3 settembre 2016

Recensione film: LA FAMIGLIA FANG regia di Jason Bateman


 

 Con Nicole Kidman, Christopher Walken, Jason Bateman, Josh Pais, Maryann Plunket, del 2015

 

 


Arte, narcisismo e paternità

 

Nel film La famiglia Fang si riscontrano almeno tre tematiche diverse:

- il rapporto realtà/finzione nell’arte in generale, ma nella performance art in particolare;

- il problema del rapporto genitori/figli quando quest’ultimi possono essere di ostacolo ai genitori artisti, oppure viceversa, coinvolti fin da bambini nelle performances. In tal modo i figli si sentono usati e non amati. Ne consegue una loro incapacità a spiccare il volo, a emanciparsi, a trovare la propria strada, attraverso quella “uccisione del padre” di cui la psicoanalisi tradizionale si è sempre occupata;

- il rapporto affettivo tra i fratelli solidali e complici, ma legati fin troppo in un certo legame al limite dell’incestuoso. Bella e significativa è la scena dei due bambini imbarazzati, costretti a recitare Romeo e Giulietta, inclusi i baci.

I tre argomenti trattati nel film - che immagino si trovino anche nel romanzo omonimo di Kevin Wilson - si rincorrono, si sovrappongono, ma sono trattati in modo un po’ affastellato e mai approfonditamente. Su ognuno di essi si sarebbe potuto impostare un film intero.

Siamo nel nord degli Stati Uniti, i protagonisti vivono tutti in case unifamiliari suburbane, e nel film vengono coperti 40 anni di vita. Caleb e Camilla Fang sono due performer artists che amano intervenire nel tessuto sociale per stupire e provocare reazioni della gente, spesso eccedendo. Sarà arte o truffa? Si chiedono i due giornalisti critici d’arte. Sembra che si debbano sempre superare nelle performances schockando sempre più la gente, pubblico inconsapevole. Personalmente conosco abbastanza bene questo genere di arte perché ho un vecchio amico artista, inserito nel filone performance art, che iniziò il suo percorso molti anni fa disegnando falsi segnali stradali, ubicandoli nella città e filmando le reazioni del pubblico. Pochi anni fa, travestito da San Matteo seduto su una savonarola di cartone, a piedi scalzi in una fredda mattina di novembre, si è posizionato davanti alla chiesa di San Luigi dei Francesi alludendo al quadro del Caravaggio trafugato alla chiesa durante la guerra – la prima versione di San Matteo e l’angelo.

Così i Fang vivono sempre in una sorta di border line tra la realtà e la finzione. Si feriscono? Il sangue sarà finto o sarà vero? Inventano false rapine in banca utilizzando il figlio piccolo come ladro, inscenando sparatorie e falsi feriti. Più in là con gli anni si accontenteranno di distribuire alla gente falsi coupons per fried chicken gratis, di fronte al baracchino che li vende, chiedendo ai figli di filmare la scena.

Caleb, il capofamiglia (un magnifico Christopher Walken) è di un narcisismo cosmico. È un padre castrante che non ha accettato l’abbandono dei figli, quindi li distrugge con critiche feroci: secondo lui Baxter (lo stesso Jason Bateman quasi più bravo come attore che come regista) scrive romanzi insulsi e Annie (la poco convincente Nicole Kidman eccessivamente botulinata) recita in filmacci. Non dico di più della storia per non togliere suspense - peraltro un po’ scarsa specialmente nella parte centrale che tratta della morte, vera o supposta, dei genitori di Annie e Baxter.

La famiglia Fang è un film che presenta belle fotografie, buona musica e attori bravi – a parte la Kidman che delude – anche nella versione di giovani e bambini nei lunghi flash-back, ma non riesce a coinvolgere totalmente. Forse manca di ritmo o forse qualche errore di trasposizione dal romanzo. E pensare che la scenegiattura è di David Lindsy Abaire,Premio Pulitzer nel 2007 per il dramma Rabbit Hole.

Ghisi Grütter

 

1 settembre 2016

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