E’ riformabile la società italiana? Difficilmente.
“Italiani corrotti per sempre?” è il titolo di un articoletto di Armando Massarenti sul Sole24Ore.
Circa
10 anni fa, due economisti americani – Fisman e Miguel – hanno messo
sotto controllo il modo di parcheggiare dei funzionari ONU di 146 paesi
che vivevano a Manhattan e godevano dell’immunità diplomatica; non
essendoci multe in gioco, il loro comportamento, in tema di parcheggio,
derivava esclusivamente da motivazioni “culturali”.
La
classifica del loro comportamento corrispondeva esattamente con il
grado di corruzione dei loro rispettivi paesi. L’Italia riuscì il
peggiore tra i paesi europei (sia per corruzione che per parcheggi dei
propri funzionari)
Uno studio pubblicato di recente su “Nature” lo conferma.
Gachter
e Schulz, dell’Università di Nottingham, hanno elaborato un indice che
misura la violazione delle regole. Hanno stilato la classifica
dell’onestà di 159 paesi, servendosi dei dati su corruzione e evasione
fiscale.Poi, hanno sottoposto 2568 soggetti (età media 21,7 anni) di 23
paesi a una batteria di test volti a misurare , in maniera anonima, la
loro propensione alla disonestà.
Risulta
confermata la determinante importanza dei valori culturali, che,
evidenziano – data la giovane età dei soggetti – la trasmissione tra
generazioni, dei comportamenti. Meno corrotto il paese di appartenenza,
più evidente l’onestà di fondo degli individui.
“quelli
appartenenti a società con alto grado di corruzione e evasione fiscale
tendono a trasgredire le regole anche in contesti nei quali non
sarebbe necessario e lo fanno anche in cambio di piccolissime
ricompense”
E’
inutile sperare nelle nuove generazioni e nella efficacia delle leggi.
Anche in questo caso l’Italia è fanalino di coda in Europa.
Lo
studio dimostra anche che i soggetti si sentono persone migliori in
quanto “agenti individuali”, di quanto lo siano come appartenenti a una
certa società e cultura (credo che così ci sentiamo noi – tutti noi –
qui in dircit).Dovremmo avere il coraggio e la capacità di scovare e
portare al vertice una elite (non un uomo) capace di dare l’esempio e
rompere con la tradizione. Insomma di un gruppo di persone che invece di
ridere, guardando Checco Zalone, si arrabbiasse tantissimo.
Altra domanda ricorrente:
“Il PD è moralmente riformabile? Credo di no; gli altri partiti...anche peggio.”
Bisogna cercare fuori dalla politica? Chi, come, dove?
Ma sembra che persino guardando fuori, le speranze si sgonfino.
Sul sole24ore (cito questo giornale per non essere tacciato di strabismo culturale) Guido Rossi, nell’agosto 2014, scriveva:
“”....in
ogni paese e più che mai nel nostro, si chiedono riforme alle
istituzioni esistenti, come se una sorta di ritorno alla legalità
costituisse un viatico per la ripresa....La dimensione globalizzata del
capitalismo finanziario ha fatto sì che la corruzione della legalità,
dai paesi di maggior influenza politica ed economica si espandesse
velocemente anche negli altri” (allora noi l’abbiamo importata, questa
corruzione?)
Continua Rossi:
“...non
è un caso, allora, che negli USA, ancora scadenti detentori
dell’ordine mondiale, da qualche tempo, si discuta ampiamente sulla
corruzione della politica prima, ma dei diritti e della legalità dopo,
ultimi responsabili della ricchezza, improntati a criteri di assoluta
disuguaglianza. In un lungo e argomentato articolo del New Yorker, un
impietoso resoconto dello stato istituzionale dell’America, è riassunto
nel sottotitolo: la costituzione protegge la corruzione?”
Due
sentenze della corte costituzionale USA, per esempio, hanno
derfinitivamente tolto ogni limite ai finanziamenti diretti e indiretti
ai politici, da parte delle grandi società, in qualunque forma e
attraverso qualsivoglia mezzo.
Allora cosa fare?
Dubito che riceverò risposta, come non ne ho ricevuta per la accondiscndenza della UE nei confronti della GB.
Il che mi fa dire che forse è troppo difficile trovarle.
Umberto Pradella
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