Insomma è finita come ci auguravamo che finisse: Roma non sarà
candidata ad organizzare le Olimpiadi nel 2024. L’annuncio è stato dato dalla
Sindaca Raggi: chiare , semplici e documentate parole come doveva essere.
La questione Olimpiadi è stata tirata troppo a lungo e
vista l’animosità con cui , specialmente da parte dei favorevoli, tale
candidatura è stata sostenuta più di un legittimo sospetto ci viene in mente. Ma
non vogliamo dare corpo a dietrologie.
Va bene così. Punto e accapo.
Ora la Sindaca , il suo ineffabile vice e tutta la
Giunta comincino a lavorare sul serio e soprattutto completino la squadra di governo.
Stiano attenti a non inciampare più. Perchè statisticamente hanno superato
la soglia degli errori imprevedibili e si stanno avvicinando pericolosamente a
quelli causati da improvvisazione ed incompetenza.
La città non si aspetta miracoli né tantomeno cose
eclatanti. Il lavoro ben fatto giorno per giorno, a testa bassa , senza clamore
e senza le luci della ribalta possono portare al raggiungimento di risultati importanti. Certo la pressione
mediatica è forte, e specialmente adesso dopo il No alla candidatura. Ma
quando uno governa certe cose se le deve aspettare, fanno parte del gioco. E lo
deve sapere bene soprattutto chi ha fatto della trasparenza , dell’onestà e del
rigore le sue parole d’ordine. Bisogna ora superare quella diffidenza che è
scaturita a seguito di tutte queste incertezze e balbettii a cui abbiamo assistito
in questi tre mesi di governo del Campidoglio. Bisogna recuperare la fiducia.
Secondo noi hanno ancora abbastanza filo da tessere e noi romani perdoniamo spesso
e dimentichiamo volentieri se alla prova dei fatti uno dimostra di saperci
fare. Non siamo né vendicativi né rancorosi. I banchi di prova sono tanti.
C’è l’imbarazzo della scelta. Forse
andrebbe migliorata la comunicazione .
I
monologhi su facebook vanno bene quando tutto fila liscio. Ma quando ti stanno
per tirare giù dalla poltrona i sorrisetti di circostanza e le paroline dolci e
ben educate non vanno più bene. Bisogna tirar fuori gli “attributi” e farsi
sentire senza tante chiacchiere e giri di valzer. E allora andare per municipi e organizzare delle sedute pubbliche,
una volta si chiamavano comizi, in cui si parli e si ascoltino i cittadini,
potrebbe essere un'idea . Ci
rendiamo conto : Roma non è una piccola città. Ci vogliono energie, ci vuole
tempo . Ma il cambiamento deve essere segnato anche da un cambio di rotta delle
relazioni istituzioni/cittadini. I social vanno bene per le comunicazioni di
servizio. Ma se devi parlare alla città allora devi incontrarla : mettendoci la
faccia con il sudore in fronte , la voce
roca e magari con il capello scompigliato. E allora....coraggio.
FATECI VEDERE QUELLO CHE SAPETE FARE
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