4 febbraio 2016

LA PROTESTA SILENZIOSA DEI PROFESSORI UNIVERSITARI



 


Continua la protesta silenziosa dei professori universitari di cui già Tre Righe si è occupata il mese scorso.La vicenda è balzata nuovamente agli onori della cronaca con un articolo di qualche giorno fà pubblicato dal Corriere della Sera in cui ,tra l'altro, viene riportato,come caso significativo, l'esperienza  del professore Giuseppe Mingione ,sicuramente uno dei più insigni professori di matematica italiani,e dei mezzi messi a sua disposizione per poter fare ricerca.
Ma leggiamo questa breve nota di Gurung, che  riassume i termini della vicenda,prima di leggere l'articolo del Corriere.

Una parte dei Professori Universitari sta esercitando una protesta “silenziosa” nei confronti del Governo Renzi, rivolta in particolare al Ministro dell’Università.
Essendoci stato il blocco degli stipendi per sei anni cioè dal 2010 al 2015 compreso, la legittima richiesta vuole che gli anni siano almeno riconosciuti giuridicamente. Ciò vuol dire una serie di cose ma la più grave è che questi anni di lavoro non vengono riconosciuti ai fini pensionistici né ai fini di avanzamento di carriera.  Interrotto parzialmente il blocco da gennaio 2016 (non di tutte le categorie insieme) si ricomincia come se niente fosse successo e in termini economici ci potrebbe essere circa un aumento di 100 euro invece di 350 che sarebbero spettati.
Altro punto del contendere è che tutte le altre categorie di statali hanno avuto il ripristino dello stipendio da gennaio 2015 esclusi i docenti universitari che lo hanno avuto dal 2016.
La situazione di lavoro dei docenti universitari è in sofferenza per la mancanza di aule e di strutture per la didattica, per i tagli dei fondi di ricerca, per la mancanza di nuovi posti a sostituzione dei docenti andati in pensione e adesso anche per il taglio degli stipendi.
Il rifiuto di comunicare i propri “prodotti” scientifici (libri, articoli, saggi ecc. ecc.) nei rispettivi siti falsa la VQR , cioè la Valutazione Qualità della Ricerca – ormai si comunica solo per acronimi - per la quale vengono dati dei fondi agli Atenei e ai diversi Dipartimenti e penalizza gli stessi docenti che si rifiutano, a loro volta, anche di essere valutatori. Considerata da alcuni baroni una battaglia “impropria”, lo sciopero bianco continua in tutta Italia facendo in modo che molti Atenei stanno slittando la deadline di consegna dei prodotti.

Gurung





La protesta del super matematico
che fa ricerca senza ottenere fondi

Giuseppe Mingione è uno dei 99 matematici più citati del mondo. In 4 anni ha avuto 3 mila euro di finanziamenti contro il 250 mila dei suoi colleghi stranieri. «Per questo ho deciso di boicottare la valutazione della ricerca. Difendo la mia dignità professionale»

di Orsola Riva

  Giuseppe Mingione, 43 anni, ordinario di Analisi Matematica all’università di Parma, Medaglia Stampacchia nel 2006, European Research Council Award nel 2007, Premio Caccioppoli nel 2010, il suo nome figura fra quello dei 99 matematici più citati del mondo
Alzi la mano chi non è d’accordo con il principio sacrosanto che le università italiane debbano essere valutate e che chi è più bravo vada anche premiato economicamente per la qualità del proprio lavoro. «Certo che sono d’accordo. Io sono più che favorevole alla valutazione ma il punto è che a queste condizioni di autentico maltrattamento professionale non ci sto — dice Giuseppe Mingione, docente di Analisi Matematica all’università di Parma —. Ed è per questo che ho deciso di boicottare la Vqr per protesta».
La battaglia contro la Vqr 2011-2014
Con l’acronimo Vqr si indica il processo di valutazione della qualità della ricerca partito nel 2011 e terminato a luglio 2013 con la pubblicazione della classifica delle università migliori sul fronte della produzione scientifica (in testa Padova). Un’operazione di trasparenza utile, almeno sulla carta, sia per studenti e genitori che ai fini dell’assegnazione di una parte del Fondo di finanziamento ordinario su base premiale. Attualmente è in corso la seconda edizione della Vqr, perché il giudizio sulle università deve essere periodicamente aggiornato sulla base dei prodotti più recenti. A ogni docente è stato chiesto di presentare due pubblicazioni effettuate fra il 2011 e il 2014 e di inviarle all’Anvur, l’organismo indipendente che è stato incaricato dal ministero di valutare la ricerca in base a un criterio bibliometrico che incrocia il numero di citazioni su riviste scientifiche internazionali con il prestigio delle stesse. Tutto molto semplice e molto chiaro, apparentemente. E invece no. Da mesi ormai la Vqr è finita nel mirino di diversi critici: a macchia di leopardo un po’ in tutta la penisola si moltiplicano mozioni e appelli al boicottaggio. Il sito Firmiamo.org ha pubblicato una petizione che invita alla disobbedienza civile. I firmatari contestano un sistema che si serve del cavallo di Troia della valutazione per portare avanti una politica di strozzamento delle università: erosione dei fondi e del diritto allo studio, mortificazione della didattica. I ricercatori della Rete29aprile hanno lanciato l’hashtag ironico #VQRstaiserena.
Il blocco degli scatti di anzianità
Poi c’è il fronte che protesta contro il blocco degli scatti stipendiali e contro la mancanza di finanziamenti. «Sono diventato ordinario nel 2006 a 33 anni. Da allora però non ho visto riconosciuta la mia anzianità di servizio che è stata incredibilmente annullata, con conseguente danno economico, una cosa che non mi risulta abbia riscontro in alcun sistema universitario di mia conoscenza — spiega Mingione —. E questo lo ritengo lesivo della mia dignità professionale». E che professionalità! Medaglia Stampacchia nel 2006, European Research Council Award nel 2007, Premio Caccioppoli nel 2010, il suo nome figura fra quello dei 99 matematici più citati del mondo (Highly Cited Researchers 2015).
Attaccanti e portieri della ricerca
«Io non sono un medico o un ingegnere, sono un matematico, dipendo totalmente dai soldi pubblici. Ma il fondo per la ricerca di base è stato praticamente azzerato. Negli ultimi 4 anni per le mie ricerche avrò preso 2/3 mila euro in tutto, mentre i miei collaboratori europei anche più giovani di me nel frattempo viaggiano sui 250 mila euro. Quando si arriva a questi livelli di mortificazione professionale, qualunque protesta va bene». Anche il boicottaggio della Vqr? «Certo. Ripeto: io non sono contro la valutazione, tutt’altro. Ma mi sono scocciato di essere trattato così. Se poi vogliamo essere pignoli, ci sarebbe da dire qualcosa anche sui criteri della Vqr. In questi quattro anni ho prodotto 16 lavori di prima fascia (il massimo per la Vqr). Perché devo limitarmi a presentarne due? È come se durante una partita di calcio un giocatore venisse messo in panchina dopo che ha segnato due gol». In questo modo — spiega Mingione — si finisce per perseguire una linea di mediocrità. L’impressione è che il vero scopo della Vqr non sia premiare le eccellenze ma stanare i presunti fannulloni. «Un concetto più delicato di quello che sembra — aggiunge Mingione —. In università non siamo tutti uguali: c’è chi fa più ricerca e chi si dedica maggiormente alla didattica. Per restare al calcio, sarebbe ingiusto pretendere di misurare un portiere o anche solo un difensore in base ai gol che hanno segnato. Quindi chi fa di più dovrebbe poterlo far pesare. Inoltre la Vqr prende in considerazione un periodo di tempo troppo breve, almeno per alcuni settori. Io scrivo cose che richiedono tempo per essere capite. Le mie ricerche più citate sono di 15 anni fa».
La ricerca maltrattata
Ma il punto vero, per Mingione, è ancora un altro: «È che è illogico pretendere di valutare la ricerca su standard internazionali quando il livello dei fondi è da Terzo Mondo». Solo negli ultimi cinque anni (dal decreto Tremonti del 2009) il Fondo di finanziamento ordinario ha subito una sforbiciata pari a 800 milioni di euro, passando dallo 0,49% del Pil allo 0,42%, contro l’1% di Francia e Germania. La spesa (pubblica e privata) per la ricerca è pari all’1,3% del Pil contro una media europea del 2%. Eppure a parità di soldi spesi i nostri ricercatori pubblicano più articoli dei loro assai più ricchi colleghi e vengono citati di più. «Sì, ma con un po’ di soldi avrei potuto fare ancora di più. Queste le ragioni per le quali ho scelto il boicottaggio».

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