Considerato un evento speciale, martedì e mercoledì di questa settimana a Roma,
è stato proiettato in un paio di sale
Heart of a Dog che è il primo
film (sperimentale?) di Laurie Anderson, la quale aveva già elaborato precedentemente
un documentario di un suo concerto del 1986. Il film della cantante-artista è
stato presentato in concorso alla Biennale di
Venezia 2016.
Heart of a Dog, che la Anderson ha voluto dedicare a Lou Reed, suo compagno scomparso tre anni fa, parla proprio della morte, riflette sul senso della perdita, tratta il tema dell’abbandono, il tutto prendendo spunto dalla vita e della morte della sua adorata cagnolina rat terrier Lolabelle. I racconti sono visivamente intensi, spesso costruiti con ironia come ad esempio la scena dell’ambientazione della cagnetta con tutti gli altri cani già presenti nel quartiere newyorkese, così pure la fuga in California, dopo l’11 settembre, alla scoperta della natura, del verde e perfino dei falchi, una minaccia che viene dall’alto cui Lolabelle non aveva mai pensato!
I
ricordi personali dell’autrice riaffiorano per associazione come in una seduta
psicoanalitica. Molti suoi pensieri sono rivolti alla morte della madre, evento
che l’ha segnata, e raccontandola Laurie ricorda l’apprezzamento della mamma
sulla sua abilità in mare per aver salvato i suoi fratellini gemelli caduti
nell’acqua gelida – una delle rare gratificazioni da parte della madre,
sembrerebbe di capire.
Così
la memoria va anche all’amico morto prematuramente, uno scultore che sezionava
le case forse perché, pensa Laurie, non aveva mai superato la separazione dei
suoi genitori. L’artista insegna al suo cagnolino a suonare una tastiera
elettrica, coadiuvata da un’addestratrice, specialmente quando Lolabelle,
diventata cieca, non aveva più coraggio di camminare ad esclusione delle corse serali
sulla spiaggia in riva al mare, quando era sicura di non essere minacciata.
Una buona
parte Laurie Anderson la dedica alla descrizione del “bardo” così come inteso
nella cultura tibetana. Il
bardo è lo stato della mente dopo la morte, lo stato “intermedio” prima della
reincarnazione. La mente acquisisce status
psichico simile a quello del sogno, è lo stato della mente dopo la morte, lo
stadio intermedio, quando la coscienza viene separata dal corpo. La durata
dello stato del bardo è di 49 giorni al massimo, ma in ogni momento può
assumere una nuova vita in uno dei sei reami descritti dalla cosmologia
Buddista. Lentamente il morto si distacca così dalle cose terrene, dalle
sensazioni, dalle emozioni, dai ricordi. In tal modo la perdita è vissuta sia
da chi abbandona la vita sia da chi viene abbandonato. In molte religioni la
perdita è, in qualche modo, attutita ipotizzando che i defunti rimangano vicino
ai vivi per almeno 40 giorni.
Anderson cita anche David
Foster Wallac «ogni storia d'amore è una storia di fantasmi», non esiste quindi
il lutto per l’autrice ma anzi la liberazione dell’amore.
Il
brano "Turning Time Around"
chiude il film che opera montaggi tra suoi disegni e le sue riprese. La voce
fuori campo di Laurie che ha voluto parlare in italiano accompagna la visione
per tutto il film.
Ghisi Grütter
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