Se
non vi annoiate a leggere, queste sono domande vere, che faccio nella
speranza ci sia qualcuno che ha capito e me lo sappia spiegare:
In
qualunque trattativa – è risaputo – entrambi i protagonisti dedicano
molte energie al tentativo di scoprire i punti deboli della contorparte
per servirsene e trarne vantaggio.
La
Gran Bretagna ha deciso di sottoporre ai propri cittadini un
referendum con il quale chiede loro di decidere se il paese debba
rimanere nella UE o debba uscirne.
Nella mia testa nascono alcune questioni:
· Della
prima non sono sicuro (e in questo momento sono assalito da una botta
di pigrizia che mi impedisce di andare a vedere): non mi sembra esistano
procedure e protocolli che definiscano le modalità di una possibile
uscita dalla UE, di qualunque paese vi abbia aderito in precedenza.
Cioè, l’unione è permeabile in entrata, ma non in uscita. Quasi tutti i
paesi, nelle loro Costituzioni, non contemplano procedure di secessione,
che sono dichiarate invece illegittime. Perchè, allora, almeno formalmente
(sappiamo tutti che a meno di dichiarare guerra – a prescindere da
ritorsioni di vario genere – nessuno è in grado di impedire la
secessione, se fortemente voluta da una stragrande maggioranza) la UE
ha accettato il negoziato con la GB, che aveva dichiarato che, se le
proprie richieste non fossero state accettate, il paese sarebbe uscito
dall’Unione?
· Ancora,
mi sembra che la struttura della UE sia fondata su due tipi di paesi:
quelli che hanno adottato la moneta unica e quelli che non l’hanno
adottata. I due gruppi sono regolati da norme generali comuni, mentre
il gruppo dei paesi “euro” è sottoposto anche a regole specifiche. La UE
ha però accettato da tempo, con emendamenti ad hoc ai documenti
fondanti dell’Unione, che alcuni paesi abbiano un trattamento
“speciale”, tale da rendere zoppo, per questi (GB, Danimarca..),
l’equilibrio tra doveri e diritti. L’obiettivo delle concessioni era
“temporale”: insomma, riconoscendo la grande disparità dei punti di
partenza “culturali”, si intendeva consentire un percorso più blando e
lungo per una “normale“ integrazione.
La
GB, che gode già di questa asimmetria in modo cospiquo, ha invece
deciso che la sua partecipazione ai doveri debba essere ancor più
alleggerita e che le sia concessa grande discrezionalità nell’
accettare o meno alcune evoluzioni delle regole comunitarie, a seconda
del proproio giudizio di convenienza.
Per questo ha minacciato la UE di andarsene se tutto non le sarà concesso e ha indetto il referendum.
Questo non contraddice il presupposto di un processo di integrazione lento sì, ma positivo?
Ammesso di voler essere più realista del re, e di accettare il dato di fatto, si arriva finalmente alla trattativa tra GB e UE.
La
GB mette sul tavolo le proprie richieste e si apre il negoziato, alla
fine del quale, tutte le richieste – o la grandissima parte di queste –
sono accettate.
Cameron torna in Inghilterra e annuncia che, visto il risultato, chederà agli inglesi di votare per la permanenza nell’unione.
Poichè
c’è una sostanziosa fronda di inglesi importanti (ministri, il sindaco
di Londra ...) dotati di fortissimo revanchismo, si apre in Albione una
serratissima discussione sui vantaggi e svantaggi della permanenza
nella UE.
A
parte alcune deboli e non frequenti ammissioni giornalistiche, che
denunciano la non convenienza, per l’Europa Unita, dell’uscita della
Gran Bretagna, tutto quello che continuo a leggere sulla stampa,
(confindustriale, di opinione, di informazione, estera – anche e
soprattutto inglese - ), su internet....,racconta della pericolosità per
l’Inghilterra di andarsene.
Confindustria
inglese; i lloyds, le grandi banche, la borsa, le associazioni
imprenditoriali....si affannano a informare i cittadini del disastro
economico, finanziario, sociale, per il paese, se, al referendum,
vincesse chi vuole lasciare l’Unione.
Non
solo i conservatori che stanno con Cameron – cioè le elite economico –
finanziarie, ma anche i laburisti e i liberali la pensano allo stesso
modo.
Per
di più mettono in guardia i votanti: l’uscita comporterebbe la quasi
certa fine della Gran Bretagna, con la definitiva secessione della
Scozia e con la probabilissima perdita anche del Galles, per non parlare
dell’irlanda del nord.
Se
queste analisi sono vere;se questi timori sono fondati e conosciuti
ovunque, ben prima che cominciassero i negoziati; se i danni per
l’Unione sono davvero tanto inferiori a quelli della GB, nel caso
quest’ultima preferisse il proprio isolamento (la possibilità di
diventare “il Partner” quasi “stato” degli USA è sempre meno facile); se
– e sono certo che i vertici dell’unione ne sono consapevoli -
accettando le richieste della GB, si crea un pericoloso precedente e
diventa molto difficile non consentire un “mercato” delle richieste di
esonero dai doveri di ogni singolo paese – con la certa disgregazione
dell’unione stessa - perchè la UE ha accettato tutte le richieste della
GB, conoscendone le debolezze e i rischi?
Grazie se qualcuno vorrà leggere e spiegare.
Umberto Pradella
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