29 maggio 2018

Recensione film: KEDI-LA CITTA' DEI GATTI ,regia di Ceyda Torun





 Con Bülent Üstün, Turchia-USA del 2016. Fotografia di Alp Korfali e Charlie Wuppermann. Montaggio Mo Stoebe, musiche di Kira Fontana.

 


        
                                                 

La regista Ceyda Torun, che ha lasciato Istanbul a undici anni, evidenzia la presenza di questi felini nella sua città. Qui i gatti sono molto rispettati perché si dice che Maometto fu salvato dal morso di un serpente proprio grazie a un gatto. Sono centinaia di migliaia che vivono liberi e felici nella metropoli, interagendo con gli umani da partner paritari.

Istanbul è stato sempre un porto di estrema importanza nella storia e le navi, che venivano da tutte le parti del mondo, usavano imbarcare gatti a bordo perché cacciassero i topi. Così nei secoli sono arrivati a Istanbul vari tipi di gatti, dai pelosissimi norvegesi ai soriani, dai certosini ai ginger-cat e così via. I gatti di questa città sono poi saliti alla ribalta quando il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, nel viaggio in Turchia del 2009, fece visita a Santa Sofia e vide un bel micione tigrato - il famoso gatto Gli – camminare indisturbatamente tra navate e gallerie millenarie sotto gli occhi del premier turco Erdogan. Sembrerebbe che nel solo monumento bizantino viva una colonia felina di una ventina di esemplari. Da quel momento ci si è accorti che i gatti in città sono dappertutto, anche del Gran Bazar, diventando una sorta di simbolo della città per tutti gli stranieri. Perfino gli organizzatori dei campionati mondiali di basket nel 2010, hanno scelto come mascotte l’immagine di un gattone chiamato Bascat. Così afferma Ceyda Torun: «I gatti sono integrali all’identità di Istanbul tanto quanto i suoi monumenti, il Bosforo, il tè, i ristoranti di pesce e raki».

Kedi (in turco vuol dire “documentario”) non è un film sui gatti domestici che si possono vedere nel proprio cortile, ma un documentario sulle centinaia di migliaia di gatti che vagano liberamente nella metropoli da migliaia di anni che vanno e vengono nelle vite degli uomini tra il selvaggio e l’addomesticato. I gatti e i loro cuccioli sono portatori di felicità e forniscono un’occasione di riflessione agli uomini sulla propria vita, quasi fossero un loro specchio. Così dichiara la regista: «Spero che questo film faccia sentire lo spettatore come se gli si fosse posato un gatto sulle ginocchia inaspettatamente, facendo le fusa, costringendolo – perché impossibilitato a muoversi senza lasciar andare quella morbidezza – a pensare alle cose a cui non ha il tempo di pensare normalmente».

La presenza del gatto, inoltre è terapeutica, il prendersi cura di queste bestioline in strada fa ritrovare la gioia in molte persone che narrano la fuoriuscita da una depressione grazie alla gioia di vivere e all’edonismo dei gatti. Alcuni recenti studi hanno perfino riscontrato che le vibrazioni delle fusa hanno un potere rilassante.

Attraverso la storia di sette gatti, la regista mostra una Istanbul estremamente affascinante. Dopo due mesi di riprese con “macchine fotografiche per gatti” e droni, in modo da avere sia scene in soggettiva sia viste panoramiche sui tetti, visitiamo strade e vicoli con guide d’eccezione. Le immagini alternano una vista dall’alto a un percorso in mare su traghetto, ad alcuni scorci delle suggestive stradine su per la salita. Ognuno dei gatti presi in considerazione da Ceyda Torun, abita una zona urbana diversa e ha un carattere particolare, differente dagli altri. Nel giardino del quartiere Nisantasi, nel distretto di Sisli, ci sono perfino una serie di cassette che servono da alloggio per gli amici a quattro zampe.

Ogni abitante di Istanbul può raccontarvi una storia di gatti, di cui alcuni sono più paurosi, altri più socievoli, altri ancora più “spirituali”. Le vicende narrate nel film parlano di Sari, la soriana bianca e rossa che ha partorito da poco, che aspetta ore davanti a un negozio fissando i clienti, per ottenere cibo che poi porta ai suoi cuccioli. Mentre Bengü ha un buon carattere e fa le fusa a tutti gli operai della zona industriale, Aslan Pasçasi, soprannominato “Little Lion” per la sua criniera, vive tra i locali di ristorazione sulle rive del Bosforo dove svolge il compito di cacciatore di topi e, in cambio, mangia dell’ottimo pesce fresco. Psikopat invece è la gatta matta del quartiere, vive in una delle zone più antiche, è gelosissima e possessiva nei confronti del suo compagno, entrambi bianchi e neri. Deniz ama molto giocare ed è la mascotte del mercato biologico, mentre Gamsiz si arrampica sugli alberi e da lì attraverso i balconi entra nelle case di Citangir, il quartiere degli artisti situato tra Piazza Taksim e Kabatas, caratterizzato da molte stradine, affollate da diversi piccoli caffè. Duman è il gattone grigio educatissimo che aspetta fuori al negozio delicatessen la sua porzione di tacchino affumicato e formaggio leggero (per non ingrassare…) in una zona elegante di Istanbul.

Kedi la città dei gatti” da un lato celebra il mistero, dall’altra mette in evidenza le analogie di questi animali con gli umani. Nel film trovano spazio voci di persone semplici che raccontano le storie dei vari gatti, di quanto cambino quando diventano genitori, e custodiscono grandi verità come: «Se sei capace di apprezzare la compagnia di un gatto, di un fiore o di un uccellino, allora il mondo è tuo». Se noi ci prendiamo cura di loro, loro lo faranno di noi, insegnandoci ad apprezzare i valori della libertà. Il film è piuttosto godibile, da suggerire anche a coloro che non hanno una particolare predilezione per i gatti.

 

 

Ghisi Grütter

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