16 settembre 2017

Recensione film: LA STORIA DELL'AMORE regia di Radu Mihaileanu

Con Derek Jacobi, Sophie Nélisse, Gemma Arterton, Elloit Goukd, Mark Rendall, Torri Higginson, Alex Ozerov, Jamie Bloch, William Ainscough, del 2016. Musica di Armand Amar e costumi di Viorica Petrovici. Fotografia di Laurent Dailland e scenografia di Christian Niculescu.

 




 

Storie del Novecento

La storia dell’amore è un bel film commovente. Tratto dal libro omonimo di Nicole Krauss, il film narra una lunga storia che attraversa tutto il “secolo breve”. Percorre le vicende di Alma Mereminski e Leo Gursky (una dolce Gemma Arterton e un bravissimo Derek Jacobi), due ebrei polacchi che si amavano fin da giovani, che da uno shtetl (villaggio ebraico dell’Est Europa) del distretto di Minsk, finiscono per vivere, separatamente, a New York City. Il regista segue due percorsi narrativi in contemporanea: siamo nel 2006 e, da un lato, è mostrata la storia dell’adolescente Alma Singer che si svolge in ordine cronologico e dall’altro quella di Leo che vive a ritroso la sua storia d’amore. Il film, in tal modo, risulta essere un insieme di frammenti di vita in differenti periodi di tempo, montati in modo da non facilitare la comprensione della vicenda, ma stimolandone la curiosità e donando, in tal modo, una certa suspense.

Il film si articola su più scene:

- nella casa della famiglia di Charlotte Singer traduttrice che vive a Brooklyn con la figlia Alma e il figlio Bird;

- in un edificio fatiscente a China Town, dove vive da solo Leo, ultimo ebreo ad abitare ancora lì;

- nel villaggio in Polonia prima della seconda Guerra Mondiale;

- in Cile dove vive Zvi, uno dei tre amici inseparabili prima della guerra;

- nella casa di Alma a New York in Rivka Street;

- nella casa unifamiliare suburbana di Isaac Moritz, figlio naturale di Leo, famoso scrittore.

Allo scoppio della guerra i genitori di Alma la fanno emigrare negli Stati Uniti per proteggerla e i due giovani amanti si lasciano in lacrime con grandi promesse. In particolare Leo le giura di scrivere un romanzo su di lei (La storia dell’amore appunto, in Yiddish) che le invierà per posta man mano che i capitoli saranno ultimati. Varie saranno le peripezie che subirà questo manoscritto, una guerra di mezzo, emigrazioni delle persone in paesi diversi. Leo soffrirà tutta la vita rimando sempre fedele a questo suo grande amore e solo da anziano troverà – con una dolcezza un po’ amara - una forma di soddisfazione.

Le tematiche serie sono portate sullo schermo con ironia e con simpatia. Leo da vecchio è proprio hamishe (in yiddish è “come una pantofola comoda”), dotato di grande sense of humor e ammirevolmente ostinato in questa sua speranza di incontrare il figlio mai conosciuto. Alma, il suo grande amore, gli aveva fatto promettere non rivelare mai a Isaac di essere il suo vero padre e Leo riesce a tenere questo segreto per sé a fatica, fino a che è sufficientemente vecchio per sentirsi libero di poterglielo comunicare.

Il film è girato con un tale garbo che non annoia neanche un attimo nonostante duri 134 minuti. Il regista Radu Mihaileanu è rumeno ma naturalizzato in Francia ai tempi di Ceausescu, dove si trasferisce nel 1980. Ha già girato il divertentissimo Train de vie - un treno per vivere nel 1998 ottenendo un gran successo, e l’intenso Il Concerto del 2009. Così dice in un’intervista: «Credo che l’umanità stia attraversando la crisi più grave e profonda della sua storia, una crisi che genera tutte le altre, legata all’incapacità di amare l’altro. Viviamo in un’epoca in cui l’amore per se stessi trionfa sul resto e sulla gioia di amare qualcun altro, di volergli bene e di credergli. A volte l’amore sembra obsoleto, degradante e conservatore. A me piace prendere le difese di quegli utopisti che ancora lottano per l’amore, un sentimento che aiuta a sopravvivere».


Ghisi Grütter

 

 

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