SEGRETI DI FAMIGLIA
Di
Johachim Trier
Con
Isabelle Hupert, Gabriel Byrne, Jesse Eisenbergh, Devid Druid, Amy Ryan, David
Stratharin.
Produzione
Francia, Danimarca, Norvegia del 2015
Louder than bombs,
in orignale, è un film intrigante che tratta di varie tematiche all’interno
della stessa famiglia. La madre Isabelle Reed, la sempre intensa Isabelle
Hupert, è una nota e apprezzata fotografa di guerra che si divide tra la
famiglia e il senso della sua missione in cui una foto dice più di mille parole
a sostegno dei deboli che siano del Kosovo, dell’Afganistan o del Libano.
A questo proposito mi permetto
un inciso. Il noto fotogiornalista della Magnum Paolo Pellegrin - di cui ho
riconosciuto due foto - alla domanda “se una foto può cambiare la storia” ha
risposto: «Io non credo di potere cambiare la testa a nessuno, e non è questo
il compito che mi sento addosso… le fotografie entrano in un circuito sociale,
cariche di informazioni e di emozioni, acquistano nel loro vagare anche una
vita propria, possono incontrare persone e coscienze e far nascere qualcosa.
Una fotografia non è un'ideologia che stravolge le menti, è un seme: se sposta
qualcosa lo fa piano, crescendo dentro chi la guarda…».
La storia
della morte di Isabelle a tre anni di distanza ritorna centrale all’interno
della sua famiglia nel momento che una Galleria di New York organizza una grande
retrospettiva e il “New York Times” pubblica un articolo su di lei mettendo in
evidenza le ragioni della sua morte, presumibilmente, non accidentali. Il
figlio Jhonah (Jesse Eisenbergh) è docente di sociologia all’Università di Providence
nel Rhode Island, è appena diventato padre di una bella bambina ma sembra
esserne più spaventato che contento.
L’altro
figlio più piccolo Conrad (Devid Druid) nella sua difficile adolescenza non
parla mai, scappa dai rapporti con il padre, si rifugia nei videogames, play-stations e realtà virtuali, e cerca disperatamente di
stabilire timidamente un rapporto con una compagna di scuola. La stranezza dei
suoi comportamenti fa dire al fratello Jhonah “mica finirai a fare una strage a
scuola?”
In
un’elegante casa Shingle Style nello
Stato di New York, si assiste a un processo di crisi dei valori familiari. Tutto
ruota attorno alla figura del padre Gene (un bravo Gabriel Byrne) ex attore che
ha rinunciato al suo lavoro per occuparsi dei figli date le numerose assenze
materne, sempre in prima linea. Sembrerebbe non azzeccarne una, come marito è
pigro e noioso, con il figlio adolescente non riesce a parlare e finisce per
pedinarlo dopo avergli sentito pronunciare l’ennesima bugia. Non solo, ma da un
paio di anni ha una relazione (nascosta) con la Professoressa di Conrad (Amy
Ryan) e, quando il figlio lo scopre casualmente, i loro rapporti diventano
ancora più tesi.
Con
la scusa di dover mettere ordine nelle ultime foto della madre, Jhonah torna
nella casa di famiglia da solo lasciando moglie e bimba appena nata. Qui viene
preso dai ricordi, anche quelli affettivi con una compagna del college. Jhonah traccheggia nei
confronti del suo rientro e non riesce a decidere. Finalmente il padre riuscirà
a prendere in mano la situazione, ad abbracciare il figlio adolescente e a
riportare a casa l’adultero.
Storie
di vita intense, più o meno banali, peccato che il tutto ci venga raccontato
con un montaggio di vari flash-back
di anni diversi che ho l’impressione abbiano il ruolo di complicare ulteriormente
(apparentemente?) la storia. Il critico Roberto Manassero in cineforumweb rileva che Johachim
Trier, mentre non riesce a essere convincente nel suo dispiego di media come comunicazione contemporanea, riesce
a fare grande cinema nel mettere in scena frammenti poetici di intimità come ad
esempio la timidezza di Conrad che lascia un suo manoscritto sulla veranda
della compagna di scuola o i due fratelli che parlano di emozioni dopo anni,
sulle gradinate del campo di allenamento, come si usava nei film fino agli
inizi degli anni ’90.
Il regista norvegese con Louder
than bombs realizza
il suo primo film in lingua inglese, quattro anni dopo che il suo Oslo. 31 August aveva ottenuto una nomination agli Oscar come Migliore Film
StranieroGhisi Grütter
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