Con Valeria Golino, Adriano Giannini, Arianna Scommegna,
Laura Adriani, Anna Ferzetti, Beniamino Marcone, Valentina Carnelutti, Mattia
Sbragia, Giuseppe Cederna, del 2017. Sceneggiatura di Silvio Soldini con
Doriana Leondeff e Davide Lantieri.
In Il colore nascosto delle cose Soldini
affronta il tema della cecità, ma sembra quasi un pretesto per parlare del
mondo femminile versus quello
maschile. Ha scelto di descrivere il rapporto che nasce tra Emma (una splendida
e bravissima Valeria Golino), un’osteopata non vedente e Teo (il seduttivo
Adriano Giannini), un pubblicitario
playboy che lavora come in
un’importante agenzia. Lui è il simbolo del maschio italiano (ma solo
italiano?), ancora immaturo a quarant’anni, affetto di peterpanismo, incapace
di affrontare le cose per quello che sono e di dire la verità anche, e
specialmente, quando potrebbe far male. Quindi Teo finisce per comportarsi male
con tutte le donne con cui ha un rapporto, anche con quella che crede di amare.
Siamo a Roma in un habitat medio
borghese – si riconosce qua e là il quartiere Flaminio - he vive e lavora in
edifici alti attorno ad ampi cortili. Teo conosce casualmente Emma partecipando
all’esperienza dei “Dialoghi al buio” in cui si viene guidati in un percorso
privo di fonti luminose, cercando di sviluppare gli altri quattro sensi. Lì le
persone prive di vista sono avvantaggiate perché abituate all’ascolto, agli
odori e a tutte le altre sensazioni. Sempre accidentalmente Teo rincontra Emma
in un negozio di vestiti femminili e si riconoscono dalle voci. A lui scatta la
curiosità - oltre alla vanità della conquista – e va in terapia da lei pur di
parlarle e di tentare di sedurla. Man mano impara a conoscerla e scopre che è
una donna estremamente differente a tutte quelle che ha conosciuto. Emma è una
persona positiva e, nonostante sia diventata cieca da adolescente, autonoma e
coraggiosa. È piena di interessi, ama e cura le piante, ama anche il cinema e
la musica, e dà ripetizioni di francese a una ragazza anch’essa cieca che non
vuole accettare la propria menomazione. Emma si è separata dal marito da circa
un anno e si sente gratificata nel momento in cui un uomo, e per di più
piacente, si interessi a lei e la desideri. Teo, forse per la prima volta nella
sua vita, si sente utile a qualcuno che, in qualche misura, deve proteggere e
accudire. È sempre sfuggito da ogni responsabilità anche in famiglia. Il padre
gli è morto quando lui aveva sei anni e la madre si era risposata, ma Teo non è
riuscito mai ad accettare il patrigno, pertanto non ha fatto altro che scappare
dal piccolo paesino da cui proviene, e poi collegio, università, lavoro, donne.
Non tornerà a casa neanche per il funerale del patrigno. Sembra che le
sofferenze infantili forgino in maniera decisiva molti personaggi maschili del
cinema: anche Truffaut narrava di Antoine Doinel che scappava da casa perché
aveva patito le cattiverie del patrigno in I
quattrocento colpi del 1959, il primo film della serie sulla vita di
Antoine.
Nel
2014 Soldini si è trovato in cura terapia da un fisioterapista non vedente e su
questa idea ha già girato il documentario Per
altri occhi – avventure quotidiane di un manipolo di ciechi. Da qui ha
costruito questa storia d’amore dove la donna, in quanto essere femminile e per
di più non vedente, possiede una sensibilità molto sviluppata contro la quale
cozza l’incapacità di essere corretto del “curioso
delle donne” per dirla con Alberto Bevilacqua. Il film è stato presentato
fuori concorso alla 79ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia.
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