Le riflessioni e le analisi della sconfitta a sinistra continuano. Oggi a Roma, nel raggio di pochi chilometri si sono tenute due iniziative, entrambe organizzate da dirigenti del Partito Democratico. "Il confronto è aperto" è il titolo dell'evento organizzato dal renziano autonomo Richetti; "Sinistra, anno zero" è invece il nome del convegno aperto da Peppe Provenzano, membro della direzione nazionale del PD e vice presidente di Svimez.
All'Acquario Romano, Matteo Richetti ha lanciato la corrente Kenyota del PD. "Chiunque voglia candidarsi alla guida del partito credo che debba indicare un percorso, con una proposta per il Paese, un profilo per il partito ed un programma, che non può non concludersi con primarie aperte" Queste le parole di Richetti che nel suo intervento di chiusura non ha risparmiato critiche a Renzi e alla gestione del partito basato solo ed esclusivamente sulla conta delle tessere. "Lavoriamo insieme per rimettere in piedi il PD e per cambiarlo". Bisognerebbe capire a chi è rivolto questo appello. A chi era presente o anche a chi prosegue con in il dibattito al Centro Congressi Cavour?
Proprio al Cavour i giovani, almeno tali per età anagrafica, dopo la relazione di Peppe Provenzano, continuano la discussione mossa dalla volontà di aprire una nuova fase politica a partire da una profonda critica non soltanto alle politiche degli ultimi cinque anni, ma alla cultura politica dominante dell'ultimo quarto di secolo.
Tra gli interventi al seminario quello di Andrea Orlando che in una lunga autocritica ha sottolineato che "il voto ci dice che il centrosinistra è finito, non è saltato il trattino tra centro e sinistra, ma l'idea degli anni '90 che si potessero mettere insieme parti di società esclusa e parti della società inclusa. Il centrosinistra non è più mobilitante per settori della società esclusa". Linguaggio politico o forse politicistico, ma è chiara la presa di coscienza di una sconfitta epocale alla quale non si può certo rispondere con un "andiamo avanti" come troppo spesso in questi anni è stato fatto.
Analisi, riflessioni e molte parole. Giovani che si accingono ad imitare un nostalgico percorso politico che hanno appreso dai libri di storia, giovani che cercano di costruire un pensiero che non è affatto seguito da un'azione se non quella di criticare un sistema di cui sono talmente vittime da non riuscire a liberarsene. Altrimenti come si spiega la presenza del ceto politico più usurato che non si limita all'ascolto in quella assise, ma cerca ancora di dettare la linea? Giovani di sinistra, ma troppo democratici, al punto di essere ospiti anche in casa propria. Giovani timorosi di imporsi con il pensiero e con l'azione, giovani che ancora chiedono il permesso per poter cambiare la storia.
Maura Pisciarelli
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