Ma come dicevamo ci sono alcuni segnali che prevedono temporale. Innanzitutto il mancato appoggio ai radicali di Magi di raccogliere le firme per indire un referendum per chiedere ai romani se fossero favorevoli o meno alle Olimpiadi. Come si sa, i radicali non è che se la passino benissimo economicamente. Magi aveva chiesto qualche autenticatore sparso per Roma "aggratise" . Il niet della Raggi ha spento le ultime possibilità di raccogliere le residue 10.000 firme mancanti all'appello. Poi il vice sindaco che va a braccetto con Malagò e si fa fotografare sorridente accompagnate da dichiarazioni che dicono e non dicono e comunque non sono una chiusura. E poi ultime le dichiarazioni di Berdini, assessore all'urbanistica, che è un indipendente, e che in tempi recenti si era dichiarato contrario. Ora invece, in una dichiarazione recente, sembra più possibilista e disposto a trattare. A noi sembra una chiara strategia: la Raggi ed Associati hanno mandato avanti lui, che purtroppo si è prestato alla bisogna non sappiamo quanto scientemente, perché finora era apparso tra i membri della Giunta quello più decisamente contrario. Essendo poi vicino alla società civile romana e alle sue associazioni, non aderente al Movimento, è sembrato quello più adatto per sfondare il muro della opposizione alle Olimpiadi. Povero Paolo. Prevediamo a breve anche le sue dimissioni quando si renderà conto in che covo di serpentoni si è cacciato!
Ed ora puntualmente , annusato il pericolo, arriva la lettera dei tre massimi intellettuali della società civile romana insieme ad altri per richiamare la Sindaca al suo senso di responsabilità Tre gentiluomini costoro che al pari di Berdini non hanno ancora capito con chi hanno a che fare e si illudono che i loro appelli possano essere ascoltati e fare breccia nelle coscienze dei pentastellati.
Noi ce lo auguriamo, ma nutriamo scarse speranze.
Noi ce lo auguriamo, ma nutriamo scarse speranze.
Domenico Fischetto
Perché Roma non è adatta a ospitare le Olimpiadi e le Paralimpiadi del 2024
E’ guardandosi intorno, percorrendo le strade della Capitale dal centro all’estrema periferia che si comprende come Roma non sia in grado di ospitare nessun grande evento, portando ancora le cicatrici delle precedenti manifestazioni e le ferite stratificate di decenni di inadeguata amministrazione ordinaria.
Una città che non funziona per i suoi cittadini non funziona neanche per quelli che ci vengono per turismo, per lavoro, per studio, per investire. E neanche per gli atleti, per gli staff, per i giornalisti.
In una città economicamente fallita – con un debito storico che si aggira ora sui 14 miliardi, blindato nel 2008 e spalmato fino alle prossime generazioni – con una scia di opere incompiute – basti citare la Città dello sport a Tor Vergata, con due relitti che dovevano essere finiti per i Mondiali di nuoto del 2009 – o che si sono dilatate oltre ogni pessimistico pronostico di tempi e di costi – come la Metro C, che da Pantano doveva arrivare a Piazzale Clodio nel 2016 e che ancora non arriva alle mura del centro storico – è difficile avere fiducia nei cronoprogrammi e nei piani economici delle grandi opere. E soprattutto è difficile non vedere le migliaia di interventi che dovrebbero essere messi in agenda per restituire ai romani una qualità della vita degna delle altre capitali europee. Ai quali si aggiungono, dopo il tragico campanello d’allarme dei giorni scorsi, tutti gli interventi necessari per garantire la sicurezza in una città a rischio sismico.
Perché Roma è una città con uno straordinario patrimonio storico e archeologico lasciato andare in rovina perché non ci sono (o non si trovano) i fondi necessari per curarlo; è una città in cui il verde pubblico è in totale abbandono, in cui non si sfalciano più le aiuole neanche in centro, neanche in prossimità di fiori all’occhiello come il MAXXI di Zaha Hadid e l’Auditorium di Renzo Piano; è una città in cui le strade e le piazze sono cosparse di immondizie, in cui i tavolini di bar e ristoranti occupano abusivamente e impunemente lo spazio pubblico, dove le strade sono piene di buche e i marciapiedi non sono sicuri per chi ci cammina. Roma è una città con tanti quartieri in cui neanche esistono i marciapiedi. Periferie nate dalla speculazione o dall’abusivismo dove la distanza fisica dal centro corrisponde a un’incolmabile distanza sociale. Centinaia di migliaia di persone che bruciano una parte consistente della loro vita bloccate nel traffico o aspettando mezzi pubblici scarsi, lenti e malfunzionanti; una città con alcuni quartieri che sembrano usciti dal dopoguerra, dove non ci sono macerie ma mancano strade, fognature, elettricità.
E Mafia Capitale, l’intreccio di corruzione svelato dalle indagini giudiziarie dalla fine del 2014, non è finita. I suoi echi rimbalzano ogni giorno sulle pagine dei giornali e nelle aule giudiziarie. Le regole continuano ad essere aggirate e infrante da tanti pezzi della pubblica amministrazione, della politica, del mondo imprenditoriale, da tanti cittadini. Il degrado che si è impadronito fisicamente delle strade e di ogni spazio pubblico ha intaccato anche le comunità, la solidarietà, la dignità individuale e collettiva. L’unica risposta che ha saputo dare questa città stremata è stata il voto compatto a un soggetto politico che non ha passato e che ha promesso cambiamento. Un cambiamento anche rispetto alle Olimpiadi, dicendo chiaramente che Roma ha altre priorità da affrontare, prima di imbarcarsi in avventure dall’esito e dai vantaggi incerti.
Roma è una città con ferite e cicatrici profonde, che non guariranno in otto anni. Non guariranno mai, se non saranno affrontate con la serietà e la responsabilità di chi mette al primo posto le persone e l’interesse collettivo. E’ perfino offensivo offrire ai cittadini di Roma quello che dovrebbero avere di diritto nella forma di un modesto vantaggio collaterale da ritagliare a margine di una manifestazione sportiva.
Qualunque decisore che abbia a cuore il futuro di Roma dovrebbe sentire il dovere di portare la Capitale d’Italia a quegli standard di legalità, rispetto delle regole, vivibilità, tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale che ormai sono stati raggiunti da città con storie ben più difficili della nostra.
Propagandare le Olimpiadi del 2024 come un’occasione di riscatto per la città ricorda le tristi scenografie di cartapesta con cui a Roma, in tempi poi non così lontani, si nascondevano le miserie dei quartieri più poveri.
Tomaso Montanari, Salvatore Settis, Maria Pia Guermandi, Edoardo Salzano, Paolo Maddalena, Anna Maria Bianchi, Enzo Scandurra, Alberto Magnaghi, Giorgio Nebbia, Francesco Indovina, Piero Bevilacqua, Carlo Cellamare, Pancho Pardi, Maria Rosano, Paolo Cacciari, Giuseppe Boatti, Maria Teresa Filieri, Alfredo Antonaros, Gian Giacomo Migone, Jadranka Bentini, Michela Barzi, Giovanni Losavio, Paola Bonora, Mario Baccianini
hanno inoltre aderito:
Silvio Talarico, VAS Verdi Ambiente Società: Guido Pollice, Rodolfo Bosi, Alfio Rizzo…
Roma, 2 settembre 2016
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