30 luglio 2016

Recensione film: SEGRETI DI FAMIGLIA regia di Johachim Trier


SEGRETI DI FAMIGLIA

Di Johachim Trier

Con Isabelle Hupert, Gabriel Byrne, Jesse Eisenbergh, Devid Druid, Amy Ryan, David Stratharin.

Produzione Francia, Danimarca, Norvegia del 2015

 




 

Louder than bombs, in orignale, è un film intrigante che tratta di varie tematiche all’interno della stessa famiglia. La madre Isabelle Reed, la sempre intensa Isabelle Hupert, è una nota e apprezzata fotografa di guerra che si divide tra la famiglia e il senso della sua missione in cui una foto dice più di mille parole a sostegno dei deboli che siano del Kosovo, dell’Afganistan o del Libano.

A questo proposito mi permetto un inciso. Il noto fotogiornalista della Magnum Paolo Pellegrin - di cui ho riconosciuto due foto - alla domanda “se una foto può cambiare la storia” ha risposto: «Io non credo di potere cambiare la testa a nessuno, e non è questo il compito che mi sento addosso… le fotografie entrano in un circuito sociale, cariche di informazioni e di emozioni, acquistano nel loro vagare anche una vita propria, possono incontrare persone e coscienze e far nascere qualcosa. Una fotografia non è un'ideologia che stravolge le menti, è un seme: se sposta qualcosa lo fa piano, crescendo dentro chi la guarda…».

La storia della morte di Isabelle a tre anni di distanza ritorna centrale all’interno della sua famiglia nel momento che una Galleria di New York organizza una grande retrospettiva e il “New York Times” pubblica un articolo su di lei mettendo in evidenza le ragioni della sua morte, presumibilmente, non accidentali. Il figlio Jhonah (Jesse Eisenbergh) è docente di sociologia all’Università di Providence nel Rhode Island, è appena diventato padre di una bella bambina ma sembra esserne più spaventato che contento.

L’altro figlio più piccolo Conrad (Devid Druid) nella sua difficile adolescenza non parla mai, scappa dai rapporti con il padre, si rifugia nei videogames, play-stations e realtà virtuali, e cerca disperatamente di stabilire timidamente un rapporto con una compagna di scuola. La stranezza dei suoi comportamenti fa dire al fratello Jhonah “mica finirai a fare una strage a scuola?”

In un’elegante casa Shingle Style nello Stato di New York, si assiste a un processo di crisi dei valori familiari. Tutto ruota attorno alla figura del padre Gene (un bravo Gabriel Byrne) ex attore che ha rinunciato al suo lavoro per occuparsi dei figli date le numerose assenze materne, sempre in prima linea. Sembrerebbe non azzeccarne una, come marito è pigro e noioso, con il figlio adolescente non riesce a parlare e finisce per pedinarlo dopo avergli sentito pronunciare l’ennesima bugia. Non solo, ma da un paio di anni ha una relazione (nascosta) con la Professoressa di Conrad (Amy Ryan) e, quando il figlio lo scopre casualmente, i loro rapporti diventano ancora più tesi.

Con la scusa di dover mettere ordine nelle ultime foto della madre, Jhonah torna nella casa di famiglia da solo lasciando moglie e bimba appena nata. Qui viene preso dai ricordi, anche quelli affettivi con una compagna del college. Jhonah traccheggia nei confronti del suo rientro e non riesce a decidere. Finalmente il padre riuscirà a prendere in mano la situazione, ad abbracciare il figlio adolescente e a riportare a casa l’adultero.

Storie di vita intense, più o meno banali, peccato che il tutto ci venga raccontato con un montaggio di vari flash-back di anni diversi che ho l’impressione abbiano il ruolo di complicare ulteriormente (apparentemente?) la storia. Il critico Roberto Manassero in cineforumweb rileva che Johachim Trier, mentre non riesce a essere convincente nel suo dispiego di media come comunicazione contemporanea, riesce a fare grande cinema nel mettere in scena frammenti poetici di intimità come ad esempio la timidezza di Conrad che lascia un suo manoscritto sulla veranda della compagna di scuola o i due fratelli che parlano di emozioni dopo anni, sulle gradinate del campo di allenamento, come si usava nei film fino agli inizi degli anni ’90.
Il regista norvegese con Louder than bombs realizza il suo primo film in lingua inglese, quattro anni dopo che il suo Oslo. 31 August aveva ottenuto una nomination agli Oscar come Migliore Film Straniero

Ghisi Grütter

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