di Sandro Medici – 21 aprile 2016
Elezioni. Sembrava quasi impossibile, ma la lista unitaria per Stefano Fassina ci sarà. Nei prossimi mesi si dovrà collaudare questo tentativo di rimonta politica: c’è bisogno che tutti contribuiscano
La sinistra romana c’è riuscita.
Finalmente. Alle prossime elezioni comunali ci sarà una lista unitaria:
si chiamerà Sinistra per Roma. Esito tormentatissimo di interminabili
discussioni, confronti, litigi e qualche dolorosa recriminazione.
Esprime quel che è: un progetto di riaggregazione materiale e ideale di
quanti, solo fino a qualche settimana fa, apparivano distinti, divisi,
reciprocamente ostili, e comunque indisponibili a riconoscersi l’un
l’altro, perfino a immaginarsi insieme. E che ora decidono di
presentarsi alle elezioni, sostenendo come candidato sindaco Stefano
Fassina: con lui impegnandosi a proseguire anche oltre, nel tentativo di
rianimare e ricostruire il senso, le ragioni e le aspirazioni di una
sinistra che molti in città vorrebbero estinta.
Miracolo a Roma,
verrebbe impudicamente da dire, scusandoci per l’involontaria eco
zavattiniana. Tra dritti e rovesci, la maglia della sinistra romana
sembra insomma riannodarsi intorno alla proposta di avviare
un’alternativa politica. In discontinuità con le amministrazioni del
passato, di centrodestra e di centrosinistra, compresa l’ultima del
sindaco Marino. Compresa quella attuale, che Pasquino definirebbe “in
mano ai preti e alle guardie”. Un’alternativa che si concretizzi nella
difesa dei diritti sociali, nella salvaguardia del territorio, nella
disobbedienza ai vincoli del debito, nella battaglia contro la
corruzione, nel rafforzamento dei servizi pubblici, nella valorizzazione
della cultura. Un programma che raccoglie e rilancia il valore della
città pubblica, in contrasto con le privatizzazioni, gli affarismi e le
pratiche illegali.
Benché convinto e
generoso, è tuttavia un progetto ancora iniziale, di sicuro imperfetto e
anche parziale. Non comprende per esempio tutti quelli che dovrebbero
esserne protagonisti. O almeno non ancora. O non esplicitamente. Una
parte della sinistra sociale, movimenti, associazioni e comitati, ha
scelto di non parteciparvi direttamente: chi mostrandosi comunque
interessato e sensibile, chi rivolgendosi ad altri interlocutori, chi
rifiutandosi aprioristicamente, chi rassegnandosi a un’agnostica
estraneità. E’ un limite non essere riusciti a coinvolgere tutte quelle
esperienze che in città agiscono conflitti e interpretano sentimenti
liberatori, scoraggiate forse da qualche eccesso di politicismo che ha
finito per renderle diffidenti.
Ma in ogni caso
approssimare questo primo composto unitario a Roma è indubbiamente un
successo politico. Realizzarlo è stato difficile, più che difficile.
Sembrava anzi impossibile. Oltre alle divisioni politiche, c’erano da
superare le tante riserve soggettive che negli ultimi anni si erano
largamente diffuse e che non di rado avevano alimentato risentimenti e
rancori. Ci si è scontrati con arroganze e settarismi, pregiudiziali e
discriminanti. Si è passati attraverso un’estenuante schermaglia
negoziale, che spesso è apparsa più rituale che sostanziale.
Incoraggiando gli abbattuti e placando gli eccitati, consolando i delusi
e contrastando i prepotenti.
Ma quel che ha infine
indotto a decidersi è stato il sentirsi parte di un processo unitario
più largo. Un processo che ha già superato le angustie di chi si sente
autosufficiente o di chi aspira a malintese egemonie. Un processo che
ambisce a rigenerare la sinistra italiana, in contrapposizione a chi
l’ha invece ridotta a strumento di gestione di un potere politico sempre
più autoritario e di complicità con interessi economici sempre più
invasivi.
C’è un triste vuoto a
sinistra. Che in parte è stato già impropriamente occupato. Prima che si
chiudano definitivamente le possibilità di riprenderselo, è necessario
al più presto imprimere un’accelerazione politica, uno slancio ideale.
Le elezioni di giugno possono costituire un primo passo, oltreché un
viatico alla battaglia referendaria dell’autunno. E’ nei prossimi mesi
che si dovrà collaudare questo tentativo di rimonta politica. Non sfugge
dunque a nessuno quanto sia importante che tale tentativo si sviluppi e
si rafforzi. C’è bisogno che tutti partecipino, tutti contribuiscano.
da il manifesto del 21 aprile 2016
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