Forum nazionale dei Movimenti per la Terra e il
Paesaggio
“Salviamo il Paesaggio - Difendiamo i Territori”
Proposta di
legge d’iniziativa popolare.
NORME PER L’ARRESTO DEL CONSUMO DI SUOLO
E PER IL RIUSO DEI SUOLI URBANIZZATI
A cura del Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico
multidisciplinare del Forum
nazionale Salviamo il Paesaggio.
Coordinamento di Alessandro Mortarino e Federico Sandrone.
31 gennaio
2018
PROPOSTA
DI LEGGE DEL
FORUM
ITALIANO DEI MOVIMENTI PER LA TERRA E IL PAESAGGIO
SALVIAMO IL PAESAGGIO, DIFENDIAMO I TERRITORI
NORME PER
L’ARRESTO DEL CONSUMO DI SUOLO E PER IL RIUSO DEI SUOLI URBANIZZATI
Premessa
Nell’ottobre 2011 a Cassinetta di Lugagnano (Milano)
si è costituito il Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio
(più noto come Forum Salviamo il Paesaggio), una Rete civica nazionale a cui
aderiscono attualmente oltre 1.000 organizzazioni e molte migliaia di cittadini
a livello individuale.
Sin dalla sua costituzione, il Forum ha delineato
come proprio principale obiettivo la necessità di favorire la promulgazione di
una norma nazionale in grado di contrastare efficacemente quella che viene
considerata come una emergenza conclamata: il consumo di suolo.
Per stimolare il ruolo attivo del Parlamento e delle
forze politiche, il Forum Salviamo il Paesaggio ha sviluppato nel corso degli
anni molteplici azioni e appoggiato l’iniziativa - avviata nel 2012 dal Governo
Monti e promossa dall’allora ministro alle Politiche agricole Mario Catania -
di un disegno di legge incentrato sul contenimento del consumo di suolo
agricolo.
Tale DdL fu accolto dal Forum Salviamo il Paesaggio
come un primo passo nell’auspicata direzione, pur sottolineandone alcuni limiti
puntualmente accompagnati da precise proprie “osservazioni” documentate e
trasmesse al Parlamento.
A distanza di oltre 5 anni, il DdL non è stato ancora
approvato e, secondo le valutazioni del Forum Salviamo il Paesaggio, si è
progressivamente svuotato di contenuti e di parametri netti in grado di
fronteggiare adeguatamente “l’emergenza
consumo di suolo”.
Per questo motivo il Forum ha ritenuto indispensabile
elaborare un nuovo testo normativo volto a mettere fine al consumo di suolo e
quindi non limitarlo al suo semplice “contenimento”, da proporre come
riferimento per iniziative parlamentari tese a dotare il nostro Paese di una
chiara, inequivocabile, costruttiva normativa a tutela dei suoli ancora liberi,
compresi quelli all’interno dell’area urbanizzata, utile
a risolvere anche i problemi dell’enorme patrimonio edilizio inutilizzato ed in
stato di abbandono.
Qualora le forze parlamentari non mostrassero
l’attenzione necessaria per azioni conseguenti, costituirebbe comunque la base
per una grande campagna nazionale promossa dalle forze sociali, civiche ed
economiche, anche in forma di proposta di legge d’iniziativa popolare.
Tra l’ottobre 2016 e il gennaio 2017 all’interno del
Forum è stato costituito un apposito gruppo di lavoro tecnico-scientifico
multidisciplinare, formato da 75 persone: architetti, urbanisti, docenti
universitari, ricercatori, pedologi, geologi, agricoltori, agronomi, tecnici
ambientali, giuristi, avvocati, giornalisti/divulgatori, psicanalisti, tecnici
di primarie associazioni nazionali, sindacalisti, paesaggisti, biologi ecc.
Coordinato da Alessandro Mortarino e da Federico
Sandrone, il Gruppo si è avvalso della partecipazione di:
Pier Luigi
Albini, saggista ed editor
Averardo
Amadio, presidente onorario WWF Veneto
Claudio Arbib,
Università dell’Aquila
Luciano Belli Laura,
architetto
Massimiliano
Bencardino, Università di Salerno
Paolo Berdini,
urbanista
Tullio
Berlenghi, giurista esperto di diritto ambientale
Elena Berta,
agronomo
Eugenio Berti,
tecnico Sistema informativo territoriale, Comune Vicenza
Paola Bonora,
Università di Bologna e autrice di “Fermiamo il consumo di suolo”
Morena
Bragagnolo, Dottore in scienze ambientali
Claudio Buizza,
architetto
Alessandro
Buscaroli, pedologo, Università Bologna
Luisa Calimani,
architetto
Francesco
Cancellieri, ingegnere componente dell’Osservatorio Regionale per la
Qualità del Paesaggio, Regione Sicilia Anna Maria Ceci, planner/pianificazione
territoriale
Enrico Cerrato,
consulente informatico, esperto in rifiuti ed educazione ambientale
Aldo
Cucchiarini, guida ambientale escursionistica/Mountain Wilderness Marche
Stefano
Deliperi, Gruppo d’intervento giuridico/GRIG
Luigi Di Marco,
architetto e urbanista
Damiano Di
Simine, Legambiente/People4Soil
Giorgio
Ferraresi, già docente Politecnico Milano
Daria Ferrari,
pianificatore del territorio
Marino Ferrari,
architetto
Domenico
Finiguerra, già Sindaco di Cassinetta di Lugagnano
Sante Foresta,
Università Reggio Calabria
Antoine
Fratini, psicoanalista
Domenico
Gattuso, Università Reggio Calabria, esperto di Trasporti Equo-Sostenibili Gioia Gibelli, architetto del paesaggio
Giacinto Giglio,
architetto
Angela Maria
Pia Giudiceandrea, esperta in educazione ambientale
Adriano Gucci,
portavoce Comitato campigiano No al Nuovo Aeroporto di Firenze Jasmine La Morgia, geologo
Teresa Lapis,
insegnante di Diritto
Camillo Leonardi,
architetto
Salvatore Lo
Balbo, responsabile Cgil Sicilia Dipartimento Politiche Territorio, Aree
Urbane e Abitative Raffaele Lopez,
geologo ambientale
Renata Lovati,
Donne in Campo/Cia
Paolo
Maddalena, Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale
Luca Martinelli,
giornalista
Pier Giorgio
Massaretti, Università Bologna/Ravenna
Maurizio Mattioli,
avvocato
Luca Mercalli,
presidente Società Meteorologica Italiana
Ljuba Molinari
Vigliotta, architetto paesaggista e urbanista
Emanuele Montini,
avvocato specializzato in diritto urbanistico e del paesaggio
Alessandro Mortarino,
giornalista
Michele Munafò,
ingegnere per l’ambiente e il territorio/Ispra Edoardo Musci, tecnologo
forestale/ambientale
Eriuccio Nora,
pianificatore territoriale
Emilio Padoa Schioppa, Università di
Milano Bicocca/SIEP-Società Italiana di Ecologia del Paesaggio Franco Paolinelli, agronomo forestale Marco Papi, agricoltore professionale
Antonio Perrotti,
architetto
Giovanna Pezzi,
Università di Bologna/Federazione Pro Natura
Riccardo Picciafuoco,
architetto
Paolo Pileri,
Politecnico Milano
Cinzia
Pradella, biologa/educatrice ambientale
Sergio Pratali Maffei,
architetto
Redazione di
Altreconomia (Duccio Facchini, Pietro Raitano)
Francesca
Rocchi, Vice Presidente Slow Food
Massimo Rovai,
Università di Pisa
Federico
Sandrone, tecnico comunale
Riccardo
Santolini, Università Urbino/SIEP-Società Italiana di Ecologia del
Paesaggio
Dante Schiavon,
Angeli del Suolo
Danilo
Selvaggi, direttore generale Lipu-BirdLife Italia Alvaro Standardi, già
docente Università di Perugia
Pietro Tarallo,
giornalista
Tiziano
Tempesta, Università di Padova
Fabio
Terribile, pedologo/Università di Napoli
Marino Trizio,
perito agrario
Sauro Turroni,
architetto
Massimiliano
Vavassori, direttore Centro Studi Touring Club Italiano Paolo Venezia M., antropologo
Luca Verducci,
videomaker
Raffaelo
Visentini, architetto pianificatore conservatore
Damiano
Stefano Volante, gestore finanziario con competenza in materia
Ambientale/Urbanistica
Il frutto del loro prezioso lavoro è il testo
normativo che segue, redatto in forma collettiva da tutti i componenti del
Gruppo e condiviso nella sua sintesi finale
dall’approvazione dell’intera assemblea degli aderenti al Forum (organizzazioni
e singoli cittadini) e dalla validazione conclusiva di alcuni giuristi.
È un testo importante, che tiene conto delle diverse
visioni di tutti i componenti del Gruppo e delle loro rispettive competenze
disciplinari.
Una norma che definisce in modo finalmente esaustivo
ciò che deve essere giuridicamente inteso come “suolo” e “consumo di suolo”
e stabilisce le regole per tutelare e salvaguardare un fondamentale bene comune
che rappresenta una risorsa non rinnovabile e non sostituibile nella produzione
di alimenti e di servizi ecosistemici, nella trasformazione della materia organica,
nel ciclo dell’acqua e nella mitigazione dei cambiamenti climatici.
Il suolo è da intendersi come lo strato superficiale
della Terra, la pelle viva del pianeta Terra. Una pellicola fragile. Nel suolo
vivono miliardi di creature viventi, un quarto della biodiversità di tutto il
pianeta (fonte:
http://www.fao.org/resources/infographics/infographics-details/en/c/285727/). I
soli microrganismi possono essere oltre un miliardo in un solo grammo di suolo,
ma nello stesso grammo si possono contare oltre 10.000 specie diverse. Tutti
questi organismi viventi sono fondamentali per la genesi e la fertilità dei
suoli e contribuiscono al suo armonico sviluppo che richiede tempi lunghissimi,
pari ad alcune migliaia di anni: stiamo quindi parlando di una risorsa finita
non rinnovabile e per questo preziosa almeno al pari dell’acqua, dell’aria e
del sole.
Se si ricopre una parte di suolo con cemento o
asfalto, si altera per sempre la sua natura e si perdono inevitabilmente le sue
funzioni caratterizzanti.
Che il consumo di suolo sia un’emergenza assoluta è
confermato dall’analisi dei dati offerti dagli enti pubblici ISPRA e ISTAT.
Secondo l’ISPRA (2017 -
http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici),
infatti, il consumo di suolo in Italia non conosce soste, pur segnando un
importante rallentamento negli ultimi anni: tra il 2013 e il 2015 le nuove
coperture artificiali hanno riguardato ulteriori 250 chilometri quadrati di
territorio, ovvero - in media - circa 35 ettari al giorno (una superficie pari
a circa 35 campi di calcio ogni giorno).
Una velocità di trasformazione nell’ultimo periodo di
circa 4 metri quadrati di suolo irreversibilmente perduti ogni secondo.
Dopo aver toccato anche gli 8 metri quadrati al
secondo negli anni 2000 (tra i 6 ed i 7 metri quadrati al secondo è la media
degli ultimi 50 anni), il rallentamento iniziato nel periodo 2008-2013 a causa
della crisi economica si è consolidato negli ultimi due anni con una velocità
ridotta di consumo di suolo, che continua però, sistematicamente e
ininterrottamente, a ricoprire aree naturali e agricole con asfalto e cemento,
fabbricati residenziali e produttivi, centri commerciali, servizi e strade.
I dati
della rete di monitoraggio dell’Istituto di Protezione Superiore Ambientale
mostrano come, a livello nazionale, il suolo consumato sia passato dal 2,7%
degli anni ’50 al 7,6% stimato per il 2016, con un incremento di 4,3 punti
percentuali (1,2% è l’incremento registrato tra il 2013 e il 2015) e una
crescita del 159%.
In termini assoluti, il consumo di suolo si stima
abbia intaccato ormai oltre 23.000 chilometri quadrati del nostro territorio.
Poiché il nostro Paese è per circa il 35% a carattere montuoso, la
cementificazione ha eroso le aree di pianura, le più fertili, che rappresentano
circa il 23% dell’intera superficie del nostro Paese (quasi un quarto) e
un’ampia parte di quel restante 42% di superficie composto di colline di
altezza inferiore agli 800 metri.
Altro fattore di criticità è rappresentato
dall’occupazione caotica di suoli derivata dalla dispersione insediativa
(sprawl), che provoca la frammentazione e disgregazione dei paesaggi che si
sono sedimentati nel tempo per opera dell’uomo. Un patrimonio collettivo che
riassume in sé valori storici, culturali e di appartenenza, fondamentale per il
benessere dei cittadini e delle comunità, oltre che importante risorsa per
forme di turismo sociale ed ecologico-naturalistico.
Inoltre, il fenomeno dell’accaparramento delle terre
(land grabbing) porta a una perdita di proprietà dei suoli da parte di piccole
e medie aziende agricole, disperdendo così un requisito importante per la
gestione sostenibile sociale ed ecologica del territorio. Il terreno è sempre
più visto come opportunità d’investimento finanziario e oggetto di forte
speculazione da parte di multinazionali e grandi investitori, sia europei che
stranieri. La concentrazione di terreni agricoli nelle mani di pochi attori,
che poco si preoccupano degli equilibri ecosistemici dei suoli, produce
profonde conseguenze sociali, culturali, economiche e politiche e porta alla
uniformizzazione e banalizzazione dei paesaggi. Per l’Italia (vedi rapporto
basato sull’elaborazione dei dati EUROSTAT: Extent
of Farmland Grabbing in the EU http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2015/540369/IPOL_STU(2015)540369_EN.pdf),
si stima che il 26,2% della superficie agricola utile sia già in mano all’1%
dei proprietari fondiari con superfici superiori ai 100 ha. Se prima in Italia
erano gli investimenti statunitensi a fare la parte del leone, ora sono le
compagnie cinesi che si interessano sempre più a terreni e aziende agricole.
Analoga criticità per tutta l’Unione Europea ha portato alla Risoluzione del
Parlamento europeo (P8_TA(2017)0197) del 27 Aprile 2017- dal titolo “Situazione della concentrazione agricola
nell’UE:
come
agevolare l’accesso degli agricoltori alla terra”
(http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2017-0197+0+DOC+XML+V0//IT).
Grazie alle analisi contenute nel rapporto ISPRA
2017, si evidenziano, inoltre, i costi generati dal consumo di suolo in termini
di perdita di servizi ecosistemici (l’approvvigionamento di acqua, cibo e
materiali, la regolazione dei cicli naturali, la capacità di resistenza a
eventi estremi e variazioni climatiche, il sequestro del carbonio - valutato in
rapporto non solo ai costi sociali ma anche al valore di mercato dei permessi
di emissione - e i servizi culturali e ricreativi), solitamente sottostimati o
non contabilizzati. Questi si aggiungono alle spese e agli ulteriori consumi di
risorse naturali necessari per infrastrutture, servizi e manutenzioni che la
nuova edificazione richiede.
A livello nazionale i costi diretti derivati da
queste perdite sono dovuti soprattutto alla mancata produzione agricola (51%
del totale, oltre 400 milioni di euro annui tra il 2012 e il 2015) poiché il
consumo invade maggiormente le aree destinate a questa primaria attività,
ridotta anche a causa dell’abbandono delle terre. Una perdita grave perché non
rappresenta una semplice riduzione, bensì un annullamento definitivo e
irreversibile.
Il mancato sequestro del carbonio pesa per il 18% sui
costi dovuti all’impermeabilizzazione del suolo, la mancata protezione
dell’erosione incide per il 15% (tra i 20 e i 120 milioni di euro annui) e i
sempre più frequenti danni causati dalla mancata infiltrazione e regolazione
dell’acqua rappresentano il 12% (quasi 100 milioni di euro annui).
Altri servizi forniti dal suolo libero, soprattutto
se coperto da vegetazione e ridotti a causa del
suo consumo, sono la rimozione del particolato e l’assorbimento dell’ozono,
cioè un suolo sano migliora la qualità dell’aria essendo il luogo fisico dove
si completa la chiusura dei cicli biogeochimici dei principali elementi
componenti lo smog atmosferico. In Italia si è registrato il record di malattie
e morti premature imputabili all’inquinamento atmosferico, contabilizzate nell’ultimo
rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, per oltre 90.000 morti
premature/anno (cfr. European Environment Agency - Air quality in Europe -
report 2016, tab. 10.1 pag. 60), con una perdita stimata dall’OCSE nel recente
rapporto 2016 “The economic consequences of outdoor air pollution” in 360
miliardi di dollari di danno economico a carico dei 4 paesi dell’UE più grandi
(tra cui l’Italia), in aumento a 540 miliardi
in proiezione al 2030. Specificamente per l’Italia, il danno economico
per le esternalità collegate alla salute dei cittadini da inquinamento
dell’aria è ancora ricalcolato in oltre 47 miliardi/anno nel III rapporto della
Commissione Europea “State of the Energy Union” del 23 novembre 2017 (cfr. SWD
Energy Union Factsheet Italy). In un paese che sta invecchiando ad un ritmo
superiore al tasso di ricambio generazionale sarebbe da irresponsabili non
fermare il consumo di suolo subito.
Il suolo svolge inoltre un ruolo importante per
l’impollinazione e la regolazione del microclima urbano. La riduzione di
quest’ultima funzione ha pesanti riflessi sull’aumento dei costi energetici:
l’impermeabilizzazione del suolo causa un aumento delle temperature di giorno
e, per accumulo, anche di notte.
In sintesi il dato nazionale evidenzia che la perdita
economica di servizi ecosistemici è compresa tra i 538,3 e gli 824,5 milioni di
euro all’anno, che si traducono in una perdita per ettaro compresa tra i 36.000
e i 55.000 euro.
Un circolo vizioso che, visti i numeri, genera un
dubbio: dov’è la convenienza pubblica di ingiustificati interventi di
edificazione con ritorno economico limitato al breve periodo? Quanto contano
tributi e oneri incassati se poi gli interventi si rivelano evidentemente
antieconomici e destinati a perdere valore, oltre che a richiedere una costante
manutenzione? La mancata compensazione costi-benefici non dovrebbe già da sola
far propendere per limitare al massimo opere di cementificazione quali esse
siano?
L’esponenziale consumo di suolo che ha caratterizzato
gli ultimi 50 anni del nostro sviluppo non corrisponde ad autentiche esigenze
produttive e/o abitative e ad effettivi bisogni sociali: secondo l’ISTAT nel
nostro Paese sono presenti oltre 7 milioni di abitazioni non utilizzate, 700
mila capannoni dismessi, 500 mila negozi definitivamente chiusi, 55 mila
immobili confiscati alle mafie. “Vuoti a perdere” che snaturano il paesaggio e
le comunità a contorno.
Tutto ciò a fronte di un andamento demografico
(dovuto essenzialmente dall’ingresso di nuova popolazione dall’estero) che
indica una crescita debole, tanto è vero che nel triennio 2012-2016 le morti
hanno superato le nascite; nel 2016 la popolazione italiana era pari a
60.665.552 di residenti, sostanzialmente stabile dal 2014, mentre dieci anni
prima si attestava a 58.064.214. L’ISTAT fotografa ora una situazione 2017
ancor più riduttiva, con una popolazione attuale di 60.579.000 persone, circa
86 mila in meno rispetto al 2016.
Secondo i dati di Scenari Immobiliari (Istituto
indipendente di studi e di ricerche che analizza i mercati immobiliari e, in
generale, l’economia del territorio in Italia ed in Europa) gran parte degli
edifici di nuova costruzione oggi in vendita nel nostro Paese sono stati
costruiti diversi anni fa e registrano nel 2015 un invenduto pari a 90.500
unità (abitazioni ancora in costruzione e non ancora sul mercato escluse), nel
contempo sono presenti immobili vetusti e quasi inutilizzabili che avrebbero
invece bisogno di essere ristrutturati e riqualificati con evidenti benefici
sia economici sia di decoro e senza gravare sul suolo libero.
Occorre inoltre aggiungere che la crisi
economico-finanziaria di questi anni ha sedimentato in seno agli istituti
bancari una grande quantità di immobili, pignorati in parte a cittadini
“impoveriti” e, in prevalenza, alle imprese del settore impegnate in operazioni
edilizie fallite per esubero di offerta. Non a caso i principali istituti di
credito hanno aperto un filone “real
estate” per smaltire un patrimonio in progressiva svalutazione che grava
sui loro bilanci. Le principali sofferenze derivano dal comparto costruzioni e
immobiliare, con il 41,7% dei prestiti deteriorati (fonte: Banca d’Italia,
settembre 2016).
Una quota molto importante, che denuncia un’economia
sbilanciata, troppo esposta su questo settore.
Un altro elemento è costituito dai costi enormi
legati alla dismissione dei centri commerciali e/o capannoni (demalling)
obsoleti o chiusi per fallimenti economici come accade con sempre maggiore
frequenza: per il loro abbattimento o riuso sono necessari comunque ingenti
esborsi di denaro, spesso pubblico, per mantenere almeno decoroso il luogo. Va inoltre incentivato il riuso dei capannoni
dismessi in caso di necessità di nuovi insediamenti produttivi o ampliamento di
insediamenti produttivi esistenti, per il tramite di specifiche agevolazioni
fiscali.
Altro effetto deleterio sul consumo è la
frammentazione della maglia agraria prodotta dalle infrastrutture viarie che,
spesso, lasciano pezzi di suolo agricolo non più utilizzabili perché residuali
o difficilmente accessibili.
Il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e
forestali ci ricorda, inoltre, che il nostro Paese è in grado, oggi, di
produrre appena l’80-85% del proprio fabbisogno primario alimentare, contro il
92% del 1991. Significa che se, improvvisamente, non avessimo più la
possibilità di importare cibo dall’estero, ben 20 italiani su 100 rimarrebbero
a digiuno e che quindi, a causa della perdita di suoli fertili, il nostro Paese
oggi non è in grado di garantire ai propri cittadini la sovranità
alimentare.
La Superficie Agricola
Utilizzata (SAU) si è ridotta a circa 12,7
milioni di ettari con 1,7 milioni di aziende agricole, superficie che nel 1991
era quasi 18 milioni di ettari.
Nel complesso il comparto agroalimentare produce un
giro di affari annuale di 26,58 miliardi di euro, di cui 14 in agricoltura,
11,4 in zootecnia ed 1,18 in acquacoltura, con un’occupazione totale di circa
600.000 unità lavorative e 42.000 ettari di serre (che non sono considerate
suolo agricolo).
Gli unici prodotti agricoli che eccedono il
fabbisogno interno riguardano vino, riso e ortofrutta, produzioni tra l’altro
caratterizzate da metodi intensivi ed estensivi. Tutti gli altri prodotti
agroalimentari devono essere importati, per esempio: - agrumi (la produzione italiana copre il 98%
dei consumi interni), - grano duro
(65%)
- grano
tenero (38%)
- mais
(81%)
- olio
di oliva e sansa (74%) - orzo (56%) -
patate (80%).
Si rammenta che tali produzioni sono rese possibili
da una forte “iniezione” di fonti fossili, come agrofarmaci e concimi chimici,
che hanno progressivamente impoverito il suolo agrario della essenziale
capacità di autorigenerarsi. L’uso della
chimica di sintesi in agricoltura è riconducibile alla contrazione della SAU.
Tale contrazione favorisce, su superfici agricole sempre più ridotte, l’uso dei
fertilizzanti chimici allo scopo di aumentare la resa per ettaro.
Secondo il Grantham Centre for Sustainable Futures
dell’Università di Sheffield il nostro Pianeta ha già perso un terzo del suo
terreno coltivabile - a causa dell’erosione o dell’inquinamento - negli ultimi
40 anni, con conseguenze definite disastrose in presenza di una domanda globale
di cibo che sale alle stelle: quasi il 33% del terreno mondiale adatto o ad
alta produzione di cibo è stato perduto a un tasso che supera il ritmo dei
processi naturali in grado di sostituire il suolo consumato.
Per di più le terre emerse rappresentano solo il 30%
della superficie terrestre (l’8% ad altitudini superiori ai 1.000 metri, quindi
scarsamente coltivabili a fini alimentari), di cui le aree “sfruttabili” per la
coltivazione in maniera naturale (cioè senza impianti idrici o di drenaggio
artificiali) sono appena l’11%: la questione dell’agricoltura e del cibo è tra
le più rilevanti priorità del nostro tempo. Nel 2050 la popolazione mondiale
supererà i 9 miliardi di persone e risulta pertanto necessario incrementare la
produzione agricola in Italia e nel mondo di almeno il 30%.
Inoltre deve essere considerata la dinamica dei
processi dei cambiamenti climatici, con perdita di biodiversità,
desertificazione e forte riduzione dei servizi ecosistemici che peggiorerà la
situazione in essere. Dal rapporto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare pubblicato il 4 gennaio 2017 “Il posizionamento
Italiano rispetto ai 17 Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni
Unite” (fonte:
http://www.asvis.it/home/46-1343/minambiente-la-posizione-dellitalia-rispetto-allagenda-2030#.WKU1dyhSgxI)
si rileva che in Italia, secondo valutazioni basate sull’analisi congiunta
dello stato e della gestione del suolo, della vegetazione e delle condizioni
climatiche, le aree maggiormente sensibili al degrado e alla desertificazione costituiscono
circa il 30,8% del territorio nazionale.
La conformazione geomorfologica del territorio
italiano, aggredito per decenni in modo massiccio da processi di urbanizzazione
e infrastrutturali, impone dunque al nostro Paese una rigorosa tutela dei suoli
liberi e non impermeabilizzati, sia per salvaguardare gli spazi vitali per il
benessere dei cittadini e delle loro comunità, sia per garantire gli utilizzi
agricoli necessari all’autosufficienza agro-alimentare e sia per evitare i
dissesti idrogeologici.
Il nostro Paese, infatti, è attraversato da crescenti
catastrofi d'intensità variabile che puntualmente sollevano dubbi circa la
nostra capacità di gestione del territorio e la sicurezza delle nostre città e
paesi.
Secondo dati ISPRA del 2010 sono 7.145 i comuni
italiani (l’88,3 % del totale) interessati da qualche elemento di pericolosità
territoriale; tra questi il 20,3 % (1.640 comuni) presentano aree ad elevato
(P3) o molto elevato (P4) rischio frana, il 19,9 % (1.607 comuni) presentano
aree soggette a pericolosità idraulica (P2) mentre il 43,2 % (3.893 comuni)
presentano un mix dei rischi potenziali (P2, P3, P4).
Per queste considerazioni, il contrasto al consumo di
suolo quale misura essenziale a sostegno del nostro benessere economico e
sociale, dev’essere considerato una priorità e diventare una delle massime
urgenze dell’agenda parlamentare per i numerosi benefici indotti che ne
derivano, di carattere sociale, ecologico ed economico.
La presente proposta normativa detta pertanto una
serie di interventi destinati a porsi come principi fondamentali della materia,
secondo il disposto dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione.
Si tratta di una proposta normativa in grado di
orientare correttamente l’intero comparto edilizio, indirizzandolo sull’unica
chance di sviluppo possibile: il recupero, la rigenerazione, l’efficientamento
energetico e il risanamento antisismico del patrimonio edilizio vetusto. Quasi
il 55% delle abitazioni italiane (16,5 milioni di unità) è stato costruito
prima del 1970; una quota che sale al 70% nelle città di medie dimensioni e al
76% nelle città metropolitane. Edifici, dunque, responsabili di spreco
energetico e spesso a forte rischio sismico, su cui va operata una seria opera
di ristrutturazione, risanamento o sostituzione.
Relazione illustrativa
L’articolo 1 enuclea
le finalità, i principi e gli obiettivi della proposta di legge. Le finalità
sono individuate, in primo luogo, nella necessità di contrastare in modo deciso
(dunque “arrestare” e non
semplicemente “limitare” o “contenere”) il consumo di suolo, essendo
il suolo un bene comune e una risorsa limitata e non rinnovabile fornitrice di
funzioni/servizi vitali.
Occorre infatti salvaguardare gli spazi vitali per il
benessere dei cittadini e delle loro comunità. A causa della crescita costante
della popolazione mondiale, l’agricoltura e la produzione di cibo si pongono
tra le questioni più rilevanti del nostro tempo. Ma l’occupazione di suolo
limita la produzione di cibo, tanto più che avviene in prevalenza nelle aree
pianeggianti e periurbane, le più fertili ed idonee a fini agricoli e che
rappresentano una parte minima della superficie complessiva.
Il
territorio italiano presenta un diffuso dissesto idrogeologico che viene acuito
dal consumo di suolo e dal conseguente abbandono delle attività di cura e
manutenzione delle campagne. Arrestare il consumo di suolo significa, dunque,
anche contrastarne il dissesto, l’impermeabilizzazione e gli effetti dei sempre
più frequenti eventi meteorologici estremi, prevenendo danni economici e
perdite di vite umane.
La salvaguardia del suolo, inoltre, è una misura
essenziale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, per il
contrasto alla perdita di biodiversità e i fenomeni di desertificazione.
Spetta alle Istituzioni pubbliche tutelare e salvaguardare
i suoli da ulteriori consumi ma, allo stesso tempo, è anche responsabilità di
ciascun cittadino contribuire all’effettiva realizzazione delle politiche a ciò
indirizzate.
In tale ottica, per evitare ulteriore consumo di
suolo libero, costituiscono principi fondamentali del governo del territorio il
riuso e la rigenerazione dei suoli già urbanizzati, nonché il risanamento del
costruito attraverso ristrutturazione e restauro degli edifici a fini
antisismici e di risparmio energetico, la riconversione di comparti attraverso
la riedificazione e la sostituzione dei manufatti edilizi vetusti.
La presente legge costituisce anche attuazione
dell’articolo 42 della Costituzione, secondo il quale “la proprietà è pubblica e privata” e “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge … allo
scopo di assicurarne la funzione sociale”, per cui il venir meno di
quest’ultima fa venir meno la stessa tutela giuridica, con la conseguenza che i
suoli tornano nella proprietà collettiva della popolazione del comune
interessato. Nessun indennizzo è dovuto ai proprietari che non hanno perseguito
la funzione sociale dei loro beni, ovvero li hanno abbandonati.
L’articolo
2 fornisce le definizioni di “suolo”,
“consumo di suolo”, “superficie agricola, superficie naturale e seminaturale”,
“copertura artificiale del suolo”, “impermeabilizzazione”, “area urbanizzata”,
“area edificata”, “area di pertinenza”, “area infrastrutturata”, “rigenerazione
urbana”, “servizi ecosistemici” ed
“edificio”, necessarie per evitare interpretazioni divergenti.
In particolare, si chiarisce che l’ambito di
applicazione della legge riguarda qualsiasi superficie libera, naturale,
semi-naturale o agricola, sia in area urbana che periurbana.
L’articolo 3
prevede che dalla data di entrata in vigore della legge non sia consentito
nuovo consumo di suolo per qualsivoglia destinazione, indicando che le esigenze
insediative e infrastrutturali siano soddisfatte esclusivamente con il riuso,
la rigenerazione dell’esistente patrimonio insediativo ed infrastrutturale
esistente, indicando nell’ISPRA e nelle agenzie per la protezione dell’ambiente
delle regioni (ARPA) e delle province autonome (APPA) i soggetti ufficiali di
riferimento per il monitoraggio del consumo del suolo. Nel contempo viene
previsto che, in base ai dati rilevati, i comuni singoli o associati debbano
provvedere ad approvare specifiche varianti ai propri strumenti di
pianificazione, al fine di eliminare le previsioni di edificabilità che
comportino consumo di suolo in aree agricole ed in aree naturali e
seminaturali; in assenza di dette varianti è sospesa l’efficacia degli stessi
strumenti relativamente alle disposizioni che prevedono un consumo di suolo.
Infine, qualora ve ne fosse ancora bisogno, viene esplicitato che le previsioni
edificatorie degli strumenti urbanistici comunali, costituiscono indicazioni
meramente programmatorie e pianificatorie che non determinano l’acquisizione di
alcun diritto, come peraltro affermato da una consolidata giurisprudenza del
Consiglio di Stato.
L’articolo 4 regola
i termini del principio del riuso e della rigenerazione urbana, stabilendo
l’obbligo per gli Enti locali all’individuazione, negli strumenti di
pianificazione comunale, dei relativi “ambiti
urbanistici”, della “perimetrazione-individuazione
dell’urbanizzato esistente” oltreché di un “censimento comunale” volto ad individuare gli edifici di
qualsivoglia destinazione sfitti (sia pubblici sia privati) non utilizzati o
abbandonati, le loro caratteristiche e dimensioni, la quantificazione e
qualificazione delle aree urbanizzate e infrastrutturate esistenti e delle aree
residue non ancora attuate previste dagli strumenti urbanistici vigenti. In
caso di inottemperanza ai citati obblighi, ai comuni, dalla data di entrata in
vigore della presente legge, è vietata la realizzazione di interventi
edificatori che comportino consumo di suolo, oltreché l’adozione o
l’approvazione di nuovi strumenti urbanistici o varianti che prevedano
interventi in aree libere. Nel contempo, al fine di agevolare l’individuazione
delle unità immobiliari sfitte, non utilizzate o abbandonate, necessarie per la
redazione del “censimento edilizio comunale”, si prevede che gli Enti gestori
della rete elettrica e di acquedotto siano obbligati a fornire i dati
dettagliati relativi ad ogni tipo di allacciamento.
L’articolo 5
definisce gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate da
un punto di vista urbanistico, socio-economico, paesaggistico e ambientale. Gli
interventi sono basati sulla bonifica, sul riuso e sulla rigenerazione delle
funzioni ecologiche del suolo, sulla riqualificazione, demolizione,
ricostruzione e sostituzione degli edifici esistenti (ad esclusione degli
interventi più invasivi nei centri storici e delle aree di antico impianto),
sulla creazione e mantenimento nell’urbanizzato esistente di aree verdi, aree pedonabili, percorsi ciclabili,
aree naturalistiche, di agricoltura urbana e
sull’inserimento di funzioni pubbliche e private diversificate volte al
miglioramento della qualità della vita dei residenti, della vivibilità e
salubrità degli spazi urbani pubblici, con elevati standard di qualità, sicurezza sismica, minimo impatto ambientale
e paesaggistico, in particolare con il miglioramento dell’efficienza energetica
e idrica e con la riduzione delle emissioni, attraverso l’indicazione di
precisi obiettivi prestazionali e di qualità architettonica degli edifici, con
particolare riferimento alla bioarchitettura. Lo stesso articolo individua i
boschi definiti dal D.Lgs. 227/2001, come una risorsa strategica nazionale da
tutelarsi con specifiche disposizioni in quanto generatore di servizi
ecosistemici prioritariamente di interesse pubblico e collettivo.
L'articolo 6 definisce
le misure di incentivazione attribuite ai diversi soggetti:
-
ai comuni, in forma singola o associata, nella
concessione di finanziamenti statali e regionali per gli interventi di riuso e
rigenerazione urbana e di bonifica dei siti contaminati;
-
ai soggetti privati, singoli o associati, che
intendono realizzare il recupero di edifici e di infrastrutture nei territori
rurali o il recupero del suolo a fini agricoli anche mediante
la demolizione di capannoni e altri fabbricati rurali strumentali abbandonati,
di recente edificazione, incongrui rispetto al contesto e al paesaggio;
-
ai soggetti pubblici e privati che per necessità
di ampliamento della loro attività produttiva procedano al riuso dei capannoni
o degli edifici dismessi. Nel contempo viene previsto che le regioni e le
province autonome, possano adottare misure di incentivazione, anche di natura
fiscale, per il recupero del patrimonio edilizio esistente, al fine di
prevenire il dissesto idrogeologico e il degrado dei paesaggi rurali e favorire
il reinsediamento di attività agricole in aree interessate da estesi fenomeni
di abbandono.
L’articolo 7 stabilisce
che i proventi derivanti dai titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni
previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380 (i “famigerati” oneri di urbanizzazione) siano destinati
esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria che non comportano nuovo consumo di suolo,
al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, a interventi di
riuso e di rigenerazione, a interventi di tutela e riqualificazione
dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione, mitigazione e
messa in sicurezza delle aree esposte al rischio idrogeologico e sismico,
attuati dai soggetti pubblici, nonché nel limite massimo del 30% per le spese
di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio comunale.
L’articolo 8
definisce la funzione sociale della proprietà, individuando i beni che sono
considerati abbandonati/inutilizzati e non più rispondenti ad alcuna funzione
sociale, per i quali viene previsto uno specifico procedimento, a cura dei
comuni singoli o associati, al fine di ricondurli alla proprietà collettiva per
essere destinati a soddisfare l’interesse generale, in conformità con l’art. 42
della Costituzione.
L’articolo 9 reca
le disposizioni finali e prevede che dalla data di entrata in vigore della
legge non sia consentito il consumo di suolo, tranne che per le opere inserite
negli strumenti pubblici di programmazione vigenti alla data di entrata in
vigore della presente legge, per gli interventi previsti dai titoli abilitativi
edilizi rilasciati o formatisi alla data di entrata in vigore della presente
legge, nonché per gli interventi previsti nei piani attuativi comunque denominati
approvati prima della entrata in vigore della presente legge. Viene inoltre
previsto lo scioglimento dei consigli comunali, su proposta del Ministro
dell’Interno, nei casi di accertata e persistente violazione comunale di alcune
specifiche disposizioni (mancata sospensione dell’efficacia degli strumenti
urbanistici vigenti e delle eventuali varianti, in merito alle disposizioni che
prevedono interventi che comportano o prevedono consumo di suolo).
Infine l’articolo
10 definisce i termini temporali di entrata in vigore della presente legge.
La presente proposta di legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica, le amministrazioni interessate provvederanno con le
risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione
vigente.
Testo
redatto dal Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico del
Forum
nazionale Salviamo il Paesaggio
|
NORME PER
L’ARRESTO DEL CONSUMO DI SUOLO
E PER IL
RIUSO DEI SUOLI URBANIZZATI
|
Art. 1
(Finalità,
principi e ambito della legge)
1.
La presente legge, in coerenza con gli articoli 9,
41, 42, 44 e 117 della Costituzione e con la Convenzione Europea del
Paesaggio sottoscritta a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata dall’Italia
con legge 9 gennaio 2006, n. 14, stabilisce i principi fondamentali per la
tutela del suolo e delle sue funzioni, anche al fine di promuovere e tutelare
l’ambiente, il paesaggio e l’attività agricola, nonché di impedire
l’ulteriore consumo di suolo.
2.
Il suolo, in quanto risorsa non rinnovabile e non
sostituibile, come definito al comma 1 del successivo articolo 2, svolge un
ruolo fondamentale per la sopravvivenza degli esseri viventi sull’intero
pianeta ed è in grado di fornire una pluralità di benefici che rendono non
più differibili azioni volte a preservarlo integralmente da ulteriori
possibili trasformazioni che ne compromettano in modo irreversibile la
capacità di sostenere le produzioni alimentari e di fornire gli altri servizi
ecosistemici.
3.
La conformazione geomorfologica del territorio
italiano e la cementificazione realizzatasi in alcune aree del paese,
impongono una rigorosa tutela dei suoli liberi non impermeabilizzati, per
salvaguardare gli spazi vitali connessi al benessere dei cittadini e delle
comunità, per garantire gli usi agricoli, il miglioramento della sovranità
agro-alimentare, la conservazione della biodiversità e la fertilità del
suolo. Le terre idonee a fini agricoli rappresentano una parte minima della
superficie complessiva e necessitano di tutela; preservarne la fertilità è
tra le urgenze più rilevanti del nostro tempo.
4.
Le istituzioni pubbliche sono congiuntamente
responsabili, ciascuna per le rispettive competenze, della tutela e
salvaguardia del suolo, come specificato dalla presente legge. Ciascun
cittadino ha il diritto-dovere di contribuire alla effettiva realizzazione
delle politiche a ciò indirizzate nell’interesse delle generazioni presenti e
future.
|
5.
Riuso e rigenerazione urbana evitano l’ulteriore
consumo di suolo e sono principi fondamentali nel governo del
territorio.
6.
Tutti gli strumenti di monitoraggio e di governo del
territorio, compresi quelli di pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica,
a tutti i livelli amministrativi ed i Sistemi Informativi Territoriali
(S.I.T.), si adeguano alle norme di cui alla presente legge, individuando il
riuso e la rigenerazione urbana quali azioni prioritarie.
7.
La presente legge costituisce attuazione
dell’articolo 42 della Costituzione secondo il quale «la proprietà è pubblica
o privata» e «la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge che
ne determina i modi di acquisto, di godimento ed i limiti allo scopo di
assicurarne la funzione sociale», sancendo che tale diritto è giuridicamente
tutelato soltanto se, ed in quanto, «assicura» lo scopo della «funzione
sociale». Il venir meno della funzione sociale per abbandono o altre cause fa
venir meno la tutela giuridica della proprietà impedendo così che si
determini un diritto all’indennizzo, cosicché il bene abbandonato rientra nel
patrimonio indisponibile del comune e viene destinato a soddisfare
l’interesse generale. I comuni singoli o associati, nell’esercizio delle
proprie funzioni, hanno facoltà di intervenire affinché sia ripristinata la
funzione sociale e/o salvaguardata la tutela dell’interesse generale della
proprietà, se necessario anche attraverso l’esercizio di poteri autoritativi
volti all’attribuzione di destinazioni d’uso pubbliche dei beni abbandonati
e/o inutilizzati, nonché alla conseguente acquisizione del bene stesso al
patrimonio comunale, come «bene comune» al fine di destinarlo, secondo
modalità partecipate, ad un uso conforme alle necessità sociali e/o
all’interesse generale, il tutto in base a quanto previsto all’articolo 8.
8.
Le politiche di sviluppo nazionali e regionali e gli
strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica favoriscono:
-
la destinazione agricola del suolo, per assicurare sistemi di
produzione alimentare sostenibili, attuare pratiche agricole resilienti a
basso impatto ambientale, contribuendo a mantenere gli ecosistemi ed a
migliorarne il suolo e la sua qualità;
-
la tutela di aree naturali anche negli spazi liberi delle aree
urbanizzate, fatta salva la garanzia del rispetto della dotazione degli
standard urbanistici previsti per legge;
-
la tutela e la valorizzazione dell’attività agricola
attraverso l’arresto del consumo di suolo;
-
la trasformazione di suoli impermeabilizzati o comunque urbanizzati
in suoli liberi permeabili, assicurando nel
contempo che la realizzazione degli standard urbanistici non comporti
impermeabilizzazione dei suoli interessati;
-
il recupero dei suoli e dei terreni degradati, compresi quelli
colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, escludendo siano messi a
coltura i terreni naturali e seminaturali o che non abbiano attitudine
colturale;
-
la multifuzionalità e l’offerta dei servizi nella prospettiva di
rispondere alle esigenze della popolazione conservando la qualità del
paesaggio.
|
Art. 2.
(Definizioni)
1. Ai fini della presente legge, si intende:
a)
per «suolo»: la risorsa non rinnovabile, componente
essenziale degli ecosistemi terrestri che costituisce lo strato più
superficiale della crosta terrestre situato tra il substrato roccioso e la
superficie. Il suolo è costituito da componenti minerali, materia organica,
acqua, aria e organismi viventi;
b)
per «consumo di suolo»: la
modifica o la perdita della superficie agricola, naturale, seminaturale o
libera, a seguito di interventi di copertura artificiale del suolo, di
trasformazione mediante la realizzazione entro e fuori terra, di costruzioni,
infrastrutture e servizi o provocata da azioni, quali asportazione ed
impermeabilizzazione;
c)
per «superficie agricola, superficie naturale e seminaturale»: le
aree non urbanizzate, utilizzate o utilizzabili per attività agricole o
silvopastorali, nonché le altre superfici non impermeabilizzate o non
compromesse da interventi o azioni di cui alla precedente lettera b),
indipendentemente dalle classificazioni formali definite dagli strumenti
urbanistici, tali aree possono essere anche intercluse nel tessuto urbano;
d)
per «copertura artificiale del suolo»: la porzione di
territorio su cui insistono direttamente costruzioni, infrastrutture lineari
e puntuali comprese quelle della mobilità, aree estrattive, discariche, cantieri,
cortili, piazzali e altre aree pavimentate, serre permanenti, aree e campi
sportivi impermeabilizzati, impianti fotovoltaici e tutte le altre aree
impermeabilizzate;
e)
per «impermeabilizzazione»: il cambiamento della
natura del suolo mediante interventi di copertura artificiale, nonché
mediante altri interventi, tali da eliminarne o ridurne la permeabilità,
anche per effetto della compattazione dovuta alla presenza di infrastrutture
lineari, manufatti e depositi permanenti di materiale;
f)
per «area urbanizzata»: la parte del territorio costituita dalle aree
edificate di qualsivoglia destinazione e dalle relative aree di pertinenza,
dalle aree infrastrutturate per la mobilità, oltreché dalle aree inerenti
attrezzature, servizi, cave, discariche, impianti sportivi e tecnologici;
g)
per «area edificata»: la parte di territorio definita dalla
proiezione sul piano orizzontale del volume costruito degli edifici entro e
fuori terra, misurabile sommando tutte le superfici degli edifici di
qualsivoglia destinazione;
h)
per «area di pertinenza»: la parte di territorio adiacente ad un
edificio o compresa tra più edifici in cui ricadono strade, marciapiedi,
cortili e porzioni di aree verdi e giardini, ad esclusione delle superfici
agricole, naturali e seminaturali;
i)
per «area infrastrutturata»: la parte di territorio
in cui ricade il sedime di un’infrastruttura lineare o puntuale a servizio
della mobilità e
|
relative opere connesse;
l)
per «rigenerazione urbana»: un insieme coordinato di
interventi urbanistici, edilizi, socio-economici, tecnologici, ambientali e
culturali che non determinino consumo di suolo, anche con interventi volti a
favorire l’insediamento di attività di agricoltura urbana, mediante orti,
giardini e boschi urbani, didattici, sociali e condivisi e volti alla tutela
delle aree naturali e seminaturali ancora presenti in ambito urbano. La
stessa rigenerazione deve perseguire l’obiettivo della sostituzione, del
riuso e della riqualificazione dell’ambiente costruito secondo criteri che
utilizzino metodologie e tecniche relative alla sostenibilità ambientale, di
salvaguardia del suolo, di localizzazione dei nuovi interventi di
trasformazione nelle aree già edificate e degradate, di innalzamento del
potenziale ecologico-ambientale e della biodiversità urbana, di riduzione dei
consumi idrici ed energetici, di rilancio della città pubblica attraverso la
realizzazione di adeguati servizi primari e secondari e di miglioramento della
qualità e della bellezza dei contesti abitativi;
m)
per «servizi ecosistemici»: i benefici multipli
forniti dagli ecosistemi al genere umano, distinti in quattro categorie:
-
«servizi di fornitura o approvvigionamento» che forniscono i beni
veri e propri, quali cibo, acqua, legname, fibre, combustibile e altre
materie prime, ma anche materiali genetici e specie ornamentali;
-
«servizi di regolazione» che regolano il clima, la
qualità dell’aria e le acque, la formazione del suolo, l’impollinazione,
l’assimilazione dei rifiuti, e mitigano i rischi naturali quali erosione,
infestanti, ecc.;
-
«servizi culturali» che includono benefici non
materiali quali l’eredità e l’identità culturale, l’arricchimento spirituale
e intellettuale, i valori estetici e ricreativi;
-
«servizi di supporto» che comprendono la creazione
di habitat e la conservazione della biodiversità genetica; n) per «edificio»:
l’insieme delle unità immobiliari che fanno riferimento allo stesso o agli
stessi accessi.
2. La lettera v-quater), comma 1,
dell’articolo 5 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, inerente la
definizione di suolo è sostituita dalla lettera a) del precedente comma 1.
|
Art. 3
(Arresto
del consumo di suolo)
1. Dalla
data di entrata in vigore della presente legge e nel rispetto di quanto
previsto al comma 1 dell’articolo 9, non è consentito consumo di suolo per
qualsivoglia destinazione; le esigenze insediative e infrastrutturali sono
soddisfatte tramite il riuso, la rigenerazione e la riorganizzazione degli
insediamenti e delle infrastrutture esistenti secondo quanto indicato
all’articolo 4. Il semplice criterio economico,
|
anche se configurato come di pubblico interesse, non può
essere motivo per consentire il consumo di suolo.
2.
In base all’analisi dei dati rilevati, di cui
all’articolo 4, il comune singolo o associato dovrà provvedere ad approvare
una variante al proprio strumento di pianificazione urbanistica al fine di
eliminare le previsioni edificabili che individuano interventi di
qualsivoglia destinazione comportanti consumo di suolo in aree agricole ed in
aree naturali e seminaturali. In ogni caso anche in assenza della predetta
variante è sospesa l’efficacia degli strumenti urbanistici vigenti e delle
eventuali varianti, relativamente alle disposizioni che prevedono interventi
che comportano consumo di suolo in aree agricole ed in aree naturali e
seminaturali. Sono comunque fatti salvi i lavori, le opere, gli interventi, i
titoli abilitativi edilizi ed i programmi di cui al comma 1 dell’articolo 9.
Le previsioni edificatorie degli strumenti urbanistici comunali su terreni
liberi, costituiscono indicazioni meramente programmatorie e pianificatorie
che non determinano l’acquisizione di alcun diritto da parte dei proprietari
degli stessi terreni; relativamente all’eliminazione adeguatamente motivata
delle previsioni non ancora attuate di cui al presente comma, gli stessi
proprietari non possono vantare alcuna richiesta di indennizzo o
risarcimento.
3.
Le regioni e le province autonome, entro 180
(centottanta) giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari, provvedendo nel
contempo ad individuare le specifiche disposizioni procedimentali da
rispettare nella pianificazione urbanistica dei comuni in forma singola o
associata, in merito alla necessità di riduzione delle aree edificabili già
previste dagli strumenti urbanistici vigenti; per dette riduzioni, proprio
perché dirette ad una salvaguardia del bene suolo, dovranno individuarsi
forme e procedimenti semplificati.
4.
I processi di valutazione, formazione ed adeguamento
dei vigenti strumenti urbanistici comunali sono pubblici, il soggetto che li
promuove garantisce l’informazione, la conoscenza dei procedimenti,
assicurando altresì, la concreta partecipazione dei portatori d’interesse
diffuso e dei cittadini, singoli o associati, attraverso specifici ed
obbligatori momenti di confronto.
5.
Il monitoraggio del consumo del suolo e dell’attuazione
della presente legge è affidato all’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA), che si avvale della collaborazione delle agenzie
per la protezione dell’ambiente delle regioni (ARPA) e delle province
autonome (APPA) per la redazione di una cartografia nazionale aggiornata
annualmente. Ai fini del monitoraggio di cui al presente comma, l’ISPRA e le
agenzie per la protezione dell’ambiente hanno accesso alle banche dati delle
amministrazioni pubbliche e ad ogni altra fonte informativa rilevante gestita
da soggetti pubblici. L’ISPRA definisce metodi e standard di formazione delle
banche dati e del dato stesso a cui le regioni devono adeguarsi. La
cartografia e i dati del monitoraggio del consumo di suolo vengono resi
pubblici e disponibili dall’ISPRA annualmente, sia in forma aggregata a
livello nazionale, sia in forma disaggregata per regione, provincia e comune.
I comuni singoli o associati e le regioni possono inviare all’ISPRA eventuali
proposte di modifica alla cartografia entro 30 (trenta) giorni dalla
pubblicazione sul sito dell’ISPRA. Entro i successivi 30 (trenta) giorni
l’ISPRA pubblica la versione definitiva dei dati dopo aver verificato la
correttezza delle proposte di modifica insieme all’agenzia per la protezione
dell’ambiente territorialmente competente.
|
Art. 4
(Priorità
del riuso e della rigenerazione urbana)
1. Al fine di attuare il principio del
riuso e della rigenerazione urbana di cui al comma 5 dell’articolo 1, i
comuni singoli o associati, nel termine di 180 (centottanta) giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, provvedono:
a)
all’individuazione negli strumenti di pianificazione comunale degli
«ambiti urbanistici» comprensivi di isolati, aree o singoli immobili che per
le condizioni di degrado siano da sottoporre prioritariamente a interventi di
riuso e di rigenerazione urbana. Tale individuazione è obbligatoriamente aggiornata
almeno ogni due anni e pubblicata sui siti istituzionali dei comuni
interessati;
b)
alla redazione asseverata ai sensi di legge di una
«perimetrazione-individuazione dell’area urbanizzata esistente», come
definita alla lettera f) comma 1 dell’articolo 2. Tale perimetrazione può
essere aggiornata e dovrà essere pubblicata sui siti istituzionali dei comuni
interessati;
c)
alla redazione asseverata ai sensi di legge di un
«censimento edilizio comunale». Tale censimento dovrà individuare gli edifici
e le unità immobiliari sia pubbliche che private, sfitte, non utilizzate o
abbandonate di qualsivoglia destinazione, in cui specificare caratteristiche
e dimensioni di tali immobili, nonché la quantificazione e qualificazione delle
aree urbanizzate ed infrastrutturate esistenti e delle aree residue non
ancora attuate previste dagli strumenti urbanistici vigenti, al fine di
creare una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato
inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso e per tenere aggiornato
lo stato del consumo di suolo. Tali informazioni sono obbligatoriamente
aggiornate almeno ogni due anni, congiuntamente all’individuazione e
perimetrazione di cui alle lettere precedenti e sono pubblicate in forma
aggregata sui siti istituzionali dei comuni interessati.
2.
Ai sensi del comma 6 dell’articolo 1 e della lettera
c) comma 1 del presente articolo, gli Enti gestori delle reti elettriche e di
acquedotto sono obbligati a fornire ai comuni singoli o associati i dati
dettagliati in formato database, relativi a ogni tipo di allacciamento
elettrico ed idrico; in particolare devono fornire il numero di contatore, il
codice via, il numero civico, il numero di interno, il tipo di allacciamento
relativi al contratto di allacciamento della singola utenza. Il database è
necessario al fine di permettere la relazione con l’anagrafe comunale in modo
da fornire in tempo reale, su richiesta, la conoscenza dello stato dei
consumi dell’utenza elettrica ed idrica per singola unità immobiliare.
3.
Per le redazioni asseverate relative alla perimetrazione
ed al censimento di cui alle lettere b) e c) del precedente comma 1, i
professionisti esterni eventualmente incaricati assumono la qualità di
persone esercenti un servizio di pubblica necessità ai sensi degli articoli
359 e 481 del Codice Penale.
4.
Dalla data di entrata in vigore della presente legge
è vietata la realizzazione di interventi edificatori di qualsivoglia natura o
destinazione
|
anche se
già previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, comportanti, anche solo
parzialmente, consumo di suolo, oltreché l’adozione e l’approvazione di nuovi
strumenti urbanistici o loro varianti che prevedano interventi di
qualsivoglia natura e destinazione in aree libere. È fatto comunque salvo
quanto previsto dall’articolo 9, comma 1.
5. I comuni segnalano
annualmente alla regione o provincia autonoma, che raccoglie le segnalazioni
in apposito registro, le proprietà immobiliari in stato di abbandono o
suscettibili, a causa dello stato di degrado o incuria nel quale sono
lasciate dai proprietari, di arrecare danno al paesaggio, ad attività
produttive o all’ambiente.
|
Art. 5
(Interventi
di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate, tutela dei boschi e delle
foreste)
1. Il Governo è delegato
ad adottare, entro 270 (duecentosettanta) giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti ad
incentivare l’effettivo utilizzo degli immobili inutilizzati e le
disposizioni per gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate
degradate da un punto di vista urbanistico, socio-economico, paesaggistico e
ambientale, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a)
garantire forme di intervento volte alla
rigenerazione delle aree urbanizzate degradate attraverso progetti e
strumenti organici relativi a edifici e spazi pubblici e privati, basati
sulla bonifica, sul riuso, nonché sulla rigenerazione delle funzioni
ecologiche del suolo, sulla riqualificazione, demolizione, ricostruzione e
sostituzione degli edifici esistenti, sulla creazione di aree verdi
pedonalizzate, di percorsi ciclabili, di aree naturalistiche, di aree per
agricoltura e forestazione urbana e sull’inserimento di funzioni pubbliche e
private diversificate volte al miglioramento della qualità della vita dei
residenti, della vivibilità e salubrità degli spazi urbani pubblici;
b)
prevedere che i progetti di cui alla lettera a)
garantiscano elevati standard di qualità, di sicurezza sismica, di minimo
impatto ambientale e paesaggistico, in particolare una tutela delle aree
verdi esistenti con un miglioramento dell’efficienza energetica ed idrica ed
una riduzione delle emissioni, oltreché un obbligo alla realizzazione di
superfici filtranti, attraverso l’indicazione di precisi obiettivi
prestazionali degli edifici, di qualità architettonica perseguita anche
attraverso specifici bandi e concorsi rivolti a professionisti con requisiti
idonei, di informazione e partecipazione dei cittadini.
2. La
disciplina di cui ai decreti adottati in base al comma 1, relativamente agli
interventi di demolizione, ricostruzione e sostituzione, non è applicabile ai
centri storici, alle aree ad essi equiparate, agli immobili individuati nelle
mappe di impianto del Catasto Edilizio Urbano istituito con la legge 11
settembre 1939, n. 652 che abbiano mantenuto una configurazione
architettonica tradizionale caratterizzante il tessuto storico, nonché alle
aree e agli immobili di cui all’articolo 10 del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Previa espressa
|
autorizzazione
della competente Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio, la
stessa disciplina potrà essere applicata alle aree urbanizzate degradate
oggetto di tutela paesaggistica di cui agli articoli 136, 142 e 157 del
citato decreto legislativo 42/2004; sono in ogni caso fatte salve le
specifiche disposizioni di maggior tutela contenute nei piani paesaggistici e
i vincoli presenti all’interno degli strumenti urbanistici comunali.
3.
A far data dall’entrata in vigore dei decreti adottati in base al
comma 1, sono abrogati i commi 9, 10, 11, 12 e 14 dell’articolo 5 della legge
12 luglio 2011, n. 106, inerente gli “interventi in deroga per la
riqualificazione incentivata delle aree urbane”.
4.
I boschi e foreste, così come definiti dal decreto
legislativo 18 maggio 2001, n. 227 e successive modifiche e integrazioni,
sono considerati risorsa strategica nazionale, ai fini della salvaguardia
naturalistica e paesaggistica, della difesa dei suoli e della tutela
idrogeologica.
5.
I terreni coperti da boschi e foreste non possono
esser oggetto di mutamento di destinazione d’uso e in sede di pianificazione
paesaggistica e urbanistica devono essere tutelati con specifiche
disposizioni di salvaguardia e di conservazione, con previsioni di interventi
di rinaturalizzazione in caso di degrado.
6.
Le regioni e le province autonome uniformano la
rispettiva normativa in materia di boschi e foreste entro il termine
perentorio di 180 (centottanta) giorni dall’entrata in vigore della presente
legge, decorso infruttuosamente il quale qualsiasi disposizione in contrasto
con i precedenti commi 4 e 5 si intende disapplicata.
|
Art. 6
(Misure
di incentivazione)
1.
Ai comuni in forma singola o associata è attribuita
priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali per gli
interventi di riuso e di rigenerazione urbana e/o di bonifica dei siti
contaminati, nel rispetto della disciplina di settore e del principio di “chi
inquina paga”, oltreché per gli interventi volti a favorire l’insediamento di
attività di agricoltura sociale e contadina di piccola scala a basso impatto
ambientale, anche all’interno dell’area urbanizzata e il ripristino delle
colture nei terreni agricoli incolti, abbandonati o in ogni caso non più
utilizzati ai fini agricoli, ad esclusione delle aree coperte da boschi e
foreste così come definiti dal decreto legislativo 16 maggio 2001, n. 227 e
successive modifiche e integrazioni; relativamente ai terreni incolti o
abbandonati, la concessione degli eventuali finanziamenti dovrà essere
valutata in riferimento alla suscettibilità d’uso attraverso un «piano
agricolo di zona» ovvero un «piano di sviluppo aziendale».
2.
Lo stesso ordine di priorità di cui al comma 1 è
attribuito anche a soggetti privati, singoli o associati, che intendano
realizzare il recupero di edifici e di infrastrutture nei territori rurali,
nonché il recupero del suolo a fini agricoli o ambientali, anche mediante la
demolizione di
|
capannoni e altri fabbricati rurali di recente
edificazione, incongrui rispetto al contesto paesaggistico.
3.
Le regioni e le province autonome, per le finalità di
cui all’articolo 1, nei limiti delle proprie competenze, possono adottare
misure di incentivazione, anche di natura fiscale, per il recupero del
patrimonio edilizio esistente, al fine di prevenire il dissesto idrogeologico
e il degrado dei paesaggi rurali e favorire il reinsediamento di attività
agricole in aree interessate da fenomeni di abbandono, ovvero favorire
l’attività di selvicoltura.
4.
Al fine di prevenire il dissesto idrogeologico e il
degrado dei paesaggi rurali e favorire il reinsediamento di attività agricole
in aree interessate da estesi fenomeni di abbandono, con decreto del
Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro 90 (novanta)
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate
le agevolazioni in termini di formazione, supporto tecnico e amministrativo e
gli incentivi, anche di natura fiscale, nel rispetto delle disposizioni
europee in materia di aiuti di Stato, nonché i criteri e le modalità
attuative, a favore di imprenditori agricoli, anche associati in forma
cooperativa, che avviano un’attività d’impresa successivamente alla data di
entrata in vigore della presente legge, o che ampliano la propria superficie
agricola utilizzata, mediante il recupero di aree interessate da degrado ambientale.
5.
Contestualmente al censimento di cui alla lettera c)
comma 1 dell’articolo 4, i comuni provvedono ad individuare complessi e singoli
edifici e manufatti, non solo di antica formazione, che abbiano i caratteri
tipologici dell’architettura rurale, anche se non di particolare pregio
architettonico, ma che siano testimonianze rappresentative della storia delle
popolazioni, dell’identità e della cultura delle comunità rurali.
L’individuazione di tali edifici, da riportare negli strumenti urbanistici
comunali, comporta l’automatico divieto di demolirli o di trasformarli con
interventi di sostituzione edilizia e la priorità nella concessione dei
finanziamenti destinati al loro recupero.
|
Art. 7
(Destinazione
dei proventi dei titoli abilitativi edilizi)
1. I
proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.
380, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla
realizzazione, adeguamento e razionalizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria che non comportano nuovo consumo di suolo, al
risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici o comunque
aventi valenza storico-testimoniale, a interventi di riuso e di rigenerazione,
a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio,
anche ai fini della prevenzione, mitigazione e messa in sicurezza delle aree
esposte al rischio idrogeologico e sismico, attuati dai soggetti pubblici,
nonché nel limite massimo del 30% (trenta per cento) per le spese di
manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio comunale.
|
2. Il
comma 737 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il comma 460
dell’articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ed il comma 1-bis del
decreto legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni in legge
4 dicembre 2017, n. 172, sono abrogati; sono comunque fatte salve le
previsioni di spesa contenute nei bilanci annuali approvati sulla base della
norma abrogata.
|
Art.
8
(Funzione
sociale della proprietà)
1. In base alle finalità di cui al comma 7 dell’articolo 1,
sono considerati abbandonati:
a)
i beni inutilizzati e/o derelitti di proprietà pubblica,
ecclesiastica, privata o di altra natura che si trovino in uno stato di
abbandono e/o di degrado da almeno 10 anni;
b)
i beni che possano determinare danni per l’ambiente,
pericoli per la sicurezza e l’incolumità pubblica o privata, preoccupazioni
per le testimonianze culturali e storiche;
c)
i beni che possano essere possibile occasione per
attività e comportamenti illeciti;
d)
i beni in qualunque modo abbandonati e/o inutilizzati e quindi non
più rispondenti ad alcuna funzione sociale e/o che possano ledere l’interesse
generale così, come disciplinato dall’articolo 42 della Costituzione, nonché
dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
2.
Con l’espressione «beni comuni» si intendono quei
beni funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali e al libero sviluppo
della persona umana considerata sia come singolo che come membro della
comunità; «beni comuni» sono anche quelli che sottratti alla loro funzione
sociale di soddisfacimento dei bisogni della collettività, devono essere
ricondotti dall’ordinamento nella proprietà pubblica in base alla divisione
principale tra beni in commercio e beni fuori commercio, cioè beni
inalienabili, inusucapibili ed inespropriabili.
3.
I beni che hanno perso la loro costituzionale funzione sociale
vengono definiti beni abbandonati, rientrano nel patrimonio pubblico dei
comuni in cui si trovano e devono essere destinati a soddisfare l’interesse
generale.
4.
Le norme del codice civile sulla proprietà sono
subordinate alle norme di ordine pubblico economico immediatamente precettive
degli articoli 41, 42 e 43 della Costituzione che sanciscono la prevalenza
dell’utilità sociale e della “funzione sociale della proprietà”
sull’interesse privato nonché della tutela dell’interesse generale, così come
disciplinato dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea.
|
5. Le azioni intraprese in base al presente articolo
esprimono la volontà da parte dei comuni singoli o associati di gestire i
beni comuni:
a)
in quanto funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali, nonché
al libero sviluppo alla promozione, alla realizzazione della persona
umana;
b)
in quanto beni di appartenenza collettiva e sociale
secondo la distinzione pubblico o privato;
c)
ai fini di un utilizzo ed un’accessibilità
improntata a criteri di equità e solidarietà;
d)
in quanto rappresentanti un valore artistico e
culturale da preservare per tutelare i diritti delle generazioni future.
6.
L’individuazione dei beni immobili di proprietà
pubblica, ecclesiastica, privata o di altra natura che si trovino nello stato
di cui al comma 1, potrà avvenire sia d’ufficio che su segnalazione della comunità
interessata. I beni individuati secondo le modalità di cui al presente
articolo, verranno inseriti in un elenco pubblicato su apposita sezione del
sito istituzionale dei comuni singoli associati.
7.
In seguito all’individuazione e mappatura dei beni di
cui al comma 6, i comuni singoli o associati provvederanno all’adozione di
un’ordinanza ai sensi degli articoli 50 e 54 del decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267 notificata con le modalità previste dalle vigenti
disposizioni di legge per i casi di rifiuto della notifica e/o
irreperibilità, intimando ai relativi proprietari e/o aventi diritto sui
beni, di adottare tutti i provvedimenti necessari:
a)
ad eliminare eventuali condizioni di pericolo e alla
messa in sicurezza;
b)
al ripristino delle condizioni igieniche;
c)
al ripristino delle condizioni di decoro di tutti i
beni fatiscenti ed in stato di abbandono e/o inutilizzo presenti nel
territorio; d) al perseguimento della
«funzione sociale».
Tali attività dovranno concludersi nel
termine di 120 (centoventi) giorni dalla notifica dell’atto. Il termine di
120 (centoventi) giorni potrà essere prorogato di ulteriori 180 (centottanta)
giorni, su richiesta degli interessati, al fine di poter ripristinare la
funzione sociale del bene.
8.
Nella fattispecie in cui i beni di cui al comma 1 non
rappresentino situazioni di pericolo per la pubblica incolumità e/o
pregiudizio alla sanità e igiene pubblica, il comune singolo o associato
provvederà a ripristinare la funzione sociale e/o assicurare il perseguimento
dell’interesse generale da parte dei citati beni entro il medesimo termine
con eventuale proroga come individuata al precedente comma 7.
9.
Qualora i beni di cui al comma 1 siano gravati da
diritti reali di garanzia quali ipoteca volontaria o giudiziale, i
provvedimenti di cui al comma 7 saranno notificati anche ai titolari di detti
diritti affinché si sostituiscano al proprietario inadempiente nel dovere di
assicurare la funzione sociale del bene di cui si tratta.
10.
Al fine di assicurare la massima diffusione, e
comunque in ogni caso in cui non sia identificabile alcun proprietario e/o
avente diritto sui
|
beni, i comuni singoli o associati dovranno procedere anche
attraverso la pubblicazione mediante i seguenti strumenti: - Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana
- Bollettino
Ufficiale della regione interessata;
- almeno un
quotidiano con diffusione nazionale.
11.
Entro giorni 120 (centoventi), decorrenti dalla notifica dell’atto di
cui al comma 7, i proprietari e/o aventi diritto hanno facoltà di presentare
le proprie deduzioni.
12.
Decorso inutilmente il termine di cui al comma 7
salvo proroghe, senza che sia stato adempiuto a quanto intimato
dall’amministrazione, il comune singolo o associato provvederà d’ufficio ad
eseguire gli interventi necessari con spese a carico dei proprietari e/o
aventi diritto. In caso di mancanza delle risorse finanziarie necessarie a
coprire i costi di intervento coattivo, attestata dal responsabile comunale
del Settore economico e finanziario, il comune singolo o associato avrà la
facoltà, in base alla Costituzione, di acquisire (dichiarare acquisito il
bene) al patrimonio comunale. La dichiarazione di acquisizione avverrà
mediante deliberazione del consiglio comunale, successivamente trascritta nei
pubblici registri.
13.
Le disposizioni relative ai criteri di
gestione e di utilizzazione dei citati beni, potranno essere normati dal
comune singolo o associato per il tramite di specifico regolamento, nel
rispetto dei principi di cui al comma 7 dell’articolo 1, nonché del presente
articolo.
|
Art. 9
(Disposizioni
finali)
1. A
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, non è
consentito consumo di suolo tranne che per i lavori e le opere inseriti negli
strumenti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici, vigenti
alla data di entrata in vigore della presente legge. E’ comunque esclusa
qualsivoglia previsione di opera ricompresa in zona soggetta a pericolosità
idrogeologica media, elevata o molto elevata, come individuata dai vigenti
piani urbanistici o da specifici piani di settore, oltreché qualsivoglia
previsione di opera ricadente in zona, ancorché non mappata, che negli ultimi
dieci anni sia stata interessata da problematiche idrogeologiche documentate
dai soggetti preposti. Sono fatti comunque salvi i titoli abilitativi edilizi
comunque denominati, rilasciati o formatisi alla data di entrata in vigore
della presente legge, nonché gli interventi ed i programmi di trasformazione
previsti nei piani attuativi comunque denominati approvati prima della
entrata in vigore della presente legge e le relative opere pubbliche
derivanti dalle obbligazioni di convenzione urbanistica ai sensi
dell’articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150.
|
2.
Nei casi di accertata e persistente violazione del
comma 2 articolo 3, del comma 4 articolo 4 o del comma 1 articolo 9,
relativamente alla mancata sospensione dell’efficacia degli strumenti
urbanistici vigenti e delle eventuali varianti, in merito al mancato divieto
alla realizzazione degli interventi edificatori che comportano consumo di
suolo, ovvero al mancato divieto di adozione e approvazione di nuovi
strumenti urbanistici o loro varianti che prevedono interventi di
qualsivoglia natura e destinazione in aree libere, i consigli comunali su
proposta del Ministro dell’interno, vengono sciolti in base alle disposizioni
di cui all’articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
3.
Dopo la lettera a), comma 1, dell’articolo 39 del
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, è aggiunta la seguente lettera:
b) per ciascuno degli atti di cui
alla lettera a), sono pubblicati almeno dieci giorni prima che siano portati
all’approvazione, gli schemi di provvedimento delle delibere di adozione o
approvazione, oltreché i relativi allegati tecnici.
4. Al comma 1, dell’articolo 39
del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, dopo le parole al «comma 1,
lettera a)» è aggiunta «e lettera b)».
|
Art. 10
(Entrata
in vigore)
1. Le disposizioni della presente legge
entrano in vigore a decorrere dal giorno successivo a quello della
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
|
Riceviamo e pubblichiamo inoltre la lettera inviata agli Assessori del Comune di Roma, Montuori e Montanari, per la convocazione di un tavolo di lavoro sul progetto di legge per fermare il consumo di suolo
Assessore all'Urbanistica
Luca Montuori
assessorato.urbanistica@comune.roma.it
Assessore all’Ambiente
Pinuccia Montanari
Le organizzazioni Seniores Italia-Lazio
e Coordinamento Salviamo il Paesaggio Roma e Lazio avanzano la proposta di
indire intorno alla fine di Giugno un
tavolo di discussione e confronto fra la proposta di Legge di Iniziativa
Popolare “Norme per l’arresto
del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati” elaborata dal Forum nazionale Salviamo il Paesaggio e le proposte di legge
recentemente presentate o ripresentate al Senato sull'abbattimento del consumo
di suolo.
Il tavolo di discussione, che prevede l'intervento
dell'Assessora all'ambiente del Comune di Roma e l'assessore alla
programmazione e attuazione urbanistica, ha l’obiettivo di mettere in luce gli
aspetti positivi e fondamentali che la tutela del suolo ha per il futuro degli
abitanti delle città, dato che nel 2050 esse saranno abitate da più del 60%
della popolazione mondiale e che l'Ispra ha ripetutamente evidenziato le
criticità legate al suo consumo negli ultimi 50 anni e ammonito ad un urgente
intervento normativo per consentirne l'arresto.
Roma, col suo ampio territorio agricolo
è fra le città dove maggiormente si percepisce la necessità di una protezione
del suolo. Anche in altre città i coordinamenti locali del Forum organizzano
incontri con le amministrazioni a partire dalla proposta di legge di iniziativa
popolare, qui allegata, sulla quale in particolare M5S e LEU hanno fatto
pervenire già in campagna elettorale, la loro volontà di sostenerla in sede
parlamentare (http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2018/02/le-risposte-dei-partiti-alla-richiesta-di-valutazione-della-nostra-proposta-di-legge-popolare/), comunicandolo direttamente ai coordinatori del Gruppo di Lavoro
Tecnico-Scientifico multidisciplinare, i cui nomi trovate elencati
nell'introduzione alla PdL.
Auspicando un positivo riscontro da
parte degli assessori Montanari e Montuori, restiamo in attesa per procedere
con l’organizzazione dell’evento e porgiamo distinti saluti.
Anna Maria Ceci
Referente Seniores Italia- Lazio
Cell 346.6311485; email annamariaceci@gmail.com
Cristiana Mancinelli Scotti
Referente Coordinamento Salviamo il
Paesaggio Roma e Lazio
www.salviamoilpaesaggio.roma.it
Nessun commento:
Posta un commento