Se vi siete mai chiesti come mai la religione musulmana non compaia tra quelle a cui nel 730 si può donare l'8 per mille, oggi ve ne forniamo la risposta pubblicando un articolo apparso sulla newsletter di Affari Internazionali. Ci auguriamo per i fedeli di Maometto, che rappresentano in Italia la seconda maggiore religione praticata, che presto trovino il bandolo della matassa e possano usufruire di un finanziamento che , come sappiamo, anche se non espressamente indicato dal contribuente , viene destinato lo stesso. Paolo Gonzaga, Azzurra Meringolo 17/05/2016 |
Dalla testa alla punta dello stivale saranno poco più di 700. Soprattutto in garage, cantine, capannoni ed ex negozi. Le moschee italiane costruite in luoghi istituzionalmente adibiti alla preghiera dei musulmani sono infatti pochissime. Eppure, i seguaci di Maometto sono il secondo gruppo religioso per numero di fedeli, 1,6 milioni, attivo nel nostro Paese.
Il numero di fedeli non serve a nulla neanche quando si tratta della possibilità di raccogliere l’8 per mille. Visto che l’Islam italiano non ha siglato alcun accordo con lo Stato, le autorità religiose musulmane non possono beneficiare dell’eventuale quota versata dai cittadini per le confessioni religiose. Ma anche qualora ci riuscissero, non sarebbe chiaro nelle tasche di chi andrebbero questi soldi.
Il tentativo marocchino
Infatti, sono almeno tre le organizzazioni che rivendicano questo diritto. Due ci hanno già provato invano: Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche italiane) e Coreis (Comunità religiosa islamica). E dopo il loro fallimento, è ora la Confederazione islamica italiana a cercare di tagliare il traguardo. Espressione della comunità marocchina benedetta dal re Muhammad - sovrano che si appresta ad accogliere Matteo Renzi a luglio -, il 12 maggio la Confederazione ha lanciato la sua Opa, formalizzando la richiesta per ottenere l’intesa con lo Stato.
La Confederazione si è presentata ufficialmente a Roma con un’ambiziosa conferenza contrassegnata da interventi e messaggi istituzionali del ministro dell'Interno Angelino Alfano, del presidente del Senato Pietro Grasso, del ministro degli Affari religiosi del Marocco Ahmad Taoufik, della comunità di Sant’Egidio e della Conferenza episcopale italiane.
Il portavoce Abdallah Cozzolino ha rivendicato apertamente la richiesta di un’intesa con lo Stato italiano. Secondo i vertici della Confederazione, sono già 306 le moschee iscritte e 50 sono in via di iscrizione. Numeri che segnano una tendenza in espansione, spesso ai danni dell’Ucoii. L’intesa dovrebbe portare anche alla designazione di imam ufficiali - forse anche donne -, secondo le regole di trasparenza che valgono per tutti i culti.
Ucoii, Coreis, Confederazione islamica e molto altro
Anche se Ucoii (che nel 2007 si rifiutò di firmare la carta dei valori promossa dall’allora ministro dell’Interno Giuliano Amato), Coreis e Confederazione sono le associazioni più in vista nel Paese, queste non comprendono comunque la maggioranza delle moschee, visto che la gran parte dei luoghi di culto musulmani sono autogestiti da comunità nazionali e realtà etniche, in primis turche e bengalesi.
Molti musulmani non si ritrovano infatti in queste organizzazioni, che invece di parlare con una sola voce si beccano continuamente. Tra Ucoii e Coreis non è tutto rose e fiori. Anzi. La prima è accusata dalla controparte di essere troppo vicina alla Fratellanza Musulmana. E la seconda viene a sua volta bollata come l’organizzazione “settaria” di alcuni italiani convertiti sufi e pertanto lontana e sorda alle istanze dell’Islam plurale presente in Italia, oltre ad essere di dimensioni molto piccole.
È tra queste due realtà che si inserisce la Confederazione islamica italiana che, attraverso il controllo del Centro islamico culturale d’Italia, gestisce di fatto la Grande Moschea di Roma. Luogo di culto e di rappresentanza che è al contempo l’ennesimo campo di battaglia tra le diverse anime dell’Islam italiano. Anche se ad esprimere il presidente sono i sauditi, i marocchini hanno il diritto di nominarne il segretario.
Moschee italiane con fondi del Golfo
Incapace di districarsi in questo puzzle e non decidendo a chi spetta il diritto di riscuotere l’8 per mille, il nostro governo si difende puntando il dito contro la frammentazione della comunità musulmana. Ma a sentire alcuni leader delle tre organizzazioni, di fronte a questa situazione l’unico accordo possibile è quello che porta a delle intese separate o ad una legge sulla libertà religiosa.
Esponenti di punta dell’Ucoii, come Hamza Piccardo, affermano “di rispettare molto i fratelli marocchini, ma l’intesa non può passare per la mediazione di uno Stato straniero: vogliamo costruire un Islam europeo”.
Per una soluzione che porta a un’intesa nel breve periodo parteggiano anche quanti temono che in Italia crescano delle pericolose sacche di radicalismo, sperando che tramite la mediazione di queste organizzazioni si diffonda nel nostro Paese un Islam moderato.
La speranza è anche quella che un accordo con lo Stato riesca a limitare le generose donazioni provenienti dal Golfo, attraverso le quali vengono finanziate molte delle nuove moschee. Sono infatti ancora vive le ultime polemiche sui fondi ricevuti da alcune moschee italiane affiliate all’Ucoii dalla Qatar Charity Association. Fondi dietro ai quali, temono in molti, si possano celare attività compiacenti con frange radicali.
Paolo Gonzaga è traduttore, giornalista free-lance, analista politico.
Azzurra Meringolo è ricercatrice presso lo IAI e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.
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Il tentativo marocchino
Infatti, sono almeno tre le organizzazioni che rivendicano questo diritto. Due ci hanno già provato invano: Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche italiane) e Coreis (Comunità religiosa islamica). E dopo il loro fallimento, è ora la Confederazione islamica italiana a cercare di tagliare il traguardo. Espressione della comunità marocchina benedetta dal re Muhammad - sovrano che si appresta ad accogliere Matteo Renzi a luglio -, il 12 maggio la Confederazione ha lanciato la sua Opa, formalizzando la richiesta per ottenere l’intesa con lo Stato.
La Confederazione si è presentata ufficialmente a Roma con un’ambiziosa conferenza contrassegnata da interventi e messaggi istituzionali del ministro dell'Interno Angelino Alfano, del presidente del Senato Pietro Grasso, del ministro degli Affari religiosi del Marocco Ahmad Taoufik, della comunità di Sant’Egidio e della Conferenza episcopale italiane.
Il portavoce Abdallah Cozzolino ha rivendicato apertamente la richiesta di un’intesa con lo Stato italiano. Secondo i vertici della Confederazione, sono già 306 le moschee iscritte e 50 sono in via di iscrizione. Numeri che segnano una tendenza in espansione, spesso ai danni dell’Ucoii. L’intesa dovrebbe portare anche alla designazione di imam ufficiali - forse anche donne -, secondo le regole di trasparenza che valgono per tutti i culti.
Ucoii, Coreis, Confederazione islamica e molto altro
Anche se Ucoii (che nel 2007 si rifiutò di firmare la carta dei valori promossa dall’allora ministro dell’Interno Giuliano Amato), Coreis e Confederazione sono le associazioni più in vista nel Paese, queste non comprendono comunque la maggioranza delle moschee, visto che la gran parte dei luoghi di culto musulmani sono autogestiti da comunità nazionali e realtà etniche, in primis turche e bengalesi.
Molti musulmani non si ritrovano infatti in queste organizzazioni, che invece di parlare con una sola voce si beccano continuamente. Tra Ucoii e Coreis non è tutto rose e fiori. Anzi. La prima è accusata dalla controparte di essere troppo vicina alla Fratellanza Musulmana. E la seconda viene a sua volta bollata come l’organizzazione “settaria” di alcuni italiani convertiti sufi e pertanto lontana e sorda alle istanze dell’Islam plurale presente in Italia, oltre ad essere di dimensioni molto piccole.
È tra queste due realtà che si inserisce la Confederazione islamica italiana che, attraverso il controllo del Centro islamico culturale d’Italia, gestisce di fatto la Grande Moschea di Roma. Luogo di culto e di rappresentanza che è al contempo l’ennesimo campo di battaglia tra le diverse anime dell’Islam italiano. Anche se ad esprimere il presidente sono i sauditi, i marocchini hanno il diritto di nominarne il segretario.
Moschee italiane con fondi del Golfo
Incapace di districarsi in questo puzzle e non decidendo a chi spetta il diritto di riscuotere l’8 per mille, il nostro governo si difende puntando il dito contro la frammentazione della comunità musulmana. Ma a sentire alcuni leader delle tre organizzazioni, di fronte a questa situazione l’unico accordo possibile è quello che porta a delle intese separate o ad una legge sulla libertà religiosa.
Esponenti di punta dell’Ucoii, come Hamza Piccardo, affermano “di rispettare molto i fratelli marocchini, ma l’intesa non può passare per la mediazione di uno Stato straniero: vogliamo costruire un Islam europeo”.
Per una soluzione che porta a un’intesa nel breve periodo parteggiano anche quanti temono che in Italia crescano delle pericolose sacche di radicalismo, sperando che tramite la mediazione di queste organizzazioni si diffonda nel nostro Paese un Islam moderato.
La speranza è anche quella che un accordo con lo Stato riesca a limitare le generose donazioni provenienti dal Golfo, attraverso le quali vengono finanziate molte delle nuove moschee. Sono infatti ancora vive le ultime polemiche sui fondi ricevuti da alcune moschee italiane affiliate all’Ucoii dalla Qatar Charity Association. Fondi dietro ai quali, temono in molti, si possano celare attività compiacenti con frange radicali.
Paolo Gonzaga è traduttore, giornalista free-lance, analista politico.
Azzurra Meringolo è ricercatrice presso lo IAI e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.
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