10 dicembre 2016

Recensione film:SULLY regia di Clint Eastwood


 

Con Tom Hanks, Aaron Eckhart, Laura Limney, del 2016

 
Un piccolo grande uomo

 

Gli ultimi film di Clint Eastwood partono sempre da storie vere.
Narrano di eroi/antieroi in cui il protagonista spesso può essere visto e giudicato in modi diversi e nel suo animo si sente  molto solo ma ostinato nel fare la “cosa giusta”.
Sia il cecchino di American Sniper sia il pilota di Sully hanno il convincimento di avere ragione e sono supportati da una grande professionalità.

La vicenda narrata nel film è di pochi anni fa.
Il 15 gennaio del 2009, il pilota Chesley Sullenberger detto Sully (uno straordinario Tom Hanks) sull’orlo della pensione, ha appena decollato - con un airbus A-320 e con 155 passeggeri a bordo - dall’aeroporto newyorkese di La Guardia diretto a Charlotte, North Caroline, quando uno stormo di uccelli entra in entrambi i motori danneggiandoli irreparabilmente. Dopo aver inizialmente pensato di poter tornare indietro, Sully si rende conto che non ce l’avrebbe fatta quindi, nel giro di pochi secondi, decide di tentare un ammaraggio di emergenza sul fiume Hudson, che scorre a New York. Porterà a compimento la manovra con successo: nessun morto né disperso, tutti i passeggeri illesi, solo una hostess riporterà una lieve ferita a una gamba. Sully vanta nervi saldi, una preparazione impeccabile e una grande esperienza maturata in ben quarantadue anni di volo. A spalleggiarlo, il convinto e fedele copilota Jack (interpretato da un bravo Aaron Eckhart),  che ha vissuto con lui in cabina quei sofferti 208 secondi.

Considerato un eroe per aver salvato miracolosamente la vita a tutti i passeggeri, una volta a terra, sarà oggetto di un’approfondita indagine, accusato di aver rischiato un ammaraggio di fortuna invece di aver seguito il protocollo di inversione rotta. Sully subirà l’assalto dei giornalisti, passerà il calvario delle inchieste, delle simulazioni di volo, del processo davanti al National Transportation Safety Board, ma alla fine, da accusato tornerà a essere considerato un valoroso pilota, perfino dagli inquirenti. E indovinate come sfoga il nervosismo Sully in attesa del processo? Facendo footing lungo le strade downtown Manhattan.

Le immagini di New York sono fantastiche e, oltre ai tradizionali grattacieli di Manhattan, al suo sempre seduttivo skyline e agli interni dell’hotel New York Marriots Dowtown dove soggiornano i piloti in attesa di processo, il regista ci fa apprezzare inquadrature di luoghi molto meno aulici, come il porto e gli scali aereoportuali.

Nel film c’è spazio anche per uno squarcio familiare suburbano, più intuito che narrato, attraverso le mille telefonate tra Sully e sua moglie - descritta come una perfetta housewife tutta presa da problemi casalinghi - con i soliti scambi mielosi e rassicuranti dei vari I love you.

Tom Hanks è da Oscar, le sue ultime interpretazioni sono straordinarie, molto diverse tra loro: il compiaciuto avvocato de Il ponte delle spie di Steven Spielberg e lo schivo pilota di Sully sono  entrambe prestazioni eccezionali.

La scelta dei personaggi di Clint Eastwood ricade sempre su “uomini duri” con poche capacità comunicative, con abnegazione nel lavoro e gran senso del dovere, destinati a prendere decisioni in assenza di tempo (che sia sparare o sia ammarare), eroi per caso, piccoli grandi uomini.

Il film è un vero prodotto americano, nel bene e nel male: grande fiducia nell’individuo, alta professionalità degli attori, notevole maestria nei movimenti di macchina con le inquietanti scene del salvataggio e un’ottima fotografia.
Attraverso Sully  il regista lancia un monito al popolo americano suggerendo di ripartire sempre dalle piccole cose e dall’etica del lavoro di un uomo comune che riconosce, inoltre, il merito delle operazioni al lavoro di squadra.

 

05.12.2016

 

Ghisi Grütter

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