Un microcosmo tra passato e futuro
“La villa – La casa sul mare” ha un impianto classico da tragedia
greca, sostenuto anche dall’ambientazione naturale nel clima assolato
mediterraneo, e come nel teatro greco, la cavea è scavata nella roccia, che è
la casa, mentre il palcoscenico è il terrazzo semicircolare con vista
spalancata sul mare.
Robert
Guédiguian è un regista marsigliese figlio di immigrati, che non ha girato
moltissimi film. Usa quasi ininterrottamente gli stessi bravissimi attori in
una location che è più o meno sempre
la stessa. Tant’è vero che in “La villa –
La casa sul mare” è stata usata
come flash back, una sequenza del suo
“Ki lo sa” girato nel 1985. I temi
ricorrenti dei suoi film sono la nostalgia e la fine di un’epoca, il lavoro e
la disoccupazione, il rapporto tra le generazioni, la politica e la famiglia,
la disperazione e la voglia di vivere, la fabbrica e gli immigrati.
Siamo
in un piccolo borgo del calanco di Méjean, vicino Marsiglia, ai tempi d’oggi.
Lì c’è un piccolo ristorante “Le Mange Tout” il cui vecchio proprietario ha
appena avuto un ictus che lo ha lasciato
paralizzato e affatto cosciente. I tre figli Joseph (Jean-Pierre Darroussin),
Angéle (Ariane Ascaride) e Armand (Gérard Meylan), arrivano al suo capezzale
per occuparsi di lui, della casa e del ristorante. La villa è grande ma non
lussuosa, è stata costruita dal lui e dai suoi amici molti anni prima. Joseph
ha lavorato in fabbrica e, da difensore della classe operaia, è diventato
dirigente, scrive e tiene ogni tanto qualche conferenza nelle Università, dove
ha conosciuto la sua giovanissima fidanzata Bérangère (Anaïs
Demoustier).
Angéle
è un’attrice teatrale di successo che da molto tempo vive a Parigi, anche se è
sempre in tournée, celando una grande
sofferenza: vent’anni prima aveva lasciato la sua bambina lì a Méjean, ma per
un incidente era caduta in mare, cosa che lei non ha mai perdonato al padre. La
morte della bambina, infatti, ha interrotto completamente i rapporti tra padre
e figlia. Forse l’avvento dei tre bambini migranti venuti dal mare farà
sciogliere il suo cuore di madre, ancora sanguinante.
Armand
è il più sereno dei tre figli, vive a Marsiglia e gestisce il ristorante di
famiglia, un luogo popolare a prezzi contenuti. Ha il ruolo di sottolineare la
continuità attraverso il cibo, di tener viva la memoria nel tramandare le
ricette.
Di
fronte alla villa in un appartamento molto più modesto vive una coppia di
anziani coniugi (Jacques Boudet e Geneviève Mnich) che hanno un figlio medico
Yvan (Yann Trégouët) che non abita più lì, e che non vogliono accettare la
trasformazione del mondo e decideranno di fare l’ultimo viaggio insieme, mano
nella mano.
Benjamin
(Robinson Stévenin), un più giovane pescatore, è da sempre innamorato
dell’attrice brechtiana ed ha appeso in casa tutti i manifesti delle sue
rappresentazioni teatrali, quasi fosse un mausoleo.
Nel
film è rappresentato il dramma di una generazione attraverso i cambiamenti: «Gli
operai…ti ricordi ancora degli operai?» chiede sarcastica la giovane fidanzata
all’ex rivoluzionario Joseph. La crisi economica, dal suo canto, porta a non
avere più iniziative, i giovani vanno via per vivere in città e il ristorante
fatica a sopravvivere. Era stato aperto come spazio collettivo d’incontro della
comunità, oggi lo si potrebbe trasformare in un’attrazione turistica, ma non
era certo questa l’intenzione.
Un
dettaglio, non irrilevante, che mi è piaciuto molto nel film, è il passaggio
del treno sull’alto viadotto, che dona una sorta di ritmo alle sequenze e
aggiunge una nota concreta di realismo, anche un po’ fastidioso, in un ex
paradisiaco microcosmo. Guédiguian in un’intervista racconta che la calanque gli ha sempre ricordato un
teatro:
«…le colorate casette incastonate nelle colline sembrano nulla piùche facciate,
su di esse si affaccia un viadotto i cui treni sembrano giocattoli di bambini;
l’apertura sul mare trasforma l’orizzonte in un fondale, come una tela dipinta,
soprattutto con la luce invernale quando ormai tutti se ne sono andati. Allora
diventa un set abbandonato, malinconico e bellissimo».
“La villa – La casa sul mare” è stato presentato in concorso alla
74ma Mostra del Cinema di Venezia. Come in “Marius
et Jeannette” del 1997 e in “Le nevi
del Kilimangiaro” del 2000, Guédiguian sintetizza con grazia il pubblico e
il privato, alleggerendo il dramma con un finale di speranza. Infatti, solo la
solidarietà umana e l’unione della famiglia faranno superare le malattie, le
morti, le delusioni d’amore, le depressioni.
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