Khan, un musulmano per scongiurare
la Brexit
Gabriele Rosana 07/05/2016 |
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L’ultimo appuntamento elettorale su
scala pressoché nazionale, quasi una prova generale prima del referendum sulla
permanenza del Regno Unito nell’Unione europea (Ue), ha consegnato a Londra il
suo primo sindaco musulmano.
Figlio di un ex autista pachistano, il 45enne Sadiq Khan, avvocato specializzato in diritti umani e già sottosegretario con Gordon Brown e ministro ombra della Giustizia, ha sconfitto con più di dieci punti percentuali il candidato del partito conservatore Zac Goldsmith, rampollo di una famiglia di miliardari ebrei dall’identikit piuttosto simile a quello del sindaco uscente.
Vita privata turbolenta, attenzione ai temi ecologisti, studi a Eton e favore per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, Goldsmith sarebbe stato il perfetto successore del vulcanico Boris Johnson che dopo due mandati a Londra ha optato per un seggio ai Comuni, da cui costruire l’alternativa interna alla premiership del collega di partito David Cameron.
Khan è un musulmano praticante, il primo eletto al vertice di una capitale europea, in una città cosmopolita in cui i fedeli all’Islam sono circa un milione e in cui il laburista ha invitato i suoi volontari a far campagna “in strada, porta per porta, dalle sinagoghe alle moschee, dalle chiese ai gurdwara”.
Sinora, il più noto rappresentante della categoria era Ahmed Aboutaleb, primo cittadino di Rotterdam, di origine marocchina. Da oggi, Sadiq sarà il politico musulmano più potente d’Europa.
The New Old Labour
La vittoria di Sadiq Khan ha dato una scossa alla sinistra di Sua Maestà. Il nuovo vecchio Labour - come altri fronti progressisti d’Europa - è percorso da una faglia interna di difficile composizione, fra l’ala massimalista rappresentata da Jeremy Corbyn e i vecchi fedeli blairiani: una tensione in cui Khan si mantiene equidistante, pur rassicurando da una parte i finanzieri della City (strenuamente contrari alla Brexit e su cui il messaggio di opposto orientamento del Tory eterodosso Goldsmith avrà fatto poca presa) e dall’altra mettendo fra le priorità della sua agenda case e trasporti.
Il caso Londra è, tuttavia, un’isola felice e un test circoscritto per il nuovo-vecchio corso laburista, perché la stessa affermazione di Khan non è stata replicata dai compagni di partito altrove nel Regno (in ballo c’era anche il rinnovo dei Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord e dei consigli di 124 comuni).
Elezioni in Scozia e Galles
Se in Inghilterra il Labour tiene botta - perde consiglieri, ma salva i comuni chiave - in Scozia subisce un’ulteriore battuta d’arresto, finendo relegato al terzo posto, sorpassato dai Conservatori del premier Cameron che mai al di là del Vallo di Adriano avevano goduto di buona fama (saranno forse echi del David pro-Ue?).
Un tempo granaio di preferenze per la sinistra che qui - e nelle miniere - registrava numeri record, il nord del Paese ha visto un progressivo e inesorabile travaso di voti verso i nazionalisti (ma europeisti ferventi) dello Scottish National Party, Snp, la formazione guidata da Nicola Sturgeon.
L’Snp ha perso terreno e seggi (da 63 a 69) e anche la maggioranza assoluta dell’assemblea monocamerale di Edimburgo (i separatisti dovranno cercare partner di coalizione: una mossa che renderebbe più difficile la richiesta di un nuovo referendum sull’indipendenza), mentre i Tories raddoppiano la loro pattuglia.
I laburisti hanno mantenuto il vantaggio relativo in Galles, pur perdendo qualcosa e vedendo la crescita - anche qui - dei nazionalisti del Plaid Cymru e l’inaspettata ascesa (da 0 a 7 seggi) degli euro-populisti dell’Ukip che consolidano il ruolo di terza forza nel paese e registrano il più alto numero di voti di sempre persino nella difficile arena londinese.
Evitata una pesante sconfitta che era nell’aria, la sorte non arride comunque ai progressisti, che il 23 giugno sono schierati per dire sì alla permanenza nell’Ue.
Sinistra antisemita
Non c’è solo la perdita di posizioni nelle urne dell’ultimo voto pre-Brexit a rimestare i malumori in casa laburista, ma - e forse ancora più - il turbolento clima della vigilia con le sferzanti accuse di antisemitismo all’indirizzo di esponenti chiave di quel partito che si accingeva a portare il primo islamico a governare sul Tamigi.
Sinora alleato di Corbyn nel rinsaldare la svolta a sinistra dei laburisti, l’ex primo cittadino di Londra Ken Livingstone è stato nei giorni scorsi sospeso dal partito dopo alcune controverse dichiarazioni su Hitler, definito “un sostenitore del sionismo, prima di diventar matto e uccidere sei milioni di ebrei”.
Con il suo commento, Ken ‘il rosso’ aveva tentato di prendere le difese della collega di partito e parlamentare Naz Shah, anch’ella sospesa dal Labour dopo la riemersione dal passato di post Facebook in cui suggeriva il trasferimento di Israele negli Stati Uniti come soluzione al conflitto mediorientale, seppur con mosse tardive che avevano posto anche Corbyn nell’occhio del ciclone, catalizzando le critiche del premier Cameron e l’invito dell’ambasciatore israeliano a Londra a visitare lo stato ebraico.
Maldestri scivoloni, nelle ore in cui gli strateghi della campagna elettorale di Goldsmith suggerivano di instillare nell’elettorato il dubbio che in passato Khan avesse avuto contatti con frange estremiste.
A meno di 50 giorni dal prossimo appuntamento elettorale, la campagna elettorale britannica è a tutto campo. Per ora, né Cameron né Corbyn hanno perso davvero.
Gabriele Rosana è giornalista pubblicista, assistente alla comunicazione dello IAI (Twitter: @GabRosana).
Figlio di un ex autista pachistano, il 45enne Sadiq Khan, avvocato specializzato in diritti umani e già sottosegretario con Gordon Brown e ministro ombra della Giustizia, ha sconfitto con più di dieci punti percentuali il candidato del partito conservatore Zac Goldsmith, rampollo di una famiglia di miliardari ebrei dall’identikit piuttosto simile a quello del sindaco uscente.
Vita privata turbolenta, attenzione ai temi ecologisti, studi a Eton e favore per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, Goldsmith sarebbe stato il perfetto successore del vulcanico Boris Johnson che dopo due mandati a Londra ha optato per un seggio ai Comuni, da cui costruire l’alternativa interna alla premiership del collega di partito David Cameron.
Khan è un musulmano praticante, il primo eletto al vertice di una capitale europea, in una città cosmopolita in cui i fedeli all’Islam sono circa un milione e in cui il laburista ha invitato i suoi volontari a far campagna “in strada, porta per porta, dalle sinagoghe alle moschee, dalle chiese ai gurdwara”.
Sinora, il più noto rappresentante della categoria era Ahmed Aboutaleb, primo cittadino di Rotterdam, di origine marocchina. Da oggi, Sadiq sarà il politico musulmano più potente d’Europa.
The New Old Labour
La vittoria di Sadiq Khan ha dato una scossa alla sinistra di Sua Maestà. Il nuovo vecchio Labour - come altri fronti progressisti d’Europa - è percorso da una faglia interna di difficile composizione, fra l’ala massimalista rappresentata da Jeremy Corbyn e i vecchi fedeli blairiani: una tensione in cui Khan si mantiene equidistante, pur rassicurando da una parte i finanzieri della City (strenuamente contrari alla Brexit e su cui il messaggio di opposto orientamento del Tory eterodosso Goldsmith avrà fatto poca presa) e dall’altra mettendo fra le priorità della sua agenda case e trasporti.
Il caso Londra è, tuttavia, un’isola felice e un test circoscritto per il nuovo-vecchio corso laburista, perché la stessa affermazione di Khan non è stata replicata dai compagni di partito altrove nel Regno (in ballo c’era anche il rinnovo dei Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord e dei consigli di 124 comuni).
Elezioni in Scozia e Galles
Se in Inghilterra il Labour tiene botta - perde consiglieri, ma salva i comuni chiave - in Scozia subisce un’ulteriore battuta d’arresto, finendo relegato al terzo posto, sorpassato dai Conservatori del premier Cameron che mai al di là del Vallo di Adriano avevano goduto di buona fama (saranno forse echi del David pro-Ue?).
Un tempo granaio di preferenze per la sinistra che qui - e nelle miniere - registrava numeri record, il nord del Paese ha visto un progressivo e inesorabile travaso di voti verso i nazionalisti (ma europeisti ferventi) dello Scottish National Party, Snp, la formazione guidata da Nicola Sturgeon.
L’Snp ha perso terreno e seggi (da 63 a 69) e anche la maggioranza assoluta dell’assemblea monocamerale di Edimburgo (i separatisti dovranno cercare partner di coalizione: una mossa che renderebbe più difficile la richiesta di un nuovo referendum sull’indipendenza), mentre i Tories raddoppiano la loro pattuglia.
I laburisti hanno mantenuto il vantaggio relativo in Galles, pur perdendo qualcosa e vedendo la crescita - anche qui - dei nazionalisti del Plaid Cymru e l’inaspettata ascesa (da 0 a 7 seggi) degli euro-populisti dell’Ukip che consolidano il ruolo di terza forza nel paese e registrano il più alto numero di voti di sempre persino nella difficile arena londinese.
Evitata una pesante sconfitta che era nell’aria, la sorte non arride comunque ai progressisti, che il 23 giugno sono schierati per dire sì alla permanenza nell’Ue.
Sinistra antisemita
Non c’è solo la perdita di posizioni nelle urne dell’ultimo voto pre-Brexit a rimestare i malumori in casa laburista, ma - e forse ancora più - il turbolento clima della vigilia con le sferzanti accuse di antisemitismo all’indirizzo di esponenti chiave di quel partito che si accingeva a portare il primo islamico a governare sul Tamigi.
Sinora alleato di Corbyn nel rinsaldare la svolta a sinistra dei laburisti, l’ex primo cittadino di Londra Ken Livingstone è stato nei giorni scorsi sospeso dal partito dopo alcune controverse dichiarazioni su Hitler, definito “un sostenitore del sionismo, prima di diventar matto e uccidere sei milioni di ebrei”.
Con il suo commento, Ken ‘il rosso’ aveva tentato di prendere le difese della collega di partito e parlamentare Naz Shah, anch’ella sospesa dal Labour dopo la riemersione dal passato di post Facebook in cui suggeriva il trasferimento di Israele negli Stati Uniti come soluzione al conflitto mediorientale, seppur con mosse tardive che avevano posto anche Corbyn nell’occhio del ciclone, catalizzando le critiche del premier Cameron e l’invito dell’ambasciatore israeliano a Londra a visitare lo stato ebraico.
Maldestri scivoloni, nelle ore in cui gli strateghi della campagna elettorale di Goldsmith suggerivano di instillare nell’elettorato il dubbio che in passato Khan avesse avuto contatti con frange estremiste.
A meno di 50 giorni dal prossimo appuntamento elettorale, la campagna elettorale britannica è a tutto campo. Per ora, né Cameron né Corbyn hanno perso davvero.
Gabriele Rosana è giornalista pubblicista, assistente alla comunicazione dello IAI (Twitter: @GabRosana).
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L’ultimo appuntamento elettorale su
scala pressoché nazionale, quasi una prova generale prima del referendum
sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea (Ue), ha
consegnato a Londra il suo primo sindaco musulmano.
Figlio di un ex autista pachistano, il 45enne Sadiq Khan, avvocato specializzato in diritti umani e già sottosegretario con Gordon Brown e ministro ombra della Giustizia, ha sconfitto con più di dieci punti percentuali il candidato del partito conservatore Zac Goldsmith, rampollo di una famiglia di miliardari ebrei dall’identikit piuttosto simile a quello del sindaco uscente.
Vita privata turbolenta, attenzione ai temi ecologisti, studi a Eton e favore per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, Goldsmith sarebbe stato il perfetto successore del vulcanico Boris Johnson che dopo due mandati a Londra ha optato per un seggio ai Comuni, da cui costruire l’alternativa interna alla premiership del collega di partito David Cameron.
Khan è un musulmano praticante, il primo eletto al vertice di una capitale europea, in una città cosmopolita in cui i fedeli all’Islam sono circa un milione e in cui il laburista ha invitato i suoi volontari a far campagna “in strada, porta per porta, dalle sinagoghe alle moschee, dalle chiese ai gurdwara”.
Sinora, il più noto rappresentante della categoria era Ahmed Aboutaleb, primo cittadino di Rotterdam, di origine marocchina. Da oggi, Sadiq sarà il politico musulmano più potente d’Europa.
The New Old Labour
La vittoria di Sadiq Khan ha dato una scossa alla sinistra di Sua Maestà. Il nuovo vecchio Labour - come altri fronti progressisti d’Europa - è percorso da una faglia interna di difficile composizione, fra l’ala massimalista rappresentata da Jeremy Corbyn e i vecchi fedeli blairiani: una tensione in cui Khan si mantiene equidistante, pur rassicurando da una parte i finanzieri della City (strenuamente contrari alla Brexit e su cui il messaggio di opposto orientamento del Tory eterodosso Goldsmith avrà fatto poca presa) e dall’altra mettendo fra le priorità della sua agenda case e trasporti.
Il caso Londra è, tuttavia, un’isola felice e un test circoscritto per il nuovo-vecchio corso laburista, perché la stessa affermazione di Khan non è stata replicata dai compagni di partito altrove nel Regno (in ballo c’era anche il rinnovo dei Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord e dei consigli di 124 comuni).
Elezioni in Scozia e Galles
Se in Inghilterra il Labour tiene botta - perde consiglieri, ma salva i comuni chiave - in Scozia subisce un’ulteriore battuta d’arresto, finendo relegato al terzo posto, sorpassato dai Conservatori del premier Cameron che mai al di là del Vallo di Adriano avevano goduto di buona fama (saranno forse echi del David pro-Ue?).
Un tempo granaio di preferenze per la sinistra che qui - e nelle miniere - registrava numeri record, il nord del Paese ha visto un progressivo e inesorabile travaso di voti verso i nazionalisti (ma europeisti ferventi) dello Scottish National Party, Snp, la formazione guidata da Nicola Sturgeon.
L’Snp ha perso terreno e seggi (da 63 a 69) e anche la maggioranza assoluta dell’assemblea monocamerale di Edimburgo (i separatisti dovranno cercare partner di coalizione: una mossa che renderebbe più difficile la richiesta di un nuovo referendum sull’indipendenza), mentre i Tories raddoppiano la loro pattuglia.
I laburisti hanno mantenuto il vantaggio relativo in Galles, pur perdendo qualcosa e vedendo la crescita - anche qui - dei nazionalisti del Plaid Cymru e l’inaspettata ascesa (da 0 a 7 seggi) degli euro-populisti dell’Ukip che consolidano il ruolo di terza forza nel paese e registrano il più alto numero di voti di sempre persino nella difficile arena londinese.
Evitata una pesante sconfitta che era nell’aria, la sorte non arride comunque ai progressisti, che il 23 giugno sono schierati per dire sì alla permanenza nell’Ue.
Sinistra antisemita
Non c’è solo la perdita di posizioni nelle urne dell’ultimo voto pre-Brexit a rimestare i malumori in casa laburista, ma - e forse ancora più - il turbolento clima della vigilia con le sferzanti accuse di antisemitismo all’indirizzo di esponenti chiave di quel partito che si accingeva a portare il primo islamico a governare sul Tamigi.
Sinora alleato di Corbyn nel rinsaldare la svolta a sinistra dei laburisti, l’ex primo cittadino di Londra Ken Livingstone è stato nei giorni scorsi sospeso dal partito dopo alcune controverse dichiarazioni su Hitler, definito “un sostenitore del sionismo, prima di diventar matto e uccidere sei milioni di ebrei”.
Con il suo commento, Ken ‘il rosso’ aveva tentato di prendere le difese della collega di partito e parlamentare Naz Shah, anch’ella sospesa dal Labour dopo la riemersione dal passato di post Facebook in cui suggeriva il trasferimento di Israele negli Stati Uniti come soluzione al conflitto mediorientale, seppur con mosse tardive che avevano posto anche Corbyn nell’occhio del ciclone, catalizzando le critiche del premier Cameron e l’invito dell’ambasciatore israeliano a Londra a visitare lo stato ebraico.
Maldestri scivoloni, nelle ore in cui gli strateghi della campagna elettorale di Goldsmith suggerivano di instillare nell’elettorato il dubbio che in passato Khan avesse avuto contatti con frange estremiste.
A meno di 50 giorni dal prossimo appuntamento elettorale, la campagna elettorale britannica è a tutto campo. Per ora, né Cameron né Corbyn hanno perso davvero.
Gabriele Rosana è giornalista pubblicista, assistente alla comunicazione dello IAI (Twitter: @GabRosana).
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Vita privata turbolenta, attenzione ai temi ecologisti, studi a Eton e favore per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, Goldsmith sarebbe stato il perfetto successore del vulcanico Boris Johnson che dopo due mandati a Londra ha optato per un seggio ai Comuni, da cui costruire l’alternativa interna alla premiership del collega di partito David Cameron.
Khan è un musulmano praticante, il primo eletto al vertice di una capitale europea, in una città cosmopolita in cui i fedeli all’Islam sono circa un milione e in cui il laburista ha invitato i suoi volontari a far campagna “in strada, porta per porta, dalle sinagoghe alle moschee, dalle chiese ai gurdwara”.
Sinora, il più noto rappresentante della categoria era Ahmed Aboutaleb, primo cittadino di Rotterdam, di origine marocchina. Da oggi, Sadiq sarà il politico musulmano più potente d’Europa.
The New Old Labour
La vittoria di Sadiq Khan ha dato una scossa alla sinistra di Sua Maestà. Il nuovo vecchio Labour - come altri fronti progressisti d’Europa - è percorso da una faglia interna di difficile composizione, fra l’ala massimalista rappresentata da Jeremy Corbyn e i vecchi fedeli blairiani: una tensione in cui Khan si mantiene equidistante, pur rassicurando da una parte i finanzieri della City (strenuamente contrari alla Brexit e su cui il messaggio di opposto orientamento del Tory eterodosso Goldsmith avrà fatto poca presa) e dall’altra mettendo fra le priorità della sua agenda case e trasporti.
Il caso Londra è, tuttavia, un’isola felice e un test circoscritto per il nuovo-vecchio corso laburista, perché la stessa affermazione di Khan non è stata replicata dai compagni di partito altrove nel Regno (in ballo c’era anche il rinnovo dei Parlamenti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord e dei consigli di 124 comuni).
Elezioni in Scozia e Galles
Se in Inghilterra il Labour tiene botta - perde consiglieri, ma salva i comuni chiave - in Scozia subisce un’ulteriore battuta d’arresto, finendo relegato al terzo posto, sorpassato dai Conservatori del premier Cameron che mai al di là del Vallo di Adriano avevano goduto di buona fama (saranno forse echi del David pro-Ue?).
Un tempo granaio di preferenze per la sinistra che qui - e nelle miniere - registrava numeri record, il nord del Paese ha visto un progressivo e inesorabile travaso di voti verso i nazionalisti (ma europeisti ferventi) dello Scottish National Party, Snp, la formazione guidata da Nicola Sturgeon.
L’Snp ha perso terreno e seggi (da 63 a 69) e anche la maggioranza assoluta dell’assemblea monocamerale di Edimburgo (i separatisti dovranno cercare partner di coalizione: una mossa che renderebbe più difficile la richiesta di un nuovo referendum sull’indipendenza), mentre i Tories raddoppiano la loro pattuglia.
I laburisti hanno mantenuto il vantaggio relativo in Galles, pur perdendo qualcosa e vedendo la crescita - anche qui - dei nazionalisti del Plaid Cymru e l’inaspettata ascesa (da 0 a 7 seggi) degli euro-populisti dell’Ukip che consolidano il ruolo di terza forza nel paese e registrano il più alto numero di voti di sempre persino nella difficile arena londinese.
Evitata una pesante sconfitta che era nell’aria, la sorte non arride comunque ai progressisti, che il 23 giugno sono schierati per dire sì alla permanenza nell’Ue.
Sinistra antisemita
Non c’è solo la perdita di posizioni nelle urne dell’ultimo voto pre-Brexit a rimestare i malumori in casa laburista, ma - e forse ancora più - il turbolento clima della vigilia con le sferzanti accuse di antisemitismo all’indirizzo di esponenti chiave di quel partito che si accingeva a portare il primo islamico a governare sul Tamigi.
Sinora alleato di Corbyn nel rinsaldare la svolta a sinistra dei laburisti, l’ex primo cittadino di Londra Ken Livingstone è stato nei giorni scorsi sospeso dal partito dopo alcune controverse dichiarazioni su Hitler, definito “un sostenitore del sionismo, prima di diventar matto e uccidere sei milioni di ebrei”.
Con il suo commento, Ken ‘il rosso’ aveva tentato di prendere le difese della collega di partito e parlamentare Naz Shah, anch’ella sospesa dal Labour dopo la riemersione dal passato di post Facebook in cui suggeriva il trasferimento di Israele negli Stati Uniti come soluzione al conflitto mediorientale, seppur con mosse tardive che avevano posto anche Corbyn nell’occhio del ciclone, catalizzando le critiche del premier Cameron e l’invito dell’ambasciatore israeliano a Londra a visitare lo stato ebraico.
Maldestri scivoloni, nelle ore in cui gli strateghi della campagna elettorale di Goldsmith suggerivano di instillare nell’elettorato il dubbio che in passato Khan avesse avuto contatti con frange estremiste.
A meno di 50 giorni dal prossimo appuntamento elettorale, la campagna elettorale britannica è a tutto campo. Per ora, né Cameron né Corbyn hanno perso davvero.
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