Con Emma Thompson, Brendan Gleeson, Daniel Brühl, del 2016. Sceneggiatura di Achime e Bettine von Borries. Musiche di Alexander Desplat.
Berlino
1940. Anna e Otto Quangel, una coppia di operai berlinesi, ricevono la notizia
dalla Wehrmacht che il loro unico figlio è morto al fronte. “Morto per la
patria e per il Führer”, recita il comunicato. Da questo tragico evento i due
si rendono conto di quante menzogne avesse costruito il nazismo e che tipo di
tiranno fosse Hitler – probabilmente senza neanche sapere quanto fosse vero e
che mostruosità fossero realmente in atto.
Otto
(un magnifico Brendan Gleeson), per sfogare il suo dolore, inizia a scrivere un
paio di cartoline quasi un grido di dolore e un’istigazione alla ribellione; le
lascia in punti strategici come ad esempio sulle scale interne di un palazzo di
uffici, in pieno giorno. Diventando sempre più abile nella scrittura col
pennino – usa anche i guanti per non lasciare impronte – e per lasciare le sue
cartoline illustrate, si reca in zone sempre di più lontane cambiando tram e
autobus. La moglie Anna (Emma Thompson
da Oscar) è con lui fin dall’inizio, lo sostiene, lo controlla, lo aiuta. Poi
anche lei prenderà l’iniziativa di portare autonomamente qualche cartolina in
luoghi pubblici, possibilmente affollati, come ad esempio le scuole. Otto
scriverà duecentottantacinque cartoline di cui la maggior parte verrà alla fine
recapitata a Escherich, l’ispettore di polizia (Daniel Brühl). Inizierà una caccia
all’uomo-ombra, considerato un
pericoloso sovversivo, che finirà con l’arresto della coppia e con la loro
decapitazione.
Il
regista in questo film ci mostra un’inedita Berlino (anche se forse non tutto
il film è girato lì) fatta di vicoli e di strade, viste attraverso i percorsi di
Otto e Anna nella loro piccola rivoluzione urbana: officine, palazzi d’uffici e
residenze diverse, da quelle piccolo borghesi a quelle sontuose degli
ufficiali. Non c’è la Berlino monumentale e maestosa - né Alexander Platz né
Unter den Linden - ma c’è una città vissuta quotidianamente nei luoghi
funzionali, inclusa la sede della Gestapo.
All’interno
del condominio dove vivono i Quangel, si trovano vari personaggi con le loro
mini-storie: il giudice integerrimo che si rivelerà persona buona e perbene, la
signora Rosenthal nascosta e aiutata dalla postina Vera che troverà la morte
suicidandosi, il giovane ex bambino che adesso fa parte anche lui delle SS e i due
barboni che spiano gli abitanti del palazzo per ricavarne un profitto.
Vincént
Pérez - attore svizzero con qualche esperienza di regia come Pelle
D'angelo del 2002
- crea un’ottima ricostruzione dell’epoca sottolineata dall'eccellente colonna
sonora di Alexander Desplat (premio Oscar 2015 per Gran Budapest Hotel). Descrive le violenze con scene crude e
sintetiche e ricorre alle interpretazioni magistrali di entrambi i protagonisti
che, da soli, valgono tutto il film. Tratto da un Ognuno muore solo, un romanzo
di Hans Fallada sulla resistenza berlinese famoso in Germania, presentato in
concorso alla 66ma edizione della Berlinale, Lettere da Berlino è un film notevole, a parte qualche piccolo
dubbio sullo sviluppo della vicenda – più sulla sceneggiatura che sulla regia -
e sulla non eccessivamente sottolineata suspense.
Ghisi Grütter
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