C'è una riserva politica preziosa nel nostro Paese, quella delle associazioni.
Posti dove non si compete per il potere e tutte le energie sono orientate al miglioramento del Paese. Pensiamo al ruolo che ogni giorno svolgono associazioni come Anpi, Libertà e Giustizia per la manutenzione costituzionale, Libera e le tante associazioni contro le mafie e la corruzione, Medici senza frontiere, Emergency e tutto il volontariato schierato per il soccorso ai migranti, le associazioni laiche e religiose di accoglienza e lotta all'esclusione e alla povertà. Potremmo continuare con un elenco lunghissimo di organizzazioni, che radunano la passione civile di chi sa che per vivere meglio tutti, bisogna alzare la condizione degli ultimi.
Eppure, questa giacimento di valore è ignorato da partiti e comunicazione. Se in un partito parli di ideali, sei un' "anima bella", ma inservibile per il duro gioco che la gestione corrente impone. Per la comunicazione, chi viene dall'impegno sociale è pericoloso. Potrebbe delegittimare l'intero studio con crude cronache di sofferenza e soluzioni di buon senso. Tempo fa, proposi a un noto conduttore la presenza fissa nella sua trasmissione del rappresentante di una associazione operante nel campo affine al tema trattato, per portare la voce di chi stava in trincea. Mi disse che era un'ottima idea e che mi avrebbe fatto sapere.
Dobbiamo rassegnarci all'incomunicabilità tra impegno politico e impegno civile? No. Anzi, occorre trovare il modo di creare una collaborazione stabile tra questi due contesti. Per esempio, mi piacerebbe che una forza di sinistra prevedesse delle "quote arancioni" tra i propri parlamentari, per persone provenienti da associazioni. E queste ultime, prevedessero quote di attività sul campo, dedicate a politici professionali. I nuovi politici di cui ha bisogno il Paese devono essere persone di cultura per affrontare la complessità; e di tirocinio umano, per tenere sempre presente chi soffre.
Massimo Marnetto
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