2 aprile 2016

Recensione film:MOUNTAIN regia di Yaelle Kayam





MOUNTAIN
Regia di Yaelle Kayam
Con Shani Klein, Avshalom Pollack, Haitham Ibrahem Omari




Nel film “Mountain” la regista Yaelle Kayam mostra la situazione di Tzvia, una donna israeliana “ortodossa” che ha 4 figli e un marito docente talmudico. La famigliola vive a ridosso del cimitero ebraico – “l’angolo dei vivi” lo chiama lei scherzosamente - sul monte degli Ulivi di Gerusalemme in una casa scavata nella pietra. Durante il giorno il marito lavora e torna a casa sempre tardi,  i figli vanno a scuola con lo school bus, Tzvia vive male la sua solitudine che prende forme paradossali fino ad arrivare a una sorta di malattia. I suoi unici contatti giornalieri sono con lo scalpellino arabo di Ramallah (con cui le sarebbe impedito parlare) che incontra ogni tanto e, talvolta, incontri casuali quali alcune donne che, dopo il funerale hanno bisogno di una toilette
Di notte, Tzvia esce nel cimitero per fumare una sigaretta e scopre un traffico di prostituzione: il suo desiderio di compagnia la porta a familiarizzare sia con la prostituta sia con coloro che ne traggono i benefici, e inizia così a cucinare cibo kasher anche per loro e a incontrarli tutte le sere. Man mano il marito si distacca da lei, sempre più preso nel suo ruolo religioso e ascetico, e non la desidera più neanche come oggetto sessuale con la scusa di non volere atri figli. Progressivamente Tzvia, non sentendosi né stimata né desiderata né tantomeno amata, deciderà “lucidamente” che è ora di farla finita.
Il film è stato premiato al festival di Venezia nel 2015 nella sezione Orizzonti.


Ghisi Grütter






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