26 marzo 2016

SE QUALCUNO VORRA' LEGGERE E SPIEGARE AD UMBERTO: GB e UE

Se non vi annoiate a leggere, queste sono domande vere, che faccio nella speranza ci sia qualcuno che ha capito e me lo sappia  spiegare:

In qualunque trattativa – è risaputo – entrambi i protagonisti dedicano molte energie al tentativo di  scoprire i punti deboli della contorparte per  servirsene e trarne vantaggio.
La Gran Bretagna ha deciso di sottoporre ai propri cittadini un  referendum con il quale chiede loro  di decidere se il paese debba rimanere nella UE o debba uscirne.
Nella mia testa nascono alcune  questioni:
·        Della prima non sono sicuro (e in questo momento sono assalito da una botta di pigrizia che mi impedisce di andare a vedere): non mi sembra esistano procedure e protocolli che definiscano le modalità di una possibile uscita dalla UE, di qualunque paese vi abbia aderito in precedenza. Cioè, l’unione è permeabile in entrata, ma non in uscita. Quasi tutti i paesi, nelle loro Costituzioni, non contemplano procedure di secessione, che sono dichiarate invece illegittime. Perchè, allora,  almeno formalmente (sappiamo tutti che a meno di dichiarare guerra – a prescindere da ritorsioni di vario genere – nessuno è in grado di impedire la secessione, se fortemente voluta da una stragrande maggioranza) la UE ha accettato il negoziato con la GB, che aveva dichiarato che, se le proprie richieste non fossero state accettate, il paese sarebbe uscito dall’Unione?
·        Ancora, mi sembra che la struttura della UE sia fondata su due tipi di paesi: quelli che hanno adottato la moneta unica e quelli che non l’hanno adottata. I due gruppi sono regolati da norme  generali comuni, mentre il gruppo dei paesi “euro” è sottoposto anche a regole specifiche. La UE ha però accettato da tempo, con emendamenti ad hoc ai documenti fondanti dell’Unione,  che alcuni paesi abbiano un trattamento “speciale”, tale da rendere zoppo, per questi (GB, Danimarca..), l’equilibrio tra doveri e diritti. L’obiettivo delle concessioni era “temporale”: insomma, riconoscendo la grande disparità dei punti di partenza “culturali”, si intendeva consentire un percorso più blando e lungo per una “normale“ integrazione.  
La GB, che gode già di questa asimmetria in modo cospiquo, ha invece  deciso che la sua partecipazione ai doveri debba essere ancor più alleggerita e che le sia concessa grande discrezionalità  nell’ accettare o meno alcune evoluzioni delle regole comunitarie, a seconda del proproio giudizio di convenienza.
Per questo ha minacciato la UE di andarsene se tutto non le sarà concesso e ha indetto il referendum.
Questo non contraddice il presupposto di un processo di integrazione lento sì, ma positivo?

Ammesso di voler essere più realista del re, e di accettare il dato di fatto, si arriva finalmente  alla trattativa tra GB e UE.
La GB mette sul tavolo le proprie richieste e si apre il negoziato, alla fine del quale, tutte le richieste – o la grandissima parte di queste – sono accettate.
Cameron torna in Inghilterra e annuncia che, visto il risultato, chederà agli inglesi di votare per la permanenza nell’unione.
Poichè c’è una sostanziosa fronda di inglesi importanti (ministri, il sindaco di Londra ...) dotati di fortissimo revanchismo, si apre in  Albione una serratissima discussione sui vantaggi e svantaggi della permanenza nella UE.

A parte alcune deboli e non frequenti ammissioni giornalistiche, che denunciano la non convenienza, per l’Europa Unita, dell’uscita della Gran Bretagna, tutto quello che continuo a leggere sulla stampa, (confindustriale, di opinione, di informazione, estera – anche e soprattutto inglese - ), su internet....,racconta della pericolosità per l’Inghilterra di andarsene.
Confindustria inglese; i lloyds, le grandi banche, la borsa, le associazioni imprenditoriali....si affannano a informare i cittadini del disastro economico, finanziario, sociale, per il paese, se, al referendum, vincesse chi vuole lasciare l’Unione.
Non solo i conservatori che stanno con Cameron – cioè le elite economico – finanziarie, ma anche i laburisti e i liberali la pensano allo stesso modo.
Per di più mettono in guardia i votanti: l’uscita comporterebbe la quasi certa  fine della Gran Bretagna, con la definitiva secessione della Scozia e con la probabilissima perdita anche del Galles, per non parlare dell’irlanda del nord.

Se queste analisi sono vere;se questi timori sono fondati e conosciuti ovunque,  ben prima che cominciassero i negoziati; se i danni per l’Unione sono davvero tanto inferiori a quelli della GB, nel caso quest’ultima preferisse il proprio isolamento (la possibilità di diventare “il Partner” quasi “stato” degli USA è sempre meno facile); se – e sono certo che i vertici dell’unione ne sono consapevoli - accettando le richieste della GB, si crea un pericoloso precedente e diventa molto difficile non consentire un “mercato” delle richieste di esonero dai doveri di ogni singolo paese – con la certa disgregazione dell’unione stessa - perchè la UE ha accettato tutte le richieste della GB, conoscendone  le debolezze e i rischi?  

Grazie se qualcuno vorrà leggere e spiegare.
Umberto Pradella

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