AMERICAN PASTORAL
Regia di Ewan Mc Gregor
Con Ewan Mc Gregor, Jennifer Connelly, Dakota Fanning, David
Strathairn, Peter Riegert, Uzo Aduba, Molly Parker, Rupert Evans del 2016.
Sceneggiatura di John Romano. Musiche di Alexander Desplat. Fotografia di
Martin Ruhe. Scene di Daniel B. Clancy.
Per
la sua prima regia, lo scozzese Ewan Mc Gregor avrebbe fatto meglio a scegliere
un tema meno difficile. Tratto dal libro omonimo di Philip Roth con cui nel
1997 vinse il Premio Pulitzer, American
Pastoral presenta tutti i problemi
tipici di una trasposizione dallo scritto alle immagini in movimento.
Il
protagonista Seymour Levov (lo stesso Ewan Mc Gregor) – biondo e scultoreo
idolo sportivo universitario detto lo “Svedese” - e la moglie Dawn (Jennifer
Connelly), una bella shiksa (non
ebrea in Yiddish) di modeste origini, vivono in una fattoria nella campagna di
Newark, New Jersey, dove lui prende in mano la direzione della Newark Maid,
l’esclusiva fabbrica di guanti posseduta dalla famiglia Levov. Hanno una sola
figlia Merry (Dakota Fenning), una bella bambina bionda sveglia e intelligente
che ha solo un piccolo problema di balbuzie. La psicoterapeuta dove i genitori
la portano, ipotizza come motivazione, una sua richiesta di attenzioni al padre,
in competitività con la mamma già reginetta di bellezza, eletta anni prima Miss
New Jersey.
Si
vede così crescere Merry diventare adolescente e abbracciare la ribellione
degli anni ’60, contro il capitalismo e contro Lyndon B. Johnson, presidente
dal 1963 al 1969, per la guerra in Vietnam, a causa delle atrocità operate
dagli Americani sulle popolazioni civili. Da quel momento la ragazza compie
atti terroristici, entra in clandestinità e non vuole più avere nessun rapporto
con la famiglia di origine né con l’ovattato mondo borghese, dove è cresciuta.
Un dettaglio non irrilevante, che il neo-regista mostra, è che Merry, una volta
trovata la sua strada, smetterà finalmente di balbettare.
La
storia, quindi, gira attorno all’impossibilità di un padre di accettare la
diversità della figlia e delle sue scelte radicali, chiedendosi in che cosa abbia
sbagliato nella sua educazione. Non si arrenderà mai neanche di fronte
all’evidenza. Qui forse il film, nel tentare di narrare i sensi di colpa, fa
sentire la grande differenza con il romanzo e con l’ebraitudine descritta da un ebreo doc come Philip Roth.
La tematica
del fallimento del sogno americano, presente nel libro, perfino per un giovane
a cui sembra andare tutto bene – successi sportivi, moglie bella, fabbrica
efficiente – non si percepisce come metafora, forse perché le sofferenze
individuali del protagonista prendono il sopravvento sul resto.
American Pastoral è girato tutto come un lungo flash back narrato da Jerry Levov (Rupert Evans), fratello di
Seymour, al suo vecchio compagno di scuola lo scrittore Nathan Zuckerman (David
Strathairn), alter-ego di Philip Roth
in molti dei suoi romanzi. Le ambientazioni sono belle – le scene di Daniel B. Clancy Martin Ruhe e fotografate da sono sicuramente
evocati i quadri di Edward Hopper - anche se le ricostruzioni anni ’60
sono un po’ stereotipate, segno evidente che Ewan Mc Gregory non li ha vissuti.
In tal modo la figura della figlia risulta un po’ ridicola e la moglie
insopportabile, mentre l’unico personaggio che emerge, grazie anche alla recitazione,
è il protagonista, Seymour lo “Svedese”.
La
colonna sonora è ben studiata dall’ormai famoso Alexander Desplat vincitore
dell’Oscar 2015 per la musica di Gran
Budapest Hotel.
Ghisi Grütter
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