LA
DOPPIA VITA DI SABATO E DOMENICO
Scritta
e diretta da Geppi Di Stasio
Con
la compagnia del Teatro delle Muse: Wanda Pirol, Rino Santoro, Geppi Di Stasio
Con
Antonio Lubrano e Roberta Sanzò
È in
scena al Teatro delle Muse,via Forlì, di Roma (fino al 20 marzo) una divertente commedia di Geppi Di Stasio
dal titolo “La doppia vita di Sabato e
Domenico”. Mi posso considerare ormai una aficionada delle commedie della Compagnia Stabile costituita da Rino
Santoro, Wanda Pirol e Geppi Di Stasio, e devo dire che questa commedia mi ha
divertito molto. Questa pièce teatrale
è forse meno intellettualistica delle altre, giocata più sulle gags e ben equilibrata nelle parti.
I
due soci Festa Domenico e Trippa Sabato si fingono morti approfittando di un
incidente aereo al quale sono scampati casualmente per ricostituirsi una
credibilità e per essere maggiormente stimati e amati. Per un lungo anno sono
stati assenti dalle loro famiglie e dai loro affetti per ricomparire travestiti
nell’anniversario della morte con la complicità del terzo socio, ormai, di
maggioranza. La curiosità che è in tutti noi di vedere come siamo percepiti
dagli altri, cosa pensano realmente le persone a noi più vicine fa si che venga
imbastita questa messa in scena dell’anniversario programmata con “sacerdoti
russi” e un brunch proprio nel
cimitero sulle le loro tombe vicine.
Mimmo
(il sempre bravissimo Rino Santoro), monogamo innamorato della moglie Mimma (Wanda
Pirol nella commedia come nella vita), soffre di gelosia nei confronti della
figliastra che distoglie le attenzioni della moglie; Sabato (Geppi di Stasio)
invece è un donnaiolo e, oltre alla moglie poco attraente e sempre con il mal
di testa, ha due amanti: una fissa che è giovane, carina ma un po’ cretina, l’altra
con cui ha incontri più sporadici che, guarda caso, è proprio Elettra la
figliastra di Mimmo. Con tutta una serie
di equivoci i due “morti” si tradiranno e non otterranno la reazione sperata dei familiari. Mimmo s’immaginava
la felicità della moglie una volta che avesse scoperto che non era morto
realmente invece lei non lo accoglie affatto a braccia aperte perché non solo
ha rancore perché non gli perdona un anno di lutto doloroso, ma anche perché aveva
appena cercato di ricostruirsi una vita…guarda caso con il socio di maggioranza.
Sabato, in una scena sottolineata dall’aria mozartiana di Zerlina a
sottolineare il suo dongiovannismo, si ritrova che, dopo il litigio iniziale, moglie
e amanti si sono coalizzate in una bizzarra solidarietà e gli propongono di
andare a vivere tutti insieme costituendo una sorte di harem/prigione. È
interessante rilevare la visione femminile vincente rispetto all’immaturità e
all’egoismo maschile puniti ben rappresentata nella commedia di Di Stasio.
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