Gli Ecologisti Democratici , costola ambientalista del Partito Democratico, hanno prodotto, alla vigilia delle elezioni a Roma, il documento che riportiamo per nostri lettori e che noi condividiamo al cento per cento Peccato che il Partito Democratico non gli abbia mai dato retta. Sarà questa la volta buona ? Ci auguriamo di si. Come ci auguriamo anche che proprio da Roma, con la scelta dei nuovi consiglieri, parta quel riscatto morale e quell'orgoglio che possa portare in Aula Giulio Cesare donne e uomini che abbiamo voglia di tirarsi su le maniche e non metterle in pasta, ci scusino i lettori per questo facile gioco di parole.
Valeria Fischetto
UN NUOVO MODELLO PER ROMA
. La
questione ambientale è prioritaria per Roma
A Roma oggi non si vive bene.
Cattiva qualità dell’aria, inquinamento acustico, caos, servizi pubblici non
all’altezza, traffico ed emissioni di gas serra. Mai come oggi il tema ambientale,
che dovrebbe essere materia fondante e costituente del Partito democratico, è
prioritario anche per la nostra città. È ormai diffusa tra i cittadini la
consapevolezza della criticità della situazione ambientale e della sua certa relazione
con la salute; criticità ambientale che comporta anche costi economici e freni
al mantenimento degli attuali livelli di benessere. Molto è stato fatto dalle
esperienze delle amministrazioni progressiste; ed anche la Giunta Marino – sia
pur tra molte difficoltà – ha posto le basi per far ripartire una città ormai
giunta allo stremo. Tuttavia molte questioni restano ancora irrisolte, e oltre
ai punti “consueti” della politica cittadina - moderna gestione dei rifiuti,
mobilità sostenibile e trasporto locale, qualità dell’aria e delle acque,
qualità degli elementi naturali e della biodiversità – è emersa l’urgenza della
lotta al riscaldamento globale. Noi Ecologisti riteniamo
che solo puntando su ambiente,
legalità, green economy ed economia
circolare, facendo crescere il benessere collettivo e la qualità della vita, si possa (uò) assicurare uno sviluppo sostenibile e duraturo di
Roma. L’avvio a soluzione dei problemi ambientali e della crisi climatica
significa, infatti, aumentare l’efficienza generale del sistema, la sua
produttività, eliminando gli sprechi e liberando risorse da riutilizzare con ricadute
positive per un ulteriore (sulla) crescita dell’occupazione. E’ qui
che si centra la nostra proposta, che ritiene inscindibile il rapporto tra
ambiente sano e pulito, ecologia della
politica, legalità. Bisognerà mettere in atto una forte volontà di cambiamento,
anche, ove necessario, mettendo in discussione scelte urbanistiche, ambientali
e amministrative prese negli ultimi anni dai governi locali, anche di centrosinistra.
Bisognerà porre al centro
dell’agenda politica la difesa esclusiva dei cittadini, della loro qualità
della vita, e non degli interessi dei poteri più o meno forti e occulti che
hanno inquinato la politica romana. Scelte politiche prima impossibili forse
ora diventano fattibili. La crisi profonda della politica, a Roma culminata con
lo scandalo di Mafia Capitale, ha messo in crisi vecchi poteri e consolidate
consorterie. Questa è probabilmente la migliore occasione per lanciare quella
politica davvero nuova, pulita, che noi ambientalisti per anni abbiamo chiesto,
purtroppo con poco ascolto. Per questo, noi poniamo con forza la questione
ambientale e morale come temi prioritari dell’agenda politica del prossimo
sindaco di Roma.
2. Questione morale e un nuovo Modello di governance per Roma
A Roma serve una forte
iniezione di legalità, di ripristino delle regole, di trasparenza negli atti
amministrativi. Anche la politica ambientale deve essere accompagnata da una
prioritaria azione di risanamento etico. Il ripristino della legalità nella nostra città, la liberazione dall’inquinamento mafioso e del malaffare, il
perseguimento di una sana “ecologia della politica”,
sono condizioni necessarie per ridare fiducia ai cittadini e favorire gli
investimenti.
Al di là dei fenomeni più
gravi, come quello dell’inquinamento mafioso o della malavita nella gestione
della città, sono inquietanti – pur senza fare generalizzazioni – i segnali di degrado
nella moralità pubblica, di scarso senso civico, di comportamenti scorretti
portati avanti da pubblici funzionari e anche da singoli cittadini. Fenomeni
quali abusivismo commerciale, venditori di materiale contraffatto, bancarelle
improvvisate e non autorizzate, tassisti e parcheggiatori abusivi, dilagano
nella nostra città, quasi senza controllo, e la rendono più brutta e meno
vivibile. L’immagine di Roma ha subito pesanti danni, pertanto serve una decisa
iniziativa politica che restituisca dignità alla città e ai suoi cittadini.
Bisogna dunque mettere in atto tolleranza zero per ogni forma non solo di abusivismo
e di illecito, ma anche di incuria, disinteresse, sciatteria. La cura della
città, come bene collettivo, deve diventare obiettivo primario della sua
amministrazione e dei suoi residenti. Servono politiche di formazione e informazione
pubblica per coinvolgere i cittadini e renderli partecipi del rinnovamento e
del risanamento, ambientale e morale, della città.
Il risanamento ambientale
e morale di Roma porterà benefici sui suoi conti economici. È noto che il
bilancio di Roma è in pesante sofferenza. Servono risorse, che si dovranno
ricavare anche attraverso una riduzione dei costi, che – è necessario dirlo – potrà
non essere indolore. Tuttavia, si dovrà limitare l’impatto sui cittadini e sui
servizi primari, ripartendo gli oneri in modo più equo e puntando
sull’eliminazione di privilegi e soprattutto sprechi, evitando tuttavia i “tagli
lineari”. Per questo è necessario
fare una seria verifica delle politiche che si praticano, dei processi
attuativi e delle procedure che si seguono, individuando i passaggi che
producono inefficienze e cambiando, quindi, anche politiche, processi e
procedure, se necessario. Vanno eliminati i benefici impropri, le consulenze
inutili, gli appalti non trasparenti. Una cifra importante può essere recuperabile dall’evasione fiscale e dalla lotta alla
corruzione, di per sé anche fonte di dissesto economico: sottrae risorse
pubbliche sane, avvantaggiando interessi privati e criminali.
Per realizzare gli
obiettivi di un radicale rinnovamento, serve una nuova governance della città. È
necessario un nuovo rapporto con le associazioni, portatori di interessi,
categorie produttive, comitati di
quartiere, cittadini attivi – tutti soggetti che conoscono il territorio, le
sue necessità e bisogni – affinché possano comunicare istanze, proposte e
progetti all’amministrazione. È ora di ridare trasparenza al rapporto tra politica
e cittadino, attraverso la pubblicazione su Web di dati, processi attuativi,
informazioni sullo stato di avanzamento di proposte e delibere; un nuovo
“Modello Roma 2.0” dovrebbe prevedere la possibilità di utilizzo di strumenti
interattivi (“social”) attraverso i quali i cittadini possano partecipare,
inviare proposte ed esprimersi. Il nostro auspicio è che la città di Roma possa diventare il laboratorio di un
nuovo modello di politica del territorio, aperto ai contributi di tutte le
realtà che vi operano.
3.
Lotta al riscaldamento globale, priorità anche a livello locale
L’impatto dei cambiamenti climatici sta
avendo effetti severi anche nella nostra città: la scorsa estate la persistente
ondata di calore, unita all’elevata concentrazione di polveri sottili e di
ozono, hanno di certo esposto le fasce più deboli della popolazione a rischi
sanitari gravi. L’adattamento delle città agli effetti più gravi del
riscaldamento globale e la mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra, devono
diventare priorità anche per l’amministrazione capitolina. Ormai non basta più
mettere una firma in calce al Patto dei Sindaci, o produrre un ambizioso Piano
d’Azione per le Energie Sostenibili che però resta disatteso. Servono azioni
urgenti e concrete, perché ormai si rischiano la salute e la vita stessa di
molti cittadini; bisogna rendere Roma più resiliente e per questo bisogna
mettere in campo competenze e capacità di innovazione. Per contribuire a
limitare l’impatto delle ondate di calore, amplificato dalla espansione del
suolo artificiale, dell’asfalto e del cemento, dei palazzi che bloccano la
circolazione del vento, bisogna innanzitutto individuare le aree ove tale
fenomeno è più grave, ove il calore ristagna, e mettere in atto azioni di
risanamento urbano. Ciò significa tra l’altro la piantumazione di alberi sia di
arredo urbano, sia realizzando boschi urbani e rinaturalizzazione di aree
degradate, la promozione di tetti verdi, di orti urbani, e la realizzazione di
punti d’acqua e fontane che rinfrescano e danno ristoro. Ove possibile, nelle
aree e piazze pedonalizzate, sottratte alle automobili e restituite ai
cittadini – da realizzarne di nuove in ogni quartiere – sarebbe molto utile il
ripristino del suolo naturale, eliminando l’asfalto e coperture artificiali, e
realizzando giardini. Appare, dunque,
evidente come siano fondamentali le politiche per il verde in ambito urbano. Incrementare
il patrimonio naturale attraverso la forestazione urbana (bosco urbano), serve
a sviluppare la biodiversità, anche faunistica, ed è un efficace strumento di
mitigazione delle emissioni di gas serra. Noi Ecologisti proponiamo di avviare
un intervento di ricostruzione naturalistica, filologicamente e
scientificamente corretta, di (una) aree libere del territorio
urbano, per esempio della foresta planiziale tra la città e il mare, anche per
venire incontro alle esigenze di favorire la circolazione dell’aria, in particolare di quel “ponentino” così
noto e storicamente riconosciuto dai romani. Si potrebbe cominciare utilizzando (dalle) parte delle aree
delle aziende agricole pubbliche (Castel di Guido) ed estendendo il progetto ad aree dei privati attraverso meccanismi incentivanti
(polifunzionalità delle aziende agricole);
(coinvolgendo) si dovrebbero interessare le università
e gli istituti di ricerca del settore e i portatori
di interessi: con benefici sull’occupazione,
sulla ricerca e sul turismo “consapevole”.
Tra le esperienze: foresta di Sherwood in Inghilterra.
3 bis. Politiche per il verde urbano
Nonostante gli sforzi dell’ultima
amministrazione, la gestione del verde a Roma soffre per le politiche in
materia assunte in precedenza, (a
iniziare) non solo dalla Giunta
Alemanno, che hanno di fatto generato inefficienza e perdita di competenze
interne. Al contrario, per una gestione efficiente del verde pubblico, in particolare di arredo urbano, (per) è necessario attivare un serio programma di manutenzione, per cui servono competenza, e capacità
di nuova progettazione, da stimolare o rigenerare all’interno
dell’amministrazione. Infatti, le piante
e gli alberi vanno monitorati per individuare malattie e debolezze dovute alla
collocazione, curati, protetti dal danneggiamento, potati solo quando serve e con criteri corretti, per la sicurezza, a
seconda della stagione e della specie, rinnovati e incrementati, in modo (coerente) compatibile per le condizioni dell’ (con l’)ambiente
circostante. Servono nuove visioni progettuali, ricostruendo le competenze del
Servizio Giardini, da decenni dequalificato, a causa della massiccia
esternalizzazione delle attività. Servono nuove competenze d’avanguardia sul
verde pubblico, come sono state sviluppate in altre città. L’istituzione di una
ristretta commissione tecnico – scientifica di esperti, in grado di produrre nuove
direttive, linee guida di intervento, esame dei problemi e proposta di
soluzioni, sarebbe auspicabile, accompagnata comunque da una ristrutturazione
in termini di efficienza della macchina amministrativa, che deve poi mettere in
atto i progetti e le attività richieste.
Inoltre, per la gestione
delle Ville Storiche romane serve un Coordinamento delle diverse competenze (Sovrintendenze
e U. Giardini) che garantisse la coerente programmazione e la sinergia tra gli
interventi, eventualmente previsti dalle diverse “autorità”, e basati sul Piano
delle Destinazioni d’uso delle aree di ciascuna. Il Programma degli interventi
di manutenzione ordinaria e straordinaria dovrebbe riguardare i manufatti
storici e artistici insieme ai beni naturalistici (i cui tempi e
caratteristiche di degrado o deterioramento hanno, ovviamente, tempi e modi diversi da considerare!). Infine ci
vorrebbe una “fonte costante di finanziamento” perché l’episodicità degli
interventi di manutenzione non serve, può essere controproducente, ed essere
uno spreco, come infatti è. Stessa considerazione vale anche per la
manutenzione del verde pubblico urbano.
Quindi, cambiare strategia
è necessario anche per eliminare gli sprechi ma resta auspicabile un flusso
pubblico di risorse verso le attività di manutenzione e incremento del
patrimonio verde.
Il territorio comunale di Roma è
interessato anche dalla presenza di Parchi e Aree Protette di
istituzione regionale e statale. Il Comune controlla l’ente “Roma Natura” cui è affidata la gestione di 14 aree
protette terrestri ed una marina; mentre è presente nell’Ente di gestione del “
Parco dell’Appia Antica”, in quello
di Veio, partecipa alla gestione della “Riserva
statale del Litorale romano”, infine
anche la “Tenuta di Castel
Porziano” ricade nel territorio comunale.
Un patrimonio naturalistico, di biodiversità, archeologico, architettonico, paesaggistico,
culturale, monumentale, rilevantissimo, di grande interesse, che influenza
significativamente la città. Per mantenere e valorizzare questo patrimonio, garantendone la tutela, serve, prima
di tutto, far completare dalla Regione l’approvazione degli strumenti di
pianificazione territoriale (Piani di Assetto), e far predisporre dagli Enti e
le “Comunità” gli strumenti di sviluppo sostenibile previsti dalla legge
(Programma economico e sociale). Sarebbe utile coinvolgere i portatori di
interessi nei processi di sviluppo sostenibile (ma non nella gestione diretta
degli Enti Parco e, quindi, del territorio).
E’ necessario migliorare la manutenzione dei beni non solo naturalistici, incrementare la fruizione con la cura dei
sentieri, la creazione di nuovi percorsi e la tutela della sicurezza dei
visitatori. In generale, questi territori dovrebbero essere la
sede di eccellenza per lo sviluppo delle “buone pratiche” in campo ambientale:
raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti, mobilità sostenibile in varie
modalità, attività produttive compatibili, agricoltura biologica e filiera
corta, garantendo uno sviluppo sostenibile e opportunità occupazionali.
4.
Consumo suolo zero – un nuovo modello di sviluppo per Roma
Il nuovo modello di sviluppo
urbano a cui noi ecologisti aspiriamo non può più basarsi sul consumo di beni e
di suolo, e sulla mobilità individuale; ciò ha generato una città poco
vivibile, inquinata, colma di rifiuti, con periferie sterminate piene di centri commerciali e di alienazione.
Questo modello non è più né sostenibile né tollerabile. Per questo è necessario
intervenire fermando, con una moratoria, ogni nuovo consumo di suolo. Ogni
nuova urbanizzazione comporta costi energetici, di mobilità, di emissioni di
gas serra, di riscaldamento, non più compatibili con gli obiettivi di mitigazione
della CO2. Nel NPRG risultano oltre 20 milioni di mc di nuove cubature
pianificate, molte delle quali oltre il GRA. A completamento del Piano, vi
sarebbero circa 200.000 nuovi residenti oltre il GRA: come una nuova città, a
grave impatto ambientale ed energetico. Vanno pertanto verificate le reali
necessità di cubature residenziali previste nel NPRG, soprattutto oltre il GRA,
così come di centralità non strategiche (come Romanina, su terreno privato
accanto alla centralità pubblica di Tor Vergata già ricca di servizi). Si
dovrebbe mettere in atto una moratoria sulle cubature su suolo non edificato,
puntando invece alla ricostruzione e riqualificazione energetica in zone già
urbanizzate, in disuso o degradate. Seguendo la direttiva UE 2010/31/CE sulle
“città a consumo quasi zero” andranno individuate aree di riqualificazione
urbana ove applicare i criteri energetici più innovativi dei NZEB (near-zero
energy building). Complementare a queste scelte urbanistiche dovrebbe essere
una politica che attivi una strategia per ridare redditività e valore al suolo
ad uso agricolo, per frenare la tendenza all’abbandono e togliere interesse al
cambio di destinazione d’uso.
5. Mobilità
sostenibile
Mobilità sostenibile
significa piste ciclabili, percorsi pedonali, corsie preferenziali per i mezzi
pubblici, in modo da rendere non più conveniente l’uso del mezzo privato. Il
finanziamento governativo del Grande
Raccordo Anulare per la Bicicletta (GRAB), ossia di un percorso ciclabile
interno alla città di oltre 40 Km che congiunge parchi, ville storiche e aree
archeologiche, è un grande passo avanti nella giusta direzione. Il GRAB
rappresenta un sistema di connessione efficace in rete ciclabile di luoghi di
interesse, che diventeranno così anche infrastrutture di mobilità sostenibile.
Sarà molto importante per la progettazione e l’esecuzione, il coinvolgimento
delle associazioni dei ciclisti.
Per incentivare l’uso
della mobilità alternativa e dei mezzi pubblici, vanno rafforzate e
semplificate le norme che limitano alle automobili l’accesso ai varchi e alle
varie fasce di rispetto in caso di aria inquinata, eliminando deroghe e
privilegi per qualsiasi veicolo a carburante fossile (incluso il gas), salvo i
mezzi di soccorso e di trasporto disabili. Nel centro storico, gradualmente,
dovrebbero circolare solo veicoli ecologici, favorendo l’installazione di
paline per la ricarica delle vetture elettriche. Serve un ulteriore rinnovo
(oltre a quello in atto in questi giorni) del parco veicoli del trasporto
pubblico, verso mezzi ibridi ed elettrici, come sta già avvenendo a Milano. Tuttavia
il trasporto pubblico romano soffre di gravi difficoltà economiche; serve
allora innovazione e capacità progettuale per ottimizzare la rete di trasporto,
creando una sorta di “metropolitana di superficie” utilizzando i mezzi pubblici
e individuando intere strade protette, da riservare alla mobilità pubblica in
modo da formare una rete integrata e connessa con le linee esistenti della
metropolitana; il traffico privato dovrebbe essere riorganizzato adottando un
“verso”, del tipo di quello della circolazione sanguigna (sensi unici). Vanno
incrementate le aree completamente pedonali, non solo nel Tridente, da
rafforzare, ma anche nelle periferie, restituendo ai cittadini la possibilità
di camminare in alcune piazze e vie liberate dalla morsa delle auto.
6. Valorizzazione
aree agricole
Le aree agricole coprono
il 40% dell’intero territorio comunale con 52 mila ettari. Lo scenario della
campagna romana ha un valore paesaggistico e storico rilevante, da preservare e
promuovere. La produzione agricola romana può essere sostenuta e integrata,
favorendo la polifunzionalità delle aziende agricole, facilitando le attività
legate al turismo, alla fruizione ricreativa delle aree verdi, alla funzione
educativa, promuovendo nelle aziende agricole romane attività di formazione per
i bambini e gli studenti delle scuole primarie sul valore della terra e degli
animali di campagna. Pensiamo ad un Patto tra la Città e il sistema agricolo che
metta al centro l’adozione di pratiche agricole sostenibili, favorendo quelle
biologiche, che aumentino la fertilità dei suoli, preservino e valorizzino la
biodiversità agraria e paesaggistica; un Patto che promuova il recupero di
piante, razze autoctone, l’utilizzo di prodotti locali e di stagione, anche
nelle mense scolastiche comunali. Così riduciamo i passaggi di filiera, promuovendo
il contatto diretto tra produttore e consumatore in un efficace “chilometro 0”.
Parallelamente, bisogna favorire il consumo consapevole e critico, rendendo
facile la creazione e il mantenimento di forme organizzate collettive di
consumatori che si rivolgono alle produzioni biologiche locali, senza
intermediazione (filiera corta) in modo
di ampliare il mercato per quei produttori che fanno scelte sostenibili. Si
tratta di intervenire sul piano normativo e dell’organizzazione logistica per
favorire la nascita di forme associative di consumatori, come i Gruppi di
Acquisto Solidali. L’impresa agricola di
qualità e multifunzionale garantisce presidio, tutela e sviluppo economico del
territorio. La Roma del futuro non può fare a meno dell’agricoltura.
7. Un
Contratto di fiume per risanare il Tevere
Roma
ha un sistema fluviale (Tevere, Aniene ed altri fiumi minori come l’Almone) di
cui i cittadini un tempo fruivano, a scopo ricreativo e turistico. Oggi non è
possibile a causa dell’inquinamento.
Serve un forte impegno di risanamento ambientale per restituire il Tevere,
fiume-simbolo della città, ai cittadini. La pessima qualità delle acque, la
cattiva manutenzione, l’abbandono al degrado delle rive, spesso luoghi di
dimora di senza tetto, pregiudicano un utilizzo ricreativo e turistico, e
rendono potenzialmente pericolose anche attività sportive fluviali molto
diffuse. È dunque necessario ripristinare una buona qualità ecologica e chimica
delle acque del Tevere e dei suoi affluenti, in particolare l’Aniene, sistemare
e controllare le rive; migliorare il paesaggio urbano fluviale, favorendo la
fruizione del fiume ai cittadini con accessi più semplici (interventi di
progettazione urbanistica sugli argini); rinaturalizzazione del fiume, e
dei suoi affluenti (Aniene), almeno per alcune parti del suo corso, fuori dell’abitato e nell’ area
protetta verso la foce.
Non
sarà facile, servirà tempo e investimenti. Bisognerà non solo operare a livello
cittadino, ma anche di concerto con i comuni limitrofi interessati dalle aste
fluviali. Servirà mettere in campo la partecipazione attiva di cittadini,
associazioni e portatori di interesse (stakeholders) per definire un Contratto
di fiume con l’obiettivo del risanamento ambientale, fisico, delle acque e
delle rive, paesaggistico, del Tevere e dei suoi affluenti. Se riusciremo in
ciò, sarà una straordinaria opportunità per ridare vita e valore a un ambiente,
quello fluviale, di grande bellezza.
8. Servizi
pubblici locali
Noi ecologisti riteniamo
che, anche in coerenza con l’esito
referendario del 2012, si debba andare nella direzione di un maggiore e rigoroso controllo pubblico delle gestioni dei servizi, a iniziare
da quello idrico integrato, almeno nella definizione di più stringenti criteri
di interesse pubblico, dei requisiti di qualità e dei controlli sui gestori,
affinché sia prevalente l’interesse pubblico rispetto a quello privato,
finanziario o speculativo. In coerenza
con l’esito referendario, nel rispetto della volontà popolare, andrebbe riconosciuto
che è solo un luogo comune che le gestioni privatistiche siano sempre da
preferire a quelle pubbliche. Molti casi si potrebbero segnalare, specie nelle
aree più “periferiche” del paese, nelle realtà sociali meno sviluppate, nel
meridione ancora condannato ad uno sviluppo rallentato. Oltre alla inefficienza
e incapacità dimostrata anche dalle gestioni private, si sono manifestati
fenomeni di monopolio, di posizioni dominanti che non tutelano i cittadini-utenti.
Vale per l’acqua come per i trasporti. Va evidenziato che i problemi di
inefficienza, di passività enormi, di eventuali casi di malaffare, ad una
analisi razionale, vanno imputati ai “decisori”, ai livelli politici e
istituzionali, che non sempre sanno essere eticamente corretti, specialmente
nel rapporto con le aziende dei servizi. Sono emersi anche problemi non solo di
inefficienza, ma anche di corruzione, in vari livelli dell’amministrazione,
della burocrazia locale, spesso neanche in grado di rapportarsi con le
strutture aziendali con la competenza e la consapevolezza delle caratteristiche
del soggetto imprenditoriale che ha di fronte. Senza il riconoscimento di
queste cause reali di inefficienza e passività si continuerà a oscillare tra fautori
del pubblico e del privato, in una discussione che alla fine diventa
aprioristica e ideologica. Le stesse considerazioni valgono anche per le
aziende pubbliche non destinate a fornire servizi pubblici di rilevanza
economica (aziende strumentali o “in house”). Nel lavoro di revisione della
spesa pubblica (di Cottarelli, all’epoca commissario), si sosteneva che secondo
i parametri utilizzati, una su quattro delle aziende pubbliche “non funzionava”:
ciò suscitò clamore mediatico, ma nessuno osservò che, al contrario, il 75% di
queste aziende in realtà rientrava nei parametri di funzionalità ed efficienza
utilizzati. Dunque, una riorganizzazione e una razionalizzazione efficiente è
possibile e necessaria, a partire dalla reale individuazione delle cause. Poi
si tratterà di far restare in mano pubblica quei servizi che è opportuno siano
garantiti dal pubblico, lasciando al privato quelli che è possibile e realmente
conveniente lasciare.
9. Economia circolare e gestione dei rifiuti
(da scrivere…)
10. Conclusioni
Un nuovo modello per Roma
deve essere costruito sulla base di esperienze
concrete, ma anche di grande capacità di innovazione e creatività. “Utopie
concrete” le definiva Alexander Langer, e mai come oggi certe utopie possono
diventare realtà. E non c’è luogo migliore di Roma, città
eterna, con le sue immense potenzialità, per mettere in pratica un progetto ambizioso
di radicale rinnovamento. La città che noi vogliamo è anche la città del
civismo, della cultura e della ricerca. Civismo per noi significa
comportamenti responsabili sia individuali che collettivi, significa attenzione
agli interessi generali e ai beni comuni. Significa sobrietà e una nuova
cultura del benessere. Significa ripristino della legalità violata. Significa
stili di vita rispettosi dell’ambiente per poter vivere meglio. Significa
vivere in una città sicura dove coesione sociale e solidarietà sono
l’ordinarietà. Significa avere una città capace non solo di offrire, ma anche
di produrre, cultura e creatività; di accogliere e di far crescere i progetti
di vita dei giovani; di contrastare i divari di genere; di trasformare
l’interculturalità in risorsa che si diffonde e arricchisce l’intera comunità.
Significa saper valorizzare la ricerca scientifica, quale opportunità
strategica del Paese che vuole cambiare. Tutto ciò significa anche nuovo lavoro
e nuova occupazione. Roma dovrà essere la città che guarda al mare come risorsa
preziosa per il turismo e per l’ambiente, la città che promuove la pace e
l’integrazione, la città che presta attenzione e risolve i problemi per chi è
diversamente abile e tanto altro ancora. È nella sua bellezza che Roma troverà
la forza per guardare al futuro, perché la bellezza è uno dei fattori decisivi
di competitività del nostro Paese.
Ecologisti Democratici, Roma 6 maggio 2016
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