22 luglio 2016

Recensione film: IL PIANO DI MAGGIE regia di Rebecca Miller


IL PIANO DI MAGGIE

Regia di Rebecca Miller

Con Greta Gerwig, Ethan Hawke, Julianne Moore

 

La fiera dei narcisismi

In linea con certe commedie newyorkesi, ma senza averne lo stesso spessore umoristico, “Il Piano di Maggie” presenta la storia di Maggie (Greta Gerwig), una ragazza che, cresciuta sola con la madre, vuole riproporre, in qualche misura, la sua esperienza cercando di fare un figlio in provetta tutta da sola.

Vestita come una preppy anni ’60 Maggie Hardin non riesce proprio ad apparire sexy. Ciononostante John (Ethan Hawke) s’innamora di lei, o meglio, di ciò che Maggie riesce a fare per lui: fungendosi sua assidua lettrice e facendogli da sponda nella scrittura lo rende un bravo romanziere. Peccato che John abbia già una moglie, Georgette (Julianne Moore un po’ âgé per la parte), e due figli. In particolare, sua moglie è una donna di successo e in carriera: è Full Professor alla Columbia, molto presa da sé, dal suo lavoro e dalla sua immagine pubblica. In una New York più intuita che rappresentata, John e Maggie fanno una figlia assieme e si sposeranno, ma il lanciatissimo neo-scrittore sarà tanto preso dal suo lavoro da trascurare i tre figli, la seconda moglie e, forse un po’ meno, la prima moglie. Quindi, in un gioco di chi fa da spalla a chi, ognuno sfoga il proprio narcisismo su qualcun altro, mentre alla fine Maggie, la più umile, la meno colta, la più dimessa, da semplice spalla finirà a diventare la burattinaia che avrà in mano i tutti destini.

Film è verboso nello stile Woody Allen, ricco di citazioni colte e sapientone (guardacaso i suoi personaggi sono tutti professori!). Greta Gerwig è ormai destinata a questa versione alleniana in gonnella, nell’eterno ruolo di una ragazza slavata, un po’ goffa e passaguai. Il film però non possiede la verve di quelli di Noah Baumbach, il regista e compagno della Gerwig, autore già di “Francis Ha” del 2012 e di “Mistress America” del 2015, che hanno lanciato la Greta Gerwig in questo genere di personaggio femminile.

Rebecca Miller – figlia del grande Arthur – è alla sua quinta esperienza cinematografica; sicuramente più portata per la scrittura, esplora una sorta di “mumblecore, un genere ancora poco conosciuto nato in US all’inizio degli anni 2000, oggi nel pieno della sua crescita e del suo sviluppo. Si tratta di un cinema indipendente, prodotto con pochi soldi e affidato principalmente alla forza di dialoghi incessanti e inarrestabili, ma anche alla capacità di improvvisare degli interpreti.

Ghisi Grütter

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