26 ottobre 2016

ROMA ,CITTA' DI MAFIE

    
Viaggio nella Capitale presa d’assalto dalle mafie 2.0.
Roma è una città di mafie. Sulla Capitale insistono almeno 70 tra clan, cosche e famiglie dedite ad attività illegali aggravate dal metodo mafioso. Si tratta di un fenomeno in espansione: oggi nel Lazio si contano 92 clan operativi, a fronte degli 88 censiti nel 2015. Ma c’è di più: la peculiarità romana consiste nella presenza di mafie autoctone, che convivono insieme alle mafie tradizionali importate per lo più dal Sud Italia.
Il dossier “Mafie nel Lazio 2016” offre un quadro dettagliato del crimine organizzato romano. Le attività preferite dai boss sono il traffico di stupefacenti, l’usura e la corruzione, insieme all’intestazione fittizia di beni e al riciclaggio. Ma le infiltrazioni riguardano una importante fetta di tutta l’imprenditoria capitolina. La chiamano Mafia Spa, e a Roma controlla ristoranti, mercato immobiliare e gioco d’azzardo, per un fatturato annuo plurimilionario.
‘Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra, le cosiddette mafie tradizionali, hanno ormai da decenni fatto di Roma un ricco banchetto da spartirsi. Dalla ristorazione al mondo degli appalti, la città è diventata oggetto di una campagna di colonizzazione mafiosa senza precedenti sul territorio italiano. Perché se è vero che le infiltrazioni mafiose riguardano ormai l’intero territorio nazionale, è anche vero che solamente a Roma sono nati e cresciuti movimenti autoctoni ben collocati nell’ambiente criminale della città.
Sono boss che parlano uno spiccato accento romano, che hanno contatti e relazioni sul territorio e che gestiscono interi quartieri diventati veri e propri beni di famiglia. Zone come Romanina, San Basilio, Tor Bella Monaca e Ostia sono ormai feudi di famiglie ben affermate e radicate nel cemento delle periferie romane.
La mafia romana è anche storicamente fortunata. È infatti nata e cresciuta in un’epoca che le ha consentito di evitare gli errori fatti dai propri predecessori. A Roma non è mai esistita una guerra sistematica tra mafie, a differenza di Palermo, Napoli e altri importanti centri del Sud Italia che sono stati spesso insanguinati da stragi criminali. In realtà è anche sbagliato pensare che a Roma ci sia la mafia. A Roma esistono piuttosto le mafie, al plurale. Non esiste cioè un unico grande direttivo, una cupola centrale, ma ognuno si muove liberamente in un piccolo settore nel quale gode di monopolio. E chi prova a far saltare questo accordo finisce come la Banda della Magliana.
Lo ha sottolineato anche il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone: “A Roma ci sono soldi per tutti e non c’è bisogno di uccidere”. E così l’omertà e la dispersione sul territorio hanno favorito gli affari dei clan. Secondo il procuratore “Roma è una città troppo grande per un solo gruppo criminale, e quindi si impone una convivenza pacifica”.
E’ la cosiddetta pax mafiosa, che nel Mezzogiorno i clan hanno raggiunto a caro prezzo dopo un decennio di stragi, e che nella Capitale è regola ormai dagli Anni Ottanta.
Come altrove, le mafie hanno messo nell’armadio la coppola e la lupara per vestirsi con giacca e cravatta. L’ambiente in cui i boss si muovono è quello dell’alta società e dell’imprenditoria di successo, che consente loro di riciclare denaro e avvelenare le imprese pulite e le logiche del libero mercato. E in tutto questo magna-magna di soldi sporchi, la politica è rimasta a guardare.
Se le mafie hanno imparato dal passato siciliano, calabrese o campano, le istituzioni hanno preferito girarsi dall’altra parte e non guardare. Ancora ad oggi nessuna persona a Roma è mai stata condannata per associazione di stampo mafioso. Oggi intere zone della città vivono sotto un’amministrazione parallela che gestisce in silenzio il commercio e l’economia dei quartieri. È il risultato di decenni di speculazione, corruzione e affarismo sfrenato che hanno gettato la Capitale in un mosaico criminale così variegato e complesso da sembrare apparentemente folle e illogico, ma che semplicemente risponde alle logiche del denaro e del potere.


da http://www.abitarearoma.net/roma-citta-mafie/#.WA-Qt3__ocB

Il dossier “Mafie nel Lazio 2016” offre un quadro dettagliato del crimine organizzato romano. Le attività preferite dai boss sono il traffico di stupefacenti, l’usura e la corruzione, insieme all’intestazione fittizia di beni e al riciclaggio. Ma le infiltrazioni riguardano una importante fetta di tutta l’imprenditoria capitolina. La chiamano Mafia Spa, e a Roma controlla ristoranti, mercato immobiliare e gioco d’azzardo, per un fatturato annuo plurimilionario.
‘Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra, le cosiddette mafie tradizionali, hanno ormai da decenni fatto di Roma un ricco banchetto da spartirsi. Dalla ristorazione al mondo degli appalti, la città è diventata oggetto di una campagna di colonizzazione mafiosa senza precedenti sul territorio italiano. Perché se è vero che le infiltrazioni mafiose riguardano ormai l’intero territorio nazionale, è anche vero che solamente a Roma sono nati e cresciuti movimenti autoctoni ben collocati nell’ambiente criminale della città.
Sono boss che parlano uno spiccato accento romano, che hanno contatti e relazioni sul territorio e che gestiscono interi quartieri diventati veri e propri beni di famiglia. Zone come Romanina, San Basilio, Tor Bella Monaca e Ostia sono ormai feudi di famiglie ben affermate e radicate nel cemento delle periferie romane.
La mafia romana è anche storicamente fortunata. È infatti nata e cresciuta in un’epoca che le ha consentito di evitare gli errori fatti dai propri predecessori. A Roma non è mai esistita una guerra sistematica tra mafie, a differenza di Palermo, Napoli e altri importanti centri del Sud Italia che sono stati spesso insanguinati da stragi criminali. In realtà è anche sbagliato pensare che a Roma ci sia la mafia. A Roma esistono piuttosto le mafie, al plurale. Non esiste cioè un unico grande direttivo, una cupola centrale, ma ognuno si muove liberamente in un piccolo settore nel quale gode di monopolio. E chi prova a far saltare questo accordo finisce come la Banda della Magliana.
giuseppe-pignatoneLo ha sottolineato anche il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone: “A Roma ci sono soldi per tutti e non c’è bisogno di uccidere”. E così l’omertà e la dispersione sul territorio hanno favorito gli affari dei clan. Secondo il procuratore “Roma è una città troppo grande per un solo gruppo criminale, e quindi si impone una convivenza pacifica”.
E’ la cosiddetta pax mafiosa, che nel Mezzogiorno i clan hanno raggiunto a caro prezzo dopo un decennio di stragi, e che nella Capitale è regola ormai dagli Anni Ottanta.
Come altrove, le mafie hanno messo nell’armadio la coppola e la lupara per vestirsi con giacca e cravatta. L’ambiente in cui i boss si muovono è quello dell’alta società e dell’imprenditoria di successo, che consente loro di riciclare denaro e avvelenare le imprese pulite e le logiche del libero mercato. E in tutto questo magna-magna di soldi sporchi, la politica è rimasta a guardare.
Se le mafie hanno imparato dal passato siciliano, calabrese o campano, le istituzioni hanno preferito girarsi dall’altra parte e non guardare. Ancora ad oggi nessuna persona a Roma è mai stata condannata per associazione di stampo mafioso. Oggi intere zone della città vivono sotto un’amministrazione parallela che gestisce in silenzio il commercio e l’economia dei quartieri. È il risultato di decenni di speculazione, corruzione e affarismo sfrenato che hanno gettato la Capitale in un mosaico criminale così variegato e complesso da sembrare apparentemente folle e illogico, ma che semplicemente risponde alle logiche del denaro e del potere.

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