3 aprile 2016

Recensione film: LA CORTE di Cristian Vincent







LA CORTE
Regia di Cristian Vincent
Con Fabrice Luchini, Sidse Babett Knudsen





In linea con una tradizione francese di libri e film dove ispettori, giudici e Presidenti della corte d’assise sono esseri umani, anche quando sono severi professionalmente.
Cristian Vincent apre uno squarcio sul privato del giudice integerrimo Xavier Racine, molto ben interpretato da Fabrice Luchini: Xavier Racine è il Presidente della corte d’assise in una città francese di Provincia, molto temuto e chiamato “a due cifre” perché le pene da lui inflitte non sono mai inferiori a 10 anni. Ma è anche molto severo con se stesso e non si concede pause neanche per malattia: ha da risolvere il caso di omicidio di un bambino piccolo di cui è accusato il padre, un giovane operaio. Il film si apre con una brutta influenza di Racine e continua mostrando il suo vivere in albergo avendo in atto un divorzio da concludere.
Nonostante il suo ruolo (o forse proprio per questo) Racine ha un assoluto bisogno di complicità che cerca e trova in un giudice popolare estratta a sorte, Ditte Lorensen-Coteret (la brava Sidse Babett Knudsen) che, guarda caso, è infermeria nell’ospedale dove era stato ricoverato sei anni prima per un brutto incidente. Il volto sorridente di Ditte al suo risveglio è rimasto per Racine un volto amico che si sente rassicurato dalla presenza della donna. Infatti, le chiederà di assistere anche a un nuovo processo dove lei non ricopre alcun ruolo.
Cristian Vincent confeziona “L’Hermine” (il più appropriato titolo francese “ermellino”) come un film sicuramente elegante e raffinato, pieno di humour, ma probabilmente riesce a piacere più ai critici che al grande pubblico.

Ghisi Grütter

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