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Il suo successo è il nostro successo, il suo fallimento è il nostro fallimento. Non abbiamo più tempo da perdere.
Gentile Sindaca Raggi,
Mi chiamo Giulia Blasi e sono una cittadina di Roma, cittadina d’importazione che però è già riuscita a votare per tre sindaci, dei quali solo uno ha vinto le elezioni. Era quello che il Movimento 5 Stelle ha contribuito a far dimettere con motivazioni ridicole, facendo leva anche su un sospetto atto di pirateria informatica commesso da ignoti e appoggiando un atto di aperto sabotaggio interno da parte del PD romano. Quindi mi perdonerà se non sono mai stata troppo ben disposta nei confronti della vittoria della sua formazione politica nella città in cui vivo: per quel poco che ho potuto capire, il sindaco Marino andava sostenuto e non falciato. Criticato, certo, ma non deposto con la forza. Ma ormai è fatta, le elezioni le avete vinte – dico “avete” perché si tratta indubbiamente di un risultato conseguito, nel bene e nel male, da una squadra e non da una persona sola – e quindi dovete governare. È nell’interesse di tutti, anche degli elettori che non l’hanno votata, fare in modo che Roma riprenda quota, o quantomeno smetta di sprofondare (dal punto di vista metaforico e anche letterale, perché le voragini nell’asfalto sono all’ordine del giorno). Quanto segue è da intendersi come un appello sincero, una critica costruttiva da parte di una persona che vuole le stesse cose che vuole lei, anche se forse è in disaccordo sui metodi con cui ottenerle.
Quella che vede nella foto qui sopra è la strada sotto casa mia, e quelli sono i rami caduti dagli ailanti piantati nel parcheggio condominiale durante uno dei tanti fenomeni temporaleschi che colpiscono Roma in questa stagione. Dal colore delle foglie si può capire che quei rami sono lì da un po’, e intralciano il passaggio e l’uso del marciapiede. Sarebbe compito di AMA rimuoverli, credo, perché rappresentano un pericolo per chi sul marciapiede vorrebbe camminare: ma in quattro anni che vivo in questa zona, non ho mai visto operatori in azione. Né sul marciapiede sotto casa mia, né altrove. La strada è sporca, i rifiuti ingombranti si accumulano vicino ai cassonetti straripanti, quello della carta è stato danneggiato e somiglia in tutto e per tutto a quello dell’indifferenziato, per cui la gente distratta ci butta l’indifferenziato. Siccome sono affetta da una leggera sindrome ossessivo-compulsiva, ogni tanto butto i sacchi da un cassonetto all’altro, ma potrei farne a meno, perché quello della carta è comunque contaminato. E in ogni caso, dato che l’AMA la pago, mi aspetto anche che quel lavoro lo faccia la gente che pago.
Lei ha detto di aver organizzato una pulizia straordinaria: le posso dire, in tutta sincerità, che qui non si è visto niente. La strada era un po’ meno sporca in agosto, quando la gente va in vacanza e il quartiere chiude per ferie, ma pulizie straordinarie non ne sono state fatte. I sacchetti per la differenziata sono arrivati mesi fa, ma continuiamo ad avere i cassonetti per strada: la raccolta porta a porta è un miraggio lontano.
È solo un esempio, piccolo, di quello che sta succedendo nella zona in cui abito, una parte di Roma Est abbastanza vicina al centro, che sarebbe più vicina se ci si decidesse ad aprire la Metro C fino a piazza Venezia. Ma non si può avere proprio tutto, vero? Vero. Ma a questo punto ci si accontenterebbe anche solo di qualcosa. La prego, ci risparmi il ritornello sulla città trovata in “pessime condizioni”: lei vive a Roma, non a Lugano. Ci viveva da prima e sapeva a cosa andava incontro. Si è candidata alle elezioni amministrative sapendo di dover affrontare un mostro policefalo, che quando tagli una testa ne ricrescono due. Se non si sentiva pronta a farlo poteva continuare a fare l’avvocato: non c’è niente di male nel fare ognuno il proprio mestiere, così come non c’è niente di male nell’essere cittadini che esprimono un’opinione sulla città in cui vivono, organizzano gruppi di pressione, parlano, discutono, ma non si candidano.
Sindaca Raggi, voi avete vinto le elezioni: avevate il dovere di presentarvi il giorno dell’insediamento con una squadra pronta, a prova di bomba, e un programma attuabile che cominciasse a prevedere anche provvedimenti che non fossero prolungamenti di cose fatte da altre amministrazioni o dal commissario che ha retto Roma mentre voi vi organizzavate (male). Davanti a questa obiezione, i suoi sostenitori si esibiscono sempre nel grande numero del “Lasciatela lavorare”, cosa che io farei volentieri se lei, sindaca, stesse effettivamente lavorando, e non si fosse limitata finora a emanare comunicati via video su Facebook, come una YouTuber qualsiasi. Una sindaca convinta del suo operato si confronta con la stampa e accetta il dibattito pubblico: i commenti su Facebook non sono disintermediazione, sono al meglio una claque e al peggio un collettore di malumori senza costrutto. Sono passati tre mesi dalle elezioni, e non solo la squadra non c’è, ma quelli che erano stati scelti si sono dimessi e avete dovuto ricominciare da capo. Roba che sarebbe imbarazzante per un Consiglio d’Istituto.
E ora ci tocca pure sorbirci l’intervento dall’alto di Beppe Grillo, ideologo del vostro movimento, che annuncia che per ora lei può continuare a lavorare, ma che fra un paio d’anni le faranno “il tagliando”. Ecco, sindaca Raggi, lei ci sta a farsi trattare come un incrocio fra un’utilitaria e una ragazzina delle medie che ha battuto la fiacca durante il primo quadrimestre? È umiliante per lei ed è umiliante anche per noi, cittadini, ai quali viene negata la possibilità di fare direttamente una valutazione del suo operato. Grillo può restarsene a Genova, il “tagliando” eventualmente glielo faremo noi: adesso che è eletta, lei governa per tutti e non solo per i suoi. Ed è imbarazzante la disinvoltura con cui Grillo fa passare l’idea che l’opposizione alla candidatura di Roma alle Olimpiadi non sia una decisione della sindaca, che a Roma ci vive e lavora, ma del Movimento 5 Stelle; e che questa decisione arrivi a fronte di una dichiarata incapacità di far fronte al malaffare che domina la città. Non si fanno le Olimpiadi perché altrimenti gli imprenditori ci mangiano: il suo compito, sindaca, è fare in modo che nessuno “mangi” più niente, è bloccare i traffici criminali e le clientele non solo intorno agli eventi sportivi, ma in generale in tutta la vita commerciale e culturale di Roma. Il suo compito è fare in modo che i cittadini di Roma possano guardare al futuro con speranza e attesa, non inibire qualsiasi impeto di crescita per paura che possa complicarle la vita. Complicarsi la vita per rendere un po’ più semplice e piacevole la nostra noi è la cosa per cui la paghiamo, e pagheremmo eventualmente anche gli assessori che lei non è ancora stata in grado di nominare.
Perché se dovessi individuare una cosa che a Roma manca, più di ogni altra, più del decoro e della trasparenza e di strade percorribili e di mezzi efficienti e sostenibili, è un senso del futuro. I romani non ci credono più, non si riconoscono nella città, la accettano e quando possibile ne sfruttano le falle e le deficienze per tirare a campare, la amano odiandola, la guardano con tristezza e rabbia per tutta la sua bellezza sprecata, il suo potenziale soffocato. I romani, soprattutto i romani giovani, non hanno fiducia nel futuro, perché non riescono a crescere. Quelli bravi se ne vanno appena possono, sindaca, e se pensa che questo non influisca sullo sviluppo della città vuol dire che è ancora più scollegata dalla realtà di quanto sembri. Questo lei lo sa, essendo romana, e se non lo sa è il caso di capirlo. Gestire Roma non è solo una questione di far marciare la macchina della città, cosa che è senz’altro necessaria: gestire Roma significa anche dare alle persone che ci vivono, per nascita o per scelta, la possibilità di fiorire e farla fiorire. Significa farne un posto dove la gente vuole venire a vivere, come ora vuole andare a vivere a Milano o Berlino o Londra, perché qui si può creare qualcosa. Non solo “onestà”, quindi: l’onestà è il minimo sindacale, non una medaglia da appuntarsi sul petto. L’onestà e la capacità e la competenza le diamo per scontate, dobbiamo farlo, non possiamo applaudire ogni volta che qualcuno fa il suo lavoro in maniera appena accettabile. E guardarla mentre annaspa alla ricerca di assessori, fra dimissioni, avvisi di garanzia e gente che le dice “Ma manco morto”, aggiunge depressione alla depressione.
La prego: basta con i video su Facebook e i piagnistei contro i giornalisti. Si chiuda in un silenzio prudente, lavori a testa bassa, cominci a darci un segno di sapere che cosa fa. Faccia tacere il vociare costante dei suoi colleghi di partito, non ci serve, non ci interessa. È troppo tardi per fare una prima impressione, ma non è troppo tardi per dimostrare di essere in grado di svolgere il compito per cui è stata eletta. Io per prima voglio che lei ci riesca, ne va della mia città, del posto che più di tutti amo. Io voglio vivere qui, e voglio viverci felice e orgogliosa, non rassegnata.
Ah, e per favore: mandi l’AMA a pulirle davvero, le strade, non per finta.
Cordiali saluti,
Giulia
Mi chiamo Giulia Blasi e sono una cittadina di Roma, cittadina d’importazione che però è già riuscita a votare per tre sindaci, dei quali solo uno ha vinto le elezioni. Era quello che il Movimento 5 Stelle ha contribuito a far dimettere con motivazioni ridicole, facendo leva anche su un sospetto atto di pirateria informatica commesso da ignoti e appoggiando un atto di aperto sabotaggio interno da parte del PD romano. Quindi mi perdonerà se non sono mai stata troppo ben disposta nei confronti della vittoria della sua formazione politica nella città in cui vivo: per quel poco che ho potuto capire, il sindaco Marino andava sostenuto e non falciato. Criticato, certo, ma non deposto con la forza. Ma ormai è fatta, le elezioni le avete vinte – dico “avete” perché si tratta indubbiamente di un risultato conseguito, nel bene e nel male, da una squadra e non da una persona sola – e quindi dovete governare. È nell’interesse di tutti, anche degli elettori che non l’hanno votata, fare in modo che Roma riprenda quota, o quantomeno smetta di sprofondare (dal punto di vista metaforico e anche letterale, perché le voragini nell’asfalto sono all’ordine del giorno). Quanto segue è da intendersi come un appello sincero, una critica costruttiva da parte di una persona che vuole le stesse cose che vuole lei, anche se forse è in disaccordo sui metodi con cui ottenerle.
Quella che vede nella foto qui sopra è la strada sotto casa mia, e quelli sono i rami caduti dagli ailanti piantati nel parcheggio condominiale durante uno dei tanti fenomeni temporaleschi che colpiscono Roma in questa stagione. Dal colore delle foglie si può capire che quei rami sono lì da un po’, e intralciano il passaggio e l’uso del marciapiede. Sarebbe compito di AMA rimuoverli, credo, perché rappresentano un pericolo per chi sul marciapiede vorrebbe camminare: ma in quattro anni che vivo in questa zona, non ho mai visto operatori in azione. Né sul marciapiede sotto casa mia, né altrove. La strada è sporca, i rifiuti ingombranti si accumulano vicino ai cassonetti straripanti, quello della carta è stato danneggiato e somiglia in tutto e per tutto a quello dell’indifferenziato, per cui la gente distratta ci butta l’indifferenziato. Siccome sono affetta da una leggera sindrome ossessivo-compulsiva, ogni tanto butto i sacchi da un cassonetto all’altro, ma potrei farne a meno, perché quello della carta è comunque contaminato. E in ogni caso, dato che l’AMA la pago, mi aspetto anche che quel lavoro lo faccia la gente che pago.
Lei ha detto di aver organizzato una pulizia straordinaria: le posso dire, in tutta sincerità, che qui non si è visto niente. La strada era un po’ meno sporca in agosto, quando la gente va in vacanza e il quartiere chiude per ferie, ma pulizie straordinarie non ne sono state fatte. I sacchetti per la differenziata sono arrivati mesi fa, ma continuiamo ad avere i cassonetti per strada: la raccolta porta a porta è un miraggio lontano.
È solo un esempio, piccolo, di quello che sta succedendo nella zona in cui abito, una parte di Roma Est abbastanza vicina al centro, che sarebbe più vicina se ci si decidesse ad aprire la Metro C fino a piazza Venezia. Ma non si può avere proprio tutto, vero? Vero. Ma a questo punto ci si accontenterebbe anche solo di qualcosa. La prego, ci risparmi il ritornello sulla città trovata in “pessime condizioni”: lei vive a Roma, non a Lugano. Ci viveva da prima e sapeva a cosa andava incontro. Si è candidata alle elezioni amministrative sapendo di dover affrontare un mostro policefalo, che quando tagli una testa ne ricrescono due. Se non si sentiva pronta a farlo poteva continuare a fare l’avvocato: non c’è niente di male nel fare ognuno il proprio mestiere, così come non c’è niente di male nell’essere cittadini che esprimono un’opinione sulla città in cui vivono, organizzano gruppi di pressione, parlano, discutono, ma non si candidano.
Sindaca Raggi, voi avete vinto le elezioni: avevate il dovere di presentarvi il giorno dell’insediamento con una squadra pronta, a prova di bomba, e un programma attuabile che cominciasse a prevedere anche provvedimenti che non fossero prolungamenti di cose fatte da altre amministrazioni o dal commissario che ha retto Roma mentre voi vi organizzavate (male). Davanti a questa obiezione, i suoi sostenitori si esibiscono sempre nel grande numero del “Lasciatela lavorare”, cosa che io farei volentieri se lei, sindaca, stesse effettivamente lavorando, e non si fosse limitata finora a emanare comunicati via video su Facebook, come una YouTuber qualsiasi. Una sindaca convinta del suo operato si confronta con la stampa e accetta il dibattito pubblico: i commenti su Facebook non sono disintermediazione, sono al meglio una claque e al peggio un collettore di malumori senza costrutto. Sono passati tre mesi dalle elezioni, e non solo la squadra non c’è, ma quelli che erano stati scelti si sono dimessi e avete dovuto ricominciare da capo. Roba che sarebbe imbarazzante per un Consiglio d’Istituto.
E ora ci tocca pure sorbirci l’intervento dall’alto di Beppe Grillo, ideologo del vostro movimento, che annuncia che per ora lei può continuare a lavorare, ma che fra un paio d’anni le faranno “il tagliando”. Ecco, sindaca Raggi, lei ci sta a farsi trattare come un incrocio fra un’utilitaria e una ragazzina delle medie che ha battuto la fiacca durante il primo quadrimestre? È umiliante per lei ed è umiliante anche per noi, cittadini, ai quali viene negata la possibilità di fare direttamente una valutazione del suo operato. Grillo può restarsene a Genova, il “tagliando” eventualmente glielo faremo noi: adesso che è eletta, lei governa per tutti e non solo per i suoi. Ed è imbarazzante la disinvoltura con cui Grillo fa passare l’idea che l’opposizione alla candidatura di Roma alle Olimpiadi non sia una decisione della sindaca, che a Roma ci vive e lavora, ma del Movimento 5 Stelle; e che questa decisione arrivi a fronte di una dichiarata incapacità di far fronte al malaffare che domina la città. Non si fanno le Olimpiadi perché altrimenti gli imprenditori ci mangiano: il suo compito, sindaca, è fare in modo che nessuno “mangi” più niente, è bloccare i traffici criminali e le clientele non solo intorno agli eventi sportivi, ma in generale in tutta la vita commerciale e culturale di Roma. Il suo compito è fare in modo che i cittadini di Roma possano guardare al futuro con speranza e attesa, non inibire qualsiasi impeto di crescita per paura che possa complicarle la vita. Complicarsi la vita per rendere un po’ più semplice e piacevole la nostra noi è la cosa per cui la paghiamo, e pagheremmo eventualmente anche gli assessori che lei non è ancora stata in grado di nominare.
Perché se dovessi individuare una cosa che a Roma manca, più di ogni altra, più del decoro e della trasparenza e di strade percorribili e di mezzi efficienti e sostenibili, è un senso del futuro. I romani non ci credono più, non si riconoscono nella città, la accettano e quando possibile ne sfruttano le falle e le deficienze per tirare a campare, la amano odiandola, la guardano con tristezza e rabbia per tutta la sua bellezza sprecata, il suo potenziale soffocato. I romani, soprattutto i romani giovani, non hanno fiducia nel futuro, perché non riescono a crescere. Quelli bravi se ne vanno appena possono, sindaca, e se pensa che questo non influisca sullo sviluppo della città vuol dire che è ancora più scollegata dalla realtà di quanto sembri. Questo lei lo sa, essendo romana, e se non lo sa è il caso di capirlo. Gestire Roma non è solo una questione di far marciare la macchina della città, cosa che è senz’altro necessaria: gestire Roma significa anche dare alle persone che ci vivono, per nascita o per scelta, la possibilità di fiorire e farla fiorire. Significa farne un posto dove la gente vuole venire a vivere, come ora vuole andare a vivere a Milano o Berlino o Londra, perché qui si può creare qualcosa. Non solo “onestà”, quindi: l’onestà è il minimo sindacale, non una medaglia da appuntarsi sul petto. L’onestà e la capacità e la competenza le diamo per scontate, dobbiamo farlo, non possiamo applaudire ogni volta che qualcuno fa il suo lavoro in maniera appena accettabile. E guardarla mentre annaspa alla ricerca di assessori, fra dimissioni, avvisi di garanzia e gente che le dice “Ma manco morto”, aggiunge depressione alla depressione.
La prego: basta con i video su Facebook e i piagnistei contro i giornalisti. Si chiuda in un silenzio prudente, lavori a testa bassa, cominci a darci un segno di sapere che cosa fa. Faccia tacere il vociare costante dei suoi colleghi di partito, non ci serve, non ci interessa. È troppo tardi per fare una prima impressione, ma non è troppo tardi per dimostrare di essere in grado di svolgere il compito per cui è stata eletta. Io per prima voglio che lei ci riesca, ne va della mia città, del posto che più di tutti amo. Io voglio vivere qui, e voglio viverci felice e orgogliosa, non rassegnata.
Ah, e per favore: mandi l’AMA a pulirle davvero, le strade, non per finta.
Cordiali saluti,
Giulia
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