24 settembre 2016

Recensione film:L'EFFETTO ACQUATICO regia di Sòlveig Anspach


 

 

Con Samir Guesmi, Florence Loiret-Caille, Philippe Rebbot, Didda Jónsdóttir, del 2016

 

 




Nel film L’Effetto Acquatico è raccontata una garbata favola d’amore, vissuta prevalentemente in acqua: dalla piscina municipale nella grigia periferia francese, alla sorgente di acqua calda termale islandese.

Il film ha il grande merito di farci vedere realtà meno esplorate dalla cinematografia ufficiale.

Nella banlieue parigina, a Montreuil - guarda caso il comune di nascita di Marie Riviére l’attrice preferita di Eric Rohmer - c’è una piscina comunale dedicata a Maurice Thorez - figura carismatica del Partito Comunista francese - dove la scontrosa Agathe (Florence Loiret-Caille) fa l’istruttrice di nuoto. Samir (Samir Guesmi), che lavora come addetto alla gru in un cantiere edile, se ne invaghisce e, per conoscerla, si iscrive appositamente a un corso di nuoto, fingendo di non saper nuotare. L’ingenuità e la timidezza di Samir finiscono per intenerire la maestra che, abbassata la guardia, si lascia andare a qualche tenerezza. Peccato che incidentalmente Samir sia costretto a mostrare di esserle un abile nuotatore! Agathe, sentitasi ingannata, parte per il X Convegno Internazionale di istruttori di nuoto a Reykjavik, in Islanda, dove è stata scelta a rappresentare la Francia. Samir le corre dietro e si trova a sostituire il rappresentante israeliano nel National Concert & Conference Centre progettato da Henning Larsen, premiato simbolo della rinascita del paese dopo la crisi finanziaria del 2008. La regista indugia a ragione su questo edificio considerato uno spigoloso, translucido e traforato teatro di un gioco d’ombra e di luci, dominato da elementi quali l’aria e l’acqua, in armonia con l’anima e la tradizione della vita quotidiana in Islanda.

Con la sua goffaggine Samir si troverà a improvvisare un discorso impapocchiando un ipotetico progetto di pace tra Israele e Palestina, che conquisterà tutti i delegati, ad esclusione di Agathe, sempre più indispettita dai suoi trucchetti menzogneri.

Varie vicende che non sto qui a narrare non guasteranno l’happy end di questo feel-good movie, del tutto prevedibile del resto.

Il film fornisce l’occasione di uno sguardo su questa nazione, che per alcuni versi può essere considerata un modello. La regista, di padre americano e madre islandese, descrive gli Islandesi con un misto di ironia e di ammirazione. Usciti da una grave crisi economica, ecologisti e animalisti, grandi lavoratori con doppie mansioni, gli Islandesi sono presentati con linearità e semplicità, molto diversi dai romantici e complicati francesi.

Sólveig Anspach è morta nell’agosto 2015 prima di terminare il montaggio del film che è stato ultimato dal co-sceneggiatore Jean-Luc Gadget e l’assistente al montaggio Anne Riégel. Il film fa parte di una trilogia, poco nota al pubblico italiano, iniziata con Back Soon del 2007 e Queen of Montreuil del 2012 ed è stato presentato nella sezione “Quinzaine des Réalisateurs” all’ultimo festival di Cannes nel 2015.

Ghisi Grütter

 

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