LASCIO ALLE MIE DONNE
Scritto da Diego Fabbri
Regia di Geppi Di Stasio
Al Teatro
delle Muse in questi giorni è in scena una commedia di Diego Fabbri dal titolo
“Lascio alle mie donne” la cui vicenda sembrerebbe tratta da un libretto scritto
da Lorenzo Da Ponte per un’opera di Mozart.
La
trama narra di un Notaio (Cristiano Vaccaro) che si trova a essere l’esecutore
del bizzarro testamento dell’amico e socio Renato, noto avvocato donnaiolo,
morto in un incidente di auto. Assistito dal suo collaboratore Gaetano (Filippo
Bubbico) convoca le due donne nello studio per dar lettura al testamento: la
vedova Virginia (Manuela Atturo) e la di lui amante Olga (Patrizia Bellucci),
sono costrette a passare un’ora al giorno insieme per un intero anno se vogliono
ereditare ognuna la metà dei beni del defunto. In alternativa, o in caso di
rifiuto anche solo di una delle due donne, tutti i beni andrebbero al Circolo
della Caccia frequentato dal defunto avvocato e da sua moglie. L’accettazione
della stravagante clausola metterà in luce i caratteri diversi delle due donne
e mostrerà tutti gli attriti dovuti a una situazione imbarazzante, ma ormai
passata. Nel frattempo spunta anche una certa Isabella (Angela Salustri), una
giovane “fidanzata” del morto alla quale aveva raccontato una serie di bugie
circa due sorelle “arpie” che non poteva abbandonare, coadiuvato dal fido
servitore Rosauro (Stefano Santini). A lei, in eredità, un libro di poesie. Ma
chi è Rosauro se non il Leporello del Don Giovanni, fido servitore, complice,
ma anche un po’ invidioso del padrone?
E
così tra una gelosia, un battibecco e una revanche, le due donne
recalcitranti all’inizio, alla fine dopo 364 giorni passati insieme, avranno
stretto amicizia e saranno pronte per la seconda parte del testamento: la
lettura della lista dei beni immobili.
La
beffa del fedifrago arriva fino in fondo, lasciando tutti i beni al suo amico
Enrico, sempre in ombra rispetto all’ingombrante socio, da cui eredita soldi,
mogli e amanti sulle quali deve vegliare e anche mantenere. Se Renato è
sorprendente, Enrico è prevedibile, se l’uno è audace, ironico e geniale
seduttore, l’altro è pavido, serioso, pedante e forse illibato.
Geppi
Di Stasio, regista e voce del morto fuori campo, si è divertito a caricare i
personaggi secondari con particolare attenzione rispetto al testo di Diego Fabbri
del 1969 – autore notoriamente fervente cattolico -: il factotum Gaetano diventa voce del popolo che fa “cultura” mentre il
fido Rosauro è tratteggiato con una forte ambiguità sessuale.
Bravi
tutti gli attori con una speciale predilezione per Cristiano Vaccaro che bene interpreta
il represso Notaio.
Ghisi
Grütter
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