Non so voi, ma io provo sempre più frequente uno stato d’animo sotterraneo, un sottile e allarmante presentimento che tutto può succedere, e che qualcosa di terribile sta arrivando. È la sensazione di un incontrollabile crescendo, come se nel mondo qualcosa di fondamentale per la vita si stesse via via sgretolando. Non penso sia un problema solo mio, anche se sicuramente di mio qualcosa ci metto. Lo sento nell’impatto con gli occhi di chi ancora non ha rinunciato a incrociare i tuoi, e sono sempre più pieni di un interrogativo disperato. E ancora peggio in chi a incontrare il tuo sguardo ha rinunciato. Sento che tra gli umani circola sempre meno fiducia, speranza, senso, come se si vivesse sempre più rintanati nell’immediato. Per strada si sente ancora qualche grido o risata di bambino, ma le facce dei genitori esprimono l’allarme di chi si attende solo altri orrori. E non credo questo sia solo dovuto alle strategie di chi ritiene di controllare meglio le persone alimentando paure e terrori. E neppure che questo sia un dato che riguarda esclusivamente Roma e i suoi cronici disastri. Non sappiamo più che cosa sta succedendo e arrivando. O meglio, temiamo di saperlo benissimo, e preferiamo non dirlo. In giro c’è troppo disordine e caos, solitudine e abbandono. Dovremmo fermarci tutti cominciando ad avere almeno il coraggio di riconoscerlo e dirlo. E, prima che qualcosa di irreparabile accada, ragionare sul cosa fare tutti insieme per evitarlo.
Gian Carlo Marchesini
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