14 settembre 2017

Cronaca di fine estate ed alcune riflessioni (seconda parte)

La caserma non c’è più e non c’è più papa Marcel, con i suoi baffoni e la moglie che sembrava Trudy di Gambadilegno. Faceva la grappa nella cantina, lo sapevano tutti, finanzieri e carabinieri e polizia e la compravano anche. Lui intercedeva presso gli ufficiali per alleviare punizioni. L’osteria era piena di cappelli di alpini di tutti i paesi del mondo.
C’è ancora l’osteria in via Croix de Ville, ma non è più la stessa cosa. Papa Marcel la ha ceduta molti anni fa, quando sua moglie si è ammalata, per starle vicino; e poi non ci sono più gli alpini. La caserma sta per diventare la nuova sede della università della Valle. Rimane soltanto una sede (bellissima) del comando della scuola alpina – fuori Aosta – e la caserma di La Thuile (rimodernata e persino bella da vedere), usata, credo, per soli ufficiali , mi sembra non soltanto alpini.
Josi, ci andremo, al piccolo; sto preparando il programma per questa estate.
Sia il grande che il piccolo San Bernardo sono molto  più belli quando la stagione, vicina alla chiusura – chiudono tra il 1° e il 15 ottobre – mostra tutta la desolazione dantesca del paesaggio e i venti sono forti, ma anche d’estate rimangono molto belli.
Per la temperatura, ormai, anche qui, a casa, non si superano i 15 gradi nelle ore centrali e si va intorno ai 5/6 gradi al mattino presto. Giù, ad Aosta, che è un buco come Bolzano, si arriva ai 20/21 gradi a mezzogiorno. 
 
E’ vero; lo ha detto anche Fabrizio, che correva i 110 ostacoli, ma io ho riportato quello che ha detto Francois; ricordi evidentemente nebulosi, ma di Virgili Fabrizio si ricordava tanto da aver detto il cognome appena ho citato il nome.
 
Ammiro Gian Carlo come Paolo, Josi e  credo tutti noi.
Paolo ha detto che lui non è capace.Con la semplicità, naturalezza, forza e determinazione di Gian Carlo, nessuno di noi è capace.
Gian Carlo ha la fortuna di essere svincolato da molte delle pastoie che le nostre vite ci hanno cucito addosso. Carattere, temperamento e i casi della vita lo hanno formato così.
Quello che salta agli occhi è che, in questo mondo di oggi, soltanto “l’apostolato” di GC fa premio.
Lo ius soli, che se ci pensiamo bene, era prevedibile fosse abbandonato, ci sbatte in faccia una realtà evidente. Anche le altre nazioni distinguono con molta ipocrisia, tranne (incredibile) gli USA, che di migranti – finchè non se ne sono dimenticati – sono fatti.
Vittorio dice che sono catastrofista, ma non la vedo così.
Penso che la teoria e la prassi che l’occidente ha inventato da molto tempo e che negli ultimi decenni ha invaso il mondo, seguano un percorso sbagliato, non correggibile dall’interno e soltanto capovolgibile, perchè totalizzante e che si oppone al naturale svolgimento della vita e alle stesse complesse tecnologie, che la scienza occidentale ha messo in campo, immaginate a rinforzo e che, invece, probabilmente ne decreteranno il crollo.
Non è questione di ottimismo o pessimismo; non sarà il primo collasso di una modalità specifica di organizzazione della società degli uomini, nè sarà l’ultimo.
La differenza con il passato è che, la lotta tra chi detiene il potere e chi lo subisce,non riguarda più soltanto aree geografiche limitate ma il mondo intero e che non si tratta più di sostituire potenti vecchi con nuovi, ma che tutto questo avviene su un palcoscenico che scienza e tecnica hanno prfondamente innovato senza che ce ne accorgessimo, per cui la politica,anche la migliore, balbetta  e il futuro non appare gestibile con gli strumenti concettuali a disposizione, anche se modificati. Probabilmente sono da buttare.
Spesso sono gli scrittori, più che gli studiosi, a vedere limpidamente la realtà. Nell’ultimo espresso, c’è l’intervista a Omar Hamilton, scittore anglo –libico che dice:”il tema comune in tutto il mondo di oggi è il predominio di una ideologia (ah! La morte delle ideologie) di liberalismo estremo dei mercati che sta creando ovunque lo stesso schema di ineguaglianze sociali e non ci sarà una soluzione che non sia una soluzione comune internazionale....” con profonda ironia aggiunge che in questo scenario nuovissimo una cosa sola sembra sempre la stessa: “io credo che l’occidente – come esso stesso si definisce – sia sempre stato interessato all’Africa: fin dai giorni del commercjo degli schiavi o delle miniere di diamanti del Sudafrica. E poi c’è il cotone dell’Egitto, il fosfato del Marocco, il petrolio della Nigeria...” o adesso delle terre rare, dico io.
Niente di nuovo; l’attenzione all’Africa dei politici occidentali, da Renzi a Minniti, da Le pen a Salvini, da Macron alla Merkel... seppur con accenti diversi sono la continuazione di un antico strabismo, che non sa come ripararsi dalle conseguenze dei disastri provocati.  
Ho paura che “il nuovo” non arriverà in modo indolore, ma nonostante tutto, mi dispiace essere così vecchio da non poter soddisfare la mia curiosità: mi piacerebbe vedere la nebbia diradarsi e scoprire il futuro che sarà.
Umberto Pradella 

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