredulità - dagli Uffici Tecnici del Municipio 2 che tale cifra è
da considerarsi “persa” perché non utilizzata entro l’anno di riferimento. Ci è
stato assicurato che la procedura di gara per l’individuazione dell’impresa cui
affidare l’attività di demolizione è
stata espletata e che si sarebbe conclusa negli ultimi giorni di dicembre 2015
anche se non ci è stato possibile trovare pubblicato sul sito del Municipio 2,
nella sezione Bandi e Gare, alcun documento che lo attesti. Ci è stato anche spiegato
che gli Uffici Amministrativi del Municipio hanno stilato un elenco di opere
abusive da abbattere stilato secondo un ordine di priorità ben preciso in
attesa di disporre dei fondi per assegnare l’appalto.
Chiediamo con fermezza e determinazione che i fondi destinati alla
demolizione delle opere abusive siano nuovamente resi disponibili nel bilancio
2016 del Municipio 2 per far sì che l’ordine di demolizione delle opere abusive
sia immediatamente reso esecutivo.
L’auspicio è che la priorità degli interventi sia individuata per quegli abusi che hanno
determinato, più di altri, disagi e conseguenze alla collettività limitando
l’interesse pubblico.
Profondamente delusi e amareggiati da questa vicenda e anche del fatto
che nessun eletto del Municipio 2 abbia
ancora ritenuto opportuno informare la cittadinanza sulle motivazioni dell’avvenuta perdita di 300.00= Euro dal bilancio
municipale del 2015, distintamente salutiamo.
Seguono adesioni
LE RISPOSTE DEL II MUNICIPIO
Il 20 febbraio un incontro dopo
che ventidue comitati hanno scritto il 17 febbraio al presidente del municipio
II Giuseppe Gerace e alla sua giunta chiedendo «di procedere tempestivamente al
ripristino della legalità per la pineta di villa Massimo, un bene comunale di
alto pregio paesaggistico, vincolato fin dal 1927; di liberare il giardino
pubblico dai manufatti realizzati senza concessione edilizia con immediato
ripristino dei luoghi e di provvedere con urgenza alla riqualificazione,
riapertura e riconsegna dell’intero giardino pubblico alla cittadinanza». Dalla
loro parte hanno gli atti del Consiglio di Stato e della Soprintendenza
paesaggistica. «Basta è ora che il municipio agisca e faccia gli atti dovuti -
afferma Maurizio Centili, del Comitato Villa Massimo -. Secondo l’ Art 21 della
regionale numero 75 del 2008 una volta accertato l’abuso edilizio il municipio
deve fare un atto in cui intima a chi ha fatto l’abuso di abbatterlo e di
ripristinare lo “stato dei luoghi”: la sentenza del Consiglio di Stato è di
molti mesi fa sui manufatti abusivi. Il municipio doveva intimare questi atti
già da tempo: adesso sono curioso di vedere quanto sarà tempestivo».
La replica del Municipio
Con l’assessore municipale
all’Ambiente Emanuele Gisci si è svolto l’ incontro del 20 febbraio: «Ha detto
che hanno mandato tutti gli atti all’assessore alla trasparenza», afferma
combattivo Maurizio Centili. Ma Emanuele Gisci è tranquillo del fatto suo: «Ho
spiegato loro - annuncia - che la concessione-convenzione dell’attuale gestore
sull’area verde e sul punto ristoro è stata revocata dal Campidoglio, e il
municipio ha fatto tutti gli atti al momento previsti. Ha sospeso la
realizzazione di qualsiasi altra opera all’interno di quel parco, e adesso
entro i 30 giorni previsti verranno emessi dagli uffici municipali gli altri
atti necessari perché si demoliscano tutte le opere abusive e vi sia il
ripristino dello stato dei luoghi a spese del proprietario». I 30 giorni
previsti - precisa inoltre Emanuele Gisci - scadono ai primi di marzo e
riguardano soprattutto il punto ristoro e punto verde infanzia, mentre «le
competenze per il ripristino l’area giochi e la villa sono a carico
dell’Ufficio Giardini del Campidoglio».
16 ottobre 2015
Gerace: Relazione di due anni al
Governo –Ottenuti 300.000,00 € per la demolizione di opere abusive.
SENTENZA TAR "PANAMINO"
N. 00498/2016REG.PROV.COLL.
N. 01736/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 1736 del 2015, proposto da:
Eolie s.r.l. e Panamino s.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti
legali, rappresentate e difese in giudizio dall'avvocato Federico Tedeschini,
con domicilio eletto presso il medesimo difensore in Roma, largo Messico,
7;
contro
Roma Capitale, in persona del
legale rappresentante, rappresentata e difesa per legge dall' avvocato Rodolfo
Murra, e domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove 21;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R.
LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUATER n. 1599/2015, resa tra le parti, concernente
demolizione opere abusivamente realizzate e risarcimento dei danni
Visti il ricorso in appello ed i
relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica
del giorno 19 gennaio 2016, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg
e uditi per le parti gli avvocati Tedeschini e Murra;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La società Eolie s.r.l. e la
società Panamino s.r.l. impugnano la sentenza del Tribunale amministrativo
regionale del Lazio 29 gennaio 2015 n. 1599 che ha respinto il ricorso
(integrato da motivi aggiunti) dalle stesse proposto avverso la determina dirigenziale
del Comune di Roma (oggi Roma Capitale) 8 novembre 2012 n. 2195, recante
l’ingiunzione a demolire tutte le opere abusivamente realizzate sul terreno di
proprietà di Roma Capitale sito in Roma via Panama s.n.c. altezza largo
Blangladesh, all’interno del parco Rabin in Villa Ada, nonché avverso gli atti
presupposti specificamente indicati nell’epigrafe dell’atto di appello; con
motivi aggiunti di primo grado è stata impugnata la determina dirigenziale 26
marzo 2014 n. 731 con la quale l’amministrazione capitolina, constatato
l’inadempimento del pregresso ordine di riduzione in pristino, ha disposto la
demolizione d’ufficio delle opere abusive, ed in particolare del manufatto di
circa mq 90 realizzato in sostituzione del vecchio gazebo, dei container metallici
adibiti a servizi igienici nonché delle opere funzionali all’allargamento della
piazzola a servizio del chiosco.
Le società appellanti lamentano
l’erroneità della gravata sentenza, che ha ritenuto la legittimità dei
provvedimenti impugnati sulla base del solo rilievo della carenza di un titolo
edilizio per la realizzazione delle opere edilizie, senza considerare la
speciale posizione delle odierne appellanti, concessionarie di manufatti di
proprietà comunale ed incaricate della gestione del chiosco-bar e della
manutenzione del limitrofo parco per conto dell’ente comunale.
Le appellanti concludono per
l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione
consequenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio e con il
risarcimento dei danni corrispondenti al valore del bene da demolire nonché per
il mancato godimento del bene stesso.
Si è costituita in giudizio Roma
Capitale per resistere all’appello e per chiederne la reiezione con ogni
statuizione anche in ordine alle spese di lite.
Con ordinanza cautelare 15 aprile
2015 n. 1583 è stata disposta la sospensione della esecutività della impugnata
sentenza in attesa della definizione merito del giudizio.
All’udienza pubblica del 19
gennaio 2016 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è infondato e va
respinto.
3.- La questione da dirimere, di
agevole soluzione, può compendiarsi nel tema se il concessionario di suolo o di
opera pubblica debba previamente munirsi di titolo edilizio per eseguire opere
edilizie su manufatti in titolarità dell’ente pubblico concedente.
La risposta al quesito non può
che essere affermativa.
Invero, nell’ordinamento non
esiste alcuna disposizione normativa che esoneri un soggetto privato che
intenda, su un suolo ottenuto in concessione, eseguire opere edilizie
dall’acquisizione del titolo edilizio, secondo quanto a tal uopo prevede il
Testo unico in materia edilizia di cui al d.P.R. n. 380 del 2001: occorre
infatti prescindere dalla titolarità (pubblica o privata) delle aree ovvero dei
manufatti sulle quali dette opere debbano in concreto incidere, giacché i
rispettivi titoli rispondono a norme, esigenze e interessi pubblici diversi, a
tacere di ogni altra differenza procedimentale e strutturale.
Alla luce di tale dirimente
considerazione non appaiono condivisibili i tentativi delle società appellanti
di supplire alla deficienza del titolo introducendo argomenti afferenti la
intervenuta approvazione delle opere da parte del’autorità comunale.
4.- Nemmeno rileva che l’opus
novum (i.e., nel caso in esame, il manufatto eseguito in sostituzione
del vecchio gazebo in legno) sviluppi una cubatura inferiore ovvero una minore
superficie di quello preesistente, come prospettato dalle società appellanti.
Ogni trasformazione edilizia del territorio necessita di essere previamente
assentita dall’amministrazione comunale, anche quando – come appunto nel caso
di specie - sia quest’ultima proprietaria del suolo ovvero della costruzione
oggetto di ristrutturazione ma l’iniziativa dell’intervento faccia capo- come
nel caso in esame – al gestore del chiosco-bar cui è destinato l’immobile
oggetto di intervento.
Altro è il caso delle opere
realizzate a iniziativa della stessa amministrazione comunale proprietaria, in
cui l’approvazione dell’opera con delibera di Consiglio comunale (ovvero della
Giunta, nei casi previsti dalla legge) assorbe ex se - ai
sensi dell’art. 7 d.P.R. n. 380 del 2001 - l’ordinario procedimento abilitativo
delle opere edilizie.
5.- Peraltro, oltre al dirimente
profilo di cui si è detto, vale osservare che il richiamo alle precedenti
delibere comunali approvative delle opere poi oggetto di concessione in favore
di esse deducenti non giova alle ragioni delle società appellanti. Infatti
l’ordine di demolizione oggetto del ricorso di primo grado non riguarda dette
opere nella loro originaria consistenza, ma i successivi interventi edilizi
posti essere a iniziativa esclusiva delle società che gestiscono il chiosco-bar
e che a ragione sono stati sanzionati con l’ordine di riduzione in pristino, in
quanto non sorretti da idoneo titolo.
Al proposito giova rilevare che
il progetto definitivo relativo alla sistemazione a verde dell’area in oggetto
e l’approvazione della concessione-convenzione per l’installazione di un
chiosco-bar è stato approvato con delibera di Giunta comunale n. 432 del 23
luglio 2002, mentre l’accertamento delle infrazioni edilizie ha fatto seguito
al sopralluogo della Polizia municipale del 27 febbraio 2008: la cesura
temporale è anch’essa sintomatica del fatto che le opere ritenute abusive
dall’amministrazione capitolina nei provvedimenti sanzionatori in primo grado
impugnati siano diverse da quelle oggetto dell’originaria approvazione di
Giunta.
6.- Quanto alle determinazioni
dirigenziali del Dipartimento politiche ambientali e risorse agricole di Roma
Capitale dell’ 11 aprile 2008 e del 22 giugno 2009, il Collegio osserva che
neppure ad esse può riconnettersi, come pretenderebbero le appellanti, valenza
surrogatoria del titolo edilizio.
Con la prima di tali determinazioni,
infatti, il dirigente si limita ad approvare “le opere di migliorie” del
chiosco, riconoscendone la pubblica utilità, ai soli fini della ammissione
della Eolie s.r.l. al finanziamento agevolato presso l’istituto di credito
convenzionato con il Comune di Roma (Banca di Credito Cooperativo di Roma). Con
la seconda determinazione, il dirigente prende atto della prospettata esigenza
di Eolie s.r.l. di associarsi con la società Panamino per la gestione del
chiosco-bar e dei servizi annessi.
7.- Da ultimo, è il caso di
aggiungere che, in mancanza di espressa previsione normativa, non può assumere
valenza sostitutiva del titolo edilizio il fatto che le società appellanti
siano rimaste affidatarie dei servizi di pulizia e manutenzione del Parco
Rabin, nell’intorno del chiosco-bar oggetto dell’ordine di ripristino.
L’affidamento dei detti servizi a mezzo di concessione-convenzione è atto
autonomo e separato rispetto a quello che rende legittimi gli interventi
edilizi e non ha efficacia abilitante sotto tale profilo.
8.- In definitiva, alla luce dei
rilievi che precedono, l’appello va respinto e va confermata la impugnata
sentenza.
9.- Le spese del presente grado
di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello (RG
n. 1736/15), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le società appellanti,
in solido tra loro, al pagamento in favore di Roma Capitale, delle spese e
degli onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro
3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza
sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera
di consiglio del giorno 19 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg,
Consigliere, Estensore
Dante D'Alessio, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
|
|
|
|
|
|
L'ESTENSORE
|
|
IL PRESIDENTE
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)