30 giugno 2016

Il Marnetto Quotidiano : Inversioni



Siamo nella fase storica delle inversioni.

Per la prima volta s'inverte la crescita demografica, con meno nati che morti.
S'inverte l'aspettativa di miglioramento della qualità della vita dei giovani rispetto ai loro genitori.
Anche l'Europa vede il primo segno di contrazione, dopo anni di inarrestabile espansione.
Matrimoni, cure, votanti, servizi... calano.

Viviamo in una società bradicardica. 

Le rinunce riconfigurano il quotidiano. 
La resistenza è concentrarsi sull'essenziale, per farne il nuovo perno dell'autostima. 
Perché la speranza non vada in prescrizione.
E sul limite si poggi la reazione.

Massimo Marnetto
 

UNA DICHIARAZIONE DI VOTO POSTUMA

Capita raramente di  leggere, a risultati elettorali acquisiti,  le motivazioni per cui si è votato un candidato........ che ha perduto. Dichiarazioni postume dei candidati che hanno vinto ne è piena la rete. Quella che pubblichiamo oggi non è una semplice dichiarazione di voto ma un vero e proprio atto di ammirazione e stima nei confronti di Fassina.
Ne siamo rimasti colpiti e la riproponiamo ai nostri quattro lettori.
 
 
                                                             Stefano Fassina
 
Fassina è stato al governo con Letta, come viceministro con il ministro Saccomanni.                                                                                                                                                                                      Credo abbiano lasciato poca traccia nell'ordine Letta, Saccomani e di conseguenza Fassina.
Ho seguito Fassina ultimamente nella ricerca di qualcuno o qualcosa che potesse rappresentare
ancora un limicino di sinistra in Italia.                                                                                    
 Ecco cosa so di lui e che in parte lui mi ha raccontato, ed ecco perchè ho votato Fassina.
Fassina è figlio di un falegname. Nato ad Ardea, da giovane abitava con il padre in una piccola casa che il padre acquistò con un mutuo ventennale dopo 45 anni di lavoro di cui cinque senza contributi. Vinse una borsa di studio ed andò alla Bocconi dove un professore gli consigliò di non proseguire in studi così impegnativi. Proseguì, si laureò e, a trent'anni, andò a lavorare negli Stati Uniti al Fondo Monetario Internazionale. Ha scalato tutti i gradini della carriera politica all'interno del PDS / PD : Segretario Nazionale della Sinistra Giovanile con Prodi, Responsabile economico del PD con Bersani (con Bersani).  Nel dicembre del 2012 a Roma alle primarie del PD ottenne il primo posto con oltre diecimila voti di preferenza. Nell'occasione io votai per lui. Fu eletto al Parlamento nelle successive elezioni politiche e nominato viceministro da Letta. Dopo il famoso "Fassina chi ?" di Renzi, mentre nel PD era in corso una gara per salire sul carro del vincitore, Fassina si dimise e dichiarò "La delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Un dovere lasciare per chi, come me ha sostenuto un’altra      posizione."                                                                                                                                                                                                                                                                                 
  La corsa a salire sul carro del vincitore vide Serracchiani e Guerini vicesegretari, Orfini presidente dell'Aseemblea, Orlando guadasigilli. Valentina Paris entrò in Segreteria. Fassina rifiutò e restò coerente con la sua posizione di oppositore del renzismo. Si oppose inutilmente al Job Act ed all'Italicum.                                                                                                        Quando vide il PD guardare ormai al centro, avendo definitivamente rinnegato la cultura politica di sinistra, Fassina uscì e fondò SI Sinistra Italiana (con 26 deputati Sel e 6 ex PD).
Durante i difficili anni di studio a Milano Fassina si inammorò di una maestra elementare, la moglie di oggi.  La maestra rimase incinta e i suoi genitori, cattolici intransigenti la cacciarono di casa. Mamma e bambini furono accolti, anche con sacrifici economici, dai genitori comunisti di Fassina. Fassina ha tre figli il maggiore, ormai adulto, e due bambini più piccoli con i quali ho giocato durante la convention di Cosmopolitica.
So bene che Fassina non è un grande leader, so bene che non ha dietro di sè una Leopolda e neppure i finanziatori della Leopolda, So bene che non sa trascinare le folle come sa fare De Magistirs (senza dire niente). So bene che è piccolo, che ha una voce un po' fessa e che non ha, come si dice, le physique du  rôle.                                                                    Certamente Cuperlo è più bello, ma alla rievocazione di Ingrao al Circolo Italia  ha parlato di palatschinken. Sono buone, le cucinava mia madre,  ma non sono di sinistra e con Ingrao non c'entrano niente, come potrebbe confermare Paolo Franco-
So bene che come viceministro ha lasciato poca traccia. Ma molta traccia, se leggi i resoconti, ha lasciato invece nel PD, fino ad abbandonarlo.
 
J.G.

29 giugno 2016

I PRIMI PASSI DELLA SINDACA VISTI DA UNA EX CONSIGLIERA PD

                                                                  Giulia Tempesta

Giulia Tempesta non ce l'ha fatta ad entrare al Consiglio Comunale. Forse rientrerebbe se rinunciasse Giachetti che ha già una bella poltrona a Montecitorio. Ma è anche giusto che rimanga a capo dell'opposizione al Campidoglio così da far capire ai romani di che pasta è fatto ,  cosa si sono persi non votandolo , e poi  "so bboni tutti a promette durante la campagna elettorale " direbbe la sora Lella. Ma ritorniamo alla nostra Giulia Tempesta. Cresciuta politicamente nei Giovani Democratici dalle parti di Piazza Bologna, è una giovane donna intelligente, preparata, a volte un po' sanguigna ma questo lato del suo carattere in politica può essere un pregio. Consigliera uscente, è stata anche in predicato per diventare la capogruppo PD. Poi gli uomini hanno preferito un altro.
Incassata la doppia sconfitta anche se il consenso non gli è mancato non avendo però ricevuto preferenze maggiori dei sei che l'hanno preceduta, vere e proprie macchine da voto, noi pensiamo che Giulia non si sia lasciata abbattere più di tanto dallo stop ricevuto, ma anzi abbia  rafforzato il suo vigore da militante. Ha buttato giù il pillolone e si è messa al lavoro prestando molta attenzione per esempio  ai movimenti della neo Sindaca.
Pubblichiamo  un post apparso sulla sua pagina di fb che dà un po' il senso con cui la giovane donna sta vivendo i primi passi di Virginia Raggi .
Domenico Fischetto


                                                                 Virginia Raggi

Ho pensato fosse giusto lasciare a Virginia Raggi qualche giorno di tempo per prendere confidenza col suo nuovo ruolo di Sindaca di Roma. Mi sono morsa molte volte la lingua, lo ammetto, ma ho scelto il silenzio. A me non interessa se ha un nuovo fidanzato e se questi è il nuovo capo di gabinetto del Comune di Roma. È gossip di bassa lega, anzi, ritengo la questione del tutto sterile. Mi preme piuttosto riprendere le prime parole della Sindaca: “il cambiamento è appena inizia...to”. Lo ripete come un mantra, lo scrive continuamente sui social. Ed è qui che proprio non ce la faccio a trattenermi. Perché per nominare Daniele Frongia, quello che lei (lo staff, il direttorio, chi vi pare…) voleva lì a tutti i costi non si esita ad aggirare attraverso un fantasioso artifizio, la norma Severino, ricordo, per tutti, legge dello Stato. Non potendo dargli poteri di spesa e di firma, si pensa di nominare subito un vice (o lo ha già fatto? Perchè anche su questo la confusione regna sovrana!) Raffaele Marra, ex ufficiale della Guardia di Finanza, ex collaboratore dell'allora Ministro dell’agricoltura Gianni Alemanno, ex collaboratore di Franco Panzironi (non devo ricordare chi è, vero?!). Per non parlare della promessa fatta in campagna elettorale di dare a Roma immediatamente una giunta. Sono passati 10 giorni dal voto e non solo non si conosce la giunta, ma c'è chi, addirittura, da assessore in pectore rilascia dichiarazioni, come per lo stadio della Roma, senza averne titolo ufficiale. Nel frattempo, per dare un po' di becchime in giro, si inviano lettere alle aziende per avere “stato dell’arte e report periodici (quotidiani?!?) dell’operato”. Ma va? Ma guarda te che cosa innovativa. Le aziende di Roma Capitale devono relazionare alla Sindaca di Roma appena arrivata quello che hanno fatto, lo stato in cui si trovano e i bilanci. Insomma, cambiare tutto, per non cambiare niente. In più, quasi lo dimenticavo, apriamo il Campidoglio ai cittadini con visite guidate. Virginia cara, fatti dire da Fabrizio Panecaldo quante visite guidate sono state fatte in questi anni proprio in quel Campidoglio (già aperto!) che tu vuoi aprire alle scolaresche e ai cittadini. Troppo tardi, già fatto. Bene una donna con la fascia da sindaco di Roma. Meno bene vederla eterodiretta da un direttorio che, al momento, sembra più interessato a spartirsi le poltrone che a cambiare Roma. Avevo scelto il silenzio e la riflessione. Ma forse è più utile la verità.

NICOLA ZINGARETTI TORNA IN SCENA

 
 
Nicola Zingaretti
Fiutato il momento , con il tempismo che gli appartiene da vero fuoriclasse della politica, Nicola Zingaretti, rimasto finora confinato nel suo ruolo di Presidente della Regione Lazio, da un po' di tempo dà segnali di inquietitudine.  Dichiara pubblicamente di volersi mettere in gioco, il richiamo alla politica attiva  è troppo forte. Anche perché il suo mandato volge al termine e bisogna pensare al futuro. Grandi cambiamenti ci sono stati da quando dalla poltrona di presidente della Provincia si trasferì a quella di Presidente della Regione Lazio, mancando per un soffio la poltrona di Sindaco di Roma. Ma dal loft di Veltroni a Via S.Teodoro la segreteria del partito si è trasferita nella ex sede DC di Via S.Andrea delle Fratte. Molte teste sono saltate e i compagnucci di un tempo si sono riciclati mentre altri sembrano decisamente appassiti e giù di tono. un pò rimbambiti dalla favella del tosco. C'è un vuoto di leadership nel PD anche se apparentemente tutte le poltrone sembrano occupate da Renzi e dalle sue ragazze e ragazzi. Zingaretti viene da lontano, da Via Sebino, dai DS , è uno di sinistra doc. Intelligente, competente, pratico, si è cibato di pane e partito sin da piccolo, con le alleanze giuste, con la sua robusta corrente che ha piazzato il 50% dei consiglieri  che ora siedono nella sparuta truppa PD al Campidoglio. Uomini di provata fede li ha nella Regione Lazio ovviamente, ma anche alla Camera e al Senato. Insomma un pezzo da novanta che finora ha recitato un ruolo di secondo piano, preferendo il mestiere di Presidente, esercitato, a nostro parere, abbastanza egregiamente. Ma ottobre è vicino e l'amico, si fa per dire , Renzi potrebbe mollare con un risultato del referendum a lui negativo. E allora si aprirebbe la corsa alla sua successione. E allora perché non lui. Ha tutte le carte in regola, ha il pedigree e il curriculum giusto.
Ma bisogna uscire dall'anonimato delle notizie lanciate dalle agenzie , dalle inaugurazioni taglia nastro e dal presenzialismo ai convegni. Il tempo è ormai maturo. E allora cosa tira fuori dal cilindro quest'uomo e il suo cerchio magico? Gli Stati Uniti d'Europa. E al pari del suo collega Marino, usa la piattaforma  change.org per lanciare una petizione indirizzata ai cittadini per la costituzione degli Stati Uniti d'Europa. In un momento di crisi della istituzione Europa, con l'uscita ancora annunciata del Regno Unito, con i movimenti nazionalisti e xenofobi che premono alle porte in vari paesi che vorrebbero riproporre un referendum analogo a quello inglese, lui, il Salvatore della Patria Europa, lancia un appello che scavalca a sinistra tutti: gli Stati Uniti d'Europa. Una vera e propria genialata, soprattutto da parte di chi rinunciò al seggio di europarlamentare per obbedire al Partito e presentarsi candidato alla Presidenza della Provincia di Roma.
Comunque  i nostri complimenti: Zingaretti sei un grande!!
Domenico Fischetto
 
Leggiamo la petizione.
 
Diretta a cittadini

Ora gli Stati Uniti d'Europa

1.828
Sostenitori
La scelta della maggioranza dei cittadini del Regno Unito di abbandonare l'Unione Europea rappresenta un colpo drammatico al modello di democrazia costruito nel secondo dopoguerra.
I motivi di questa scelta, al di là delle dinamiche politiche interne, sono sicuramente legati soprattutto all'insoddisfazione di milioni di cittadini verso la loro condizione di vita, alla sensazione dell'assenza di una prospettiva di riscatto e alla ricerca di un capro espiatorio che, questa volta, ha assunto il volto dell'Europa.
L'Unione con le sue timidezze, le sue fragilità e, spesso, con la sua incapacità di dare risposte adeguate ai bisogni di cittadini e imprese ha prestato il fianco a questo rischio.
Ed è un paradosso constatare come siano state molto spesso proprio le leadership inglesi degli ultimi 20 anni quelle che, con le loro paure, hanno sempre fermato il cammino verso la costruzione di un’Europa unita, forte e protagonista sulla scena globale. Sono state loro ad aver sempre chiesto e lottato per “un Europa minima necessaria contro un Europa massima possibile”, tradendo lo spirito di Ventotene.
Ora la scelta britannica rafforzerà in tutta Europa, e forse nel mondo, i populismi, le destre, i nazionalisti che in maniera irresponsabile e illusoria cercheranno di cavalcare il malessere, indicando nel processo di unione il “problema” e non la possibile soluzione. Sarà un movimento popolare e imponente che si alimenterà di un malessere diffuso legato alla situazione dell’economia, a cambiamenti sociali che disorientano e che coinvolgerà in primo luogo le fasce deboli delle popolazioni impaurite, vittime della globalizzazione e cariche di rabbia, perché private di una prospettiva di riscatto. Popoli ai quali, negli ultimi anni, l’Europa è stata indicata come il problema spesso per nascondere con ipocrisia i limiti di politiche nazionali assolutamente inadeguate.
Inadeguate spesso proprio perché nazionali.
Si dice, “ora costruiamo l’Europa politica”. Ma l’Europa politica è fragile perché sono fragili i meccanismi democratici delle decisioni europee. Per quale motivo un cittadino dovrebbe delegare a oscuri meccanismi decisionali la propria sovranità? Nell’era della rete, della velocità, della voglia di partecipare e non solo di ascoltare, i meccanismi decisionali dell’Unione appaiono ai più come qualcosa di lontano o incomprensibile. Sono tollerati quando sono percepiti come utili, ma il più delle volte sono derisi e criticati per la loro assoluta impalpabilità o, al contrario, per la loro pesantezza burocratica e per una concezione da molti percepita come vessatoria.
Per far ripartire il processo europeo occorre, innanzitutto, un nuovo slancio improntato a una concezione di sviluppo sostenibile che veda innanzitutto investimenti in opere pubbliche che diano migliori servizi in campi sensibili come la sanità, la scuola o i trasporti, questo è il primo compito dei Governi e bene ha fatto l’Italia a caratterizzarsi su questo obiettivo.
Ma non c’è solo un compito per i Governi. Accanto a questo occorre tra i cittadini saper prospettare una nuova sfida basata su una visone innovativa dei meccanismi democratici: no alla difesa dell’esistente, non solo cambiamento delle politiche, occorre promuovere una nuova svolta, direi una nuova fase costituente
Di fronte all’insoddisfazione che si traduce in distruzione, bisogna essere in grado di proporre un progetto di riedificazione e cambiamento. Se non sarà così il destino è scritto.
Contro l’opacità e la lontananza percepita di oggi occorre rendere chiaro chi decide e su cosa. I volti dell’Europa non possono essere solo quelli dei banchieri centrali, dei leader dei Paesi forti, dei commissari indicati dai Governi.
A questo punto della storia, il cittadino europeo deve rientrare in gioco e poter scegliere. Come è stato ricordato in questi giorni, le priorità del movimento federalista europeo non erano le banche, ma la pace e una graduale integrazione politica e sociale.
Occorre dunque coraggio e, ancora una volta, questo coraggio per la sinistra democratica deve ancorarsi all’allargamento della sfera della partecipazione e dell’inclusione sociale. Per questo, occorre costruire un grande movimento di popolo per l’elezione diretta del Presidente degli Stati Uniti d’Europa.
Penso a un movimento “Cambiamo” che veda protagonisti i cittadini per difendere il proprio futuro e i propri diritti; i sindaci e gli amministratori per curare meglio le proprie comunità; gli imprenditori per rilanciare le proprie aziende; il mondo delle rappresentanze per rimettere al centro il tema dello sviluppo della persona attraverso il lavoro; e la risorsa dell’associazionismo, per continuare il percorso europeo di allargamento dei diritti sociali.
Accanto alle piazze della paura e del ritorno al passato, dovranno esserci le piazze della speranza fondate sul cambiamento.
È questa la prospettiva che si deve avere per ripartire. Ognuno dalla propria postazione, ognuno spendendosi, attraverso il proprio impegno quotidiano, per far capire che la dimensione europea è l’unica che ci può permettere di stare nella competizione globale e, insieme, di lottare contro quelle diseguaglianze alla base delle situazioni drammatiche che si stanno vivendo.
Solo un’Europa democratica, plurale, dei diritti e della partecipazione oggi ha un futuro.
Solo se questa idea torna a vivere nelle strade questo sogno potrà realizzarsi e questa consapevolezza deve spingerci tutti all’impegno.
Questa petizione sarà consegnata a:
  • cittadini

     

     
     
     

    28 giugno 2016

    L’anno peggiore per i difensori dell’ambiente: 185 vittime

    da http://www.eddyburg.it/2016/06/lanno-peggiore-per-i-difensori.htmla 

    L’anno peggiore per i difensori dell’ambiente: 185 vittime

    di Luca Martinelli   23 Giugno 2016
    «Nel 2015, secondo il rapporto di Global Witness dedicato a Berta Cacéres, morta in Honduras nel marzo del 2016, il numero delle vittime tra gli attivisti è cresciuto del 59% rispetto all'anno precedente». Altraeconomia, 22 giugno 2016 (p.d.)


    Nel 2015 sono stati assassinati 185 difensori del territorio e dell’ambiente. Secondo Global Witness, che ha pubblicato il 20 giugno il proprio rapporto, si è trattato dell’anno “più mortifero della storia”. Il numero delle vittime rappresenta un aumento del 59% rispetto all’anno precedente.

    “I ‘difensori’ sono assassinati a un ritmo di più di tre ogni settimana” scrive la ong. Le pagine di “On dangerous ground” si aprono con un elenco - nome per nome - di tutti coloro che hanno perso la vita nel corso del 2015, e con una foto di Berta Cacéres: Goldman Prize (nobel alternativo per l’ambiente) 2015 per l’America Latina, la leader indigena hondureña è stata uccisa nella propria casa a marzo 2016. Il suo nome figurerà nella lista il prossimo anno, ma intanto Global Witness l’ha voluta ricordare - dedicandole il report - perché nel 2015 il 40% delle vittime erano indigeni, che soffrono una “immensa vulnerabilità”, a causa anche dell’isolamento geografico “che espone questi popoli in modo particolare all’accaparramento di terre per lo sfruttamento delle risorse naturali”.

    Tra le risorse, senz’altro è l’opposizione ad iniziative del settore estrattivo e minerario ad aver causato il maggior numero di vittime nel 2015: sono 42 i casi, in 10 Paesi. In questo ambito, l’aumento rispetto al 2014 è del 70%. Gli altri ambiti indicati come cause di un numero rilevante di omicidi sono il comparto agro-industriale (con 20), le dighe e i diritti sull’utilizzo delle acque (15) e lo sfruttamento delle risorse forestali (15).

    Global Witness evidenzia con alcuni esempi il profilo-tipo del “difensore della terra” vittima di omicidio nel 2015.Rigoberto Lima Choc, del Guatemala, aveva denunciato l’inquinamento dell’acqua causato da un’industria di produzione di olio di palma. Saw Johnny faceva campagna con l’accaparramento delle terre dell’etnia Karen, in Birmania. Alfredo Ernesto Vracko Neuenschwander, silvicoltore peruviano, difendeva la biodiversità dei boschi. Sandeep Kothari era un giornalista indiano: aveva scritto articoli contro lo sfruttamento illegale di alcune cave, nel Maharashtra. Infine, Maria das Dores dos Santos Salvador, leader di una comunità rurale dell’Amazzonica brasiliana, che aveva denunciato la vendita illegale di terre comunitarie.

    Il Brasile è il Paese che ha registro nel 2015 il più alto numero di vittime, 50. Seguono, secondo i dati di Global Witness, che riguardano 16 Paesi, le Filippine (con 33), la Colombia (26), Perù (12) e Nicaragua (12). Complessivamente, sono 7 i Paesi dell’America Latina coinvolti (anche Guatemala, Honduras e Messico, oltre ai 4 già elencati). Sette i Paesi dell’Asia. Due quelli africani.

    Tra le raccomandazioni, Global Witness avanza ai governi la richiesta di ratificare la Convenzione numero 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro sui popoli indigeni e tribali, e agli investitori di non realizzare alcuna attività senza aver ricevuto il consenso “veramente libero, previo e informato” dei popoli interessati

    VILLA BLANC: ORA LE PREMESSE CI SONO TUTTE.SIAMO IN ATTESA DEI FATTI


                                 Villa Blanc  prima dei lavori Luiss
        
    Villa Blanc dopo i lavori

    E' una poesia di due anni fa dell'amico Gian Carlo che oggi pubblichiamo. Da allora molti dei volatili presenti nella poesia sono scomparsi perché il "bosco " di Villa Blanc è stato ridimensionato per fare spazio ai parcheggi e perché il rumore dei continui lavori ha interrotto  la quiete che vi regnava sovrana e che favoriva "la socialità" di questi uccelli. E in tanti hanno preferito traslocare
    Ora una nuova amministrazione governa il Campidoglio.
    La Sindaca in campagna elettorale si era espressa positivamente circa le richieste dei cittadini per un recupero pubblico del parco di Villa Blanc. Staremo a vedere quale priorità vorrà dare a tale promessa elettorale. Ci conforta il pensiero che nella sua squadra dovrebbe essere imbarcato l'urbanista Paolo Berdini da sempre molto sensibile all'argomento. Per non parlare della neo presidentessa del II Municipio, che figura persino tra i sette  firmatari del ricorso al TAR contro la LUISS.
     Insomma le premesse ci sono tutte. Le premesse.
    Ora però ci vogliono i fatti.

    Domenico Fischetto

    I volatili di Villa Blanc

    Verdi pappagalli brasiliani allegri e petulanti.
    Maestosi gabbiani distaccati e orgogliosi....

    Bituminose cornacchie gracchianti.
    Sfreccianti rondini radiose.
    Upupe insistenti e luttuose.
    Festa musicale impagabile, ininterrotto concerto gratuito,
    voi siete la gioia del creato.
    Vita naturale che palpita e frulla, a confronto noi umani siamo immobili.
    Fra non molto sarete cacciati da duecento automobili,
    e da manager dediti a rimestare nei loro pentoloni intrugli finanziari.
    I bambini e i ragazzini delle scuole di Piazza Winckelmann
    continueranno a non perdersi nulla: esclusi sono stati finora,
    ad essere esclusi continueranno ancora.
    Le creature che non producono denaro
    lascino il passo ai facitori di privato profitto.
    Per fare spazio a un travolgente progresso,
    uccelli e bambini sono in eccesso.


    GC Marchesini

    COSI' NON VA....... CARO PARTITO DEMOCRATICO

     
    Pubblichiamo un'imbarazzante riflessione di un militante PD davanti al silenzio assordante della Federazione Romana del PD dopo la sonora batosta ricevuta nelle appena passate amministrative.
    Il militante, che conosciamo bene, continua a meravigliarsi del comportamento da struzzo che alcuni dirigenti continuano ad avere malgrado la sconfitta. A tutto questo segnala,  veramente costernato, l'atteggiamento del candidato Sindaco Giachetti che si è fatto promotore di una neo associazione politica. Ma di cosa stiamo parlando? Qualcuno dalle parti di S, Andrea delle Fratte si è fritto il cervello.....e non solo.
     
    D.F.
     
     
    COSI NON VA
    Ci torno sopra perché quanto successo è il segno evidente della difficoltà che vive il Pd a Roma (preferisco parlare della mia città e non di altro, ora). Ormai dieci giorni fa il Pd e il centrosinistra subiscono una sonora sconfitta. Si dirà: era preventivabile. Certo. Si dirà: non ci si poteva aspettare altro dopo che agli occhi della gente il Pd era apparso un partito dilaniato dalla guerra tra le consorterie e coinvolto con alcuni suoi esponenti nelle vicende ...di Mafia Capitale tanto da meritare il commissariamento. Certo. Si dirà: i limiti evidenti di Marino (nonostante alcune cose ben fatte) non hanno di sicuro aiutato. Certo. Tanto altro ancora per attestare la difficoltà di una rimonta peraltro non agevolata, dopo le primarie, da una condivisione più larga dell'impegno elettorale. Il comitato che supportava Giachetti è sembrato una cittadella invalicabile, impenetrabile ed anche respingente. Nonostante questo migliaia di volontari, elettori e militanti hanno lavorato gomito a gomito, non si sono sottratti, ci hanno messo l'anima ed anche il cuore senza pregiudizi, per far riemergere anche l'idea di una comunità che riconosceva gli errori e offriva una idea diversa di politica. Lo hanno fatto con generosità anche coloro che durante le primarie avevano fatto scelte diverse. Dopo la sconfitta ti aspetti la convocazione di incontri, di riunioni per riflettere collegialmente insieme al candidato sindaco e al commissario e capire come impostare il lavoro di opposizione e come riorganizzare su basi e progetti diversi il partito democratico. Nulla di tutto questo. E' tornato a parlare qualche capo corrente e rialzano la testa coloro che hanno le responsabilità pre-commissariamento. Ti domandi: si saranno incontrati gli eletti? avranno discusso con Giachetti? Hanno condiviso un percorso? ed ancora: come intendiamo arrivare al congresso? con quale preparazione e discussione politica e con quali norme. Oppure qualcuno pensa che tutto si risolverà ancora una volta con la corsa al tesseramento dopato e qualche caminetto tra i capi bastone. Mentre attendi fiducioso scopri che il tuo candidato sindaco scrive una mail per annunciare la nascita di una associazione "politica ma non partitica. Un luogo dove sia possibile proseguire il lavoro di questi mesi. Un’occasione per dialogare, incontrarsi, partecipare al lavoro che metteremo in campo per aiutare Roma a ripartire". Continui a domandarti: sono io su Marte o la vita di un partito si pensa che possa continuare ad essere organizzata per congreghe autonome ed autoreferenziali? Tanto prima o poi le diverse congreghe si incontreranno e decideranno per tutti noi: posti, spazi, candidati. Non possiamo permetterci che continui cosi. E' il momento che donne e uomini liberi, nel pluralismo delle idee, assumano quel protagonismo che fino ad ora gli è stato negato. E' il momento dell'autoconvocazione democratica. Si tratta di farlo presto, il più presto possibile.
    M.C.

    Perche' si vuole modificare la Costituzione:un punto di vista


     

     
     
    E' istruttiva l'affermazione di un banchiere della Lehmann-Brothers, uno di quei benefattori che con la crisi finanziaria dei derivati ha innescato la crisi, che dura ancora :
    "Le costituzioni antifasciste europee del dopoguerra sono
    incompatibili c
    on il capitalismo odierno."
    Affermazione condivisibile a parte di fare la scelta giusta su
    cosa buttare via.
    In realta' l'irragionevole scelta di investire nella speculazione
    finanziaria invece che nella promozione di attivita' produttive
    ha portato al fatto che l'insieme dei titoli finanziari e' 200
    volte maggiore del PIL mondiale ed in un gioco a somma zero se,
    pochi guadagnano molto, molti perdono, in particolare chi deve
    pagare le tasse non per ottenere servizi, ma per impedire alle
    banche di fallire : come ulteriore beffa i manager rsponsabili
    dei disastri ricevono liquidazioni principesche.
    L'insieme delle regole economiche, che da molti anni determinano
    l'arricchimento dell'1% della popolazione ai danni del restante
    99%, non e' molto popolare, anche se non mancano gli "esperti"
    assoldati a sostenere che non esiste alternativa.
    Di qui la necessita' di restringere la base del consenso
    necessario ad avere un governo al servizio degli interessi
    dell'oligarchia con sistemi elettorali, che con premi
    di maggioranza permettano ad una minoranza di disporre
    del potere di imporre i dictat dell'oligarchia liberista.
    L'Italicum, copia della legge Acerbo (la destra non ha molta
    fantasia, come mostra la replica del compimento di attentati
    da attribuire alla sinistra, dall'incendio del Reichstag alla
    strategia della tensione da piazza Fontana in poi : purtroppo
    la scarsa memoria storica favorisce il successo di queste
    repliche).
    Mi sono riferito all'Italicum, perche' l'abolizione della
    natura elettiva del Senato con un sistema monocamerale
    distorto dal premio di maggioranza da' al vincitore del
    ballottaggio un potere assoluto, che e' la negazione dei
    contrappesi previsti dai nostri saggi costituenti per
    rendere effettiva la sovranita' popolare : la scelta del
    capo-tribu' corrisponde a societa' arretrate.

          Franco Buccella

    27 giugno 2016

    PANDORA TV:IL PUNTO DI GIULIETTO CHIESA SULLA BREXIT

    Prendetevi 10 minuti e ascoltate con attenzione l'intervento di Giulietto Chiesa sulla Brexit.
    Questo è il link:
     
     
     
     
    Dopo che l'avete sentito e vi siete fatti un'opinione, potete leggere i commenti qui di seguito
     
    I Commento   Josi
     
    Primo punto : E' bene che sia andata così. Hanno fatto di tutto i poteri europei, i grossi centri del potere europeo, quello finanziario, quello dei mercati, la City of London, tutti gruppi conservatori  dell'Europa di sinistra e di destra hanno fatto di tutto per convincere i brittannici a restare in Europa. Una Gran Bretagna in Europa avrebbe rafforzato questi gruppi perchè tutti i gruppi conservatori sono legati alla politica americana e la Gran Bretagna è stata la migliore interprete dalla politica americana in Europa vincolando la politica europea agli interessi americani. L'uscita della Gran Bretagna riduce il peso americano il peso anglosassone sui destini dell'Europa
    Commento : Giulietto Chiesa è animato da un forte sentimento antiamericano per cui le sue considerazioni sono influenzate da questo suo punto di vista. Sono considerazioni anche condivisibili, ma la Brexit non può essere valutata esclusivamente dal punto di vista dei rapporti Europa - USA. Sono anche molti altri gli aspetti in gioco  politici, economici, industriali,  sociali, culturali in particolare nel rapporto Europa - Medio Oriente, Europa - Africa, Europa - Russia, Europa - Asia. Un'Europa con  o senza la Gran Bretagna non è la stessa Europa e questo ovviamente si riflette non poco nelle dinamiche dei rapporti internazionali. Non si può dimenticare che la Gram Bretagna è la quinta potenza economica nel mondo. L'Europa con o senza il contributo GB aumenta o riduce proporzionalmente il suo peso nel panorama delle economie mondiali. Personalmente non condivido il giudizio di Giulietto. In una realtà geopolitica globalizzata il ruolo che l'economia di un singolo stato può sviluppare non sarà mai il ruolo sviluppato dai paesi che avranno saputo costruire e promuovere un progetto politico ed economico comune. Ed inoltre, anche se non sono inglese. credo che la Brexit vada giudicata non solo dal punto di vista italiano, non solo dal punto di vista dell U.E., ma anche dal punto di vista inglese. Pre concludere a parer mio la Brexit non è un fatto positivo anche se puo' avere risvolti positivi.
    Punto secondo : Hanno perduto. Che succede ora ? La GB non era nell'euro, si tiene la sua sterlina e la gestirà come le pare. Ha la banca centrale ed ha la City of London. Questa Europa non funziona perchè ha abbandonato i suoi principi di partenza di formare uno stato sovranazionale democratico in cui i diversi paesi potessero essere rappresentati con pari diritti. L'Europa ha tradi to ed ha imposto su tutti i paesi il volere di una burocrazia centrale stupida ed autoritaria in preda ai grandi potentati finanziari americani occidentale. Riformare l'Europa significa cancellare mastricht. Dare nuovi rilevanti poteri al Parlamento europeo come quello di decidere il governo d'Europa che oggi è deciso dalla gestione complottarda degli stati che lo compongono e cancellare il Trattato di Lisbona che non è democratico. Bisogna aprire un nuovo processo costituente dell'Europa, cioè una nuona assemblea costituente in cui siano presenti i rappresentanti dei popoli, non gente come Amato che ha rappresentati l'Italia nel precedente comitato, gente che faceva l'interesse delle banche e delle strutture centrali burocratiche del potere politico internazionale. Una nuova Assemblea Costituente che decida una nuova Costituzione dell'Europa da sottoporre al volere dei popoli attraverso referendum popolari e non attraverso decisioni prese dai parlamenti nazionali che non sono più democratici. Dopo questo processo l'Assemblea Costituente dovrebbe sottoporre ai diversi paesi d'Europa la decisione di aderire o non aderire. I popoli che diranno di no se ne usciranno in pace, i popoli che diranno di si avranno il consenso di tutti. Questa Europa porta su di sè un grave peccato non risanabile. Questa Europa ha distrutto uno dei suoi paesi la Grecia. Bisogna costruire una nuova Europa, un'Europa democratica non cambiamdo qualche virgola qua e là per manterenre il potere della troika. Prima questione la Banca Centrale europea deve essere integralmente pubblica sottoposta al nuovo governo europeo e non indipendente. Bisogna farla finita con l'indipendenza delle banche centrali dal potere politico. I popoli decideranno insieme quale politica dovranno fare. Non sono le banche che devono decidere del nostro destino. Il nostro destino non è il denaro. Questa Europa fallisce perchè ha venduto la democrazia al denaro.
    Commento : Un fatto positivo potrà essere la spinta che un avvenimento eccezionale coma la Brexit potrà dare ad un processo di revisione e sviluppo delle istituzioni europee. Il percorso indicato da Giulietto con la cancellazione di Mastricht e Lisbona nella teoria potrebbe essere anche considerato corretto, ma in pratica aprirebbe scenari il cui esito sarebbe sicuramente imprevedibile e comunque di lunghissima attuazione. I grandi avvenimenti della storia sono generalmente i risultato della iniziativa e delle decisioni di grandi uomini politici. Senza andare al passato (Mazzini, Cavour, Garibaldi) De Gaulle, Adenauer, Kohl e per l'Italia De Gasperi, ma anche Togliatti hanno determinato con la loro capacità di statisti scelte e mutamenti politici che per i singoli stati e per l'Europa sono stati decisivi. Mancano oggi nella politica europea, ma anche mondiale uomini di queste dimensioni. L'uscita della GB ha per il momento concentrato nelle mani di Merkel, Hollande ed anche di Renzi poteri e responsabilità importanti. Speriamo sappiano essere all'altezza del compito loro affidato.  
     
    II Commento    Umberto
     
    Ho ascoltato Giulietto Chiesa. Analisi certamente condivisibile. La sua proposta per una nuova Europa - quello che secondo lui è necessario fare – in un tempo di un anno o, al massimo, 18 mesi, per evitarne il disfacimento, è certamente cosa bellissima.
    Temo che, se ha ragione, l’Europa sia già morta.
    In questo periodo breve, sarebbe necessario ripudiare i trattati di Maastricht e Lisbona, indire elezioni per una costituente europea tra tutti i paesi oggi partner, ottenerne la concordanza su una “carta” (ovviamente di stato federale, cioè con un parlamento vero, a tambur battente). Anche se le mosse successive andassero oltre i 18 mesi (sottoporre la carta  ai parlamenti nazionali – Inghilterra compresa – che, in molti casi, insieme alla sua accettazione, dovrebbero modificare la propria costituzione, accettando la propria “riduzione a regione”).
    La formazione di uno  stato federale è un processo storico, non comprimibile.La convergenza dei “sentire” sociali non si impone. Questi clima sociali devono trovare classi dirigenti adatte e capaci, che non badano al proprio potere soltanto e che devono ricominciare, visto che non lo si è capito prima.
    Sarà già non certamente facile mettere d’accordo i paesi più importanti, almeno su un lento cammino diverso; Sperando che fosse bastevole,mi accontenterei di dichiarazioni che preconizzino maggiori responsabilità per il parlamento europeo, modifiche al processo decisionale del consiglio, inizio di un processo di revisione dei trattati e fermezza e celerità nel processo di uscita della GB, mantenendo vitale l’Euro e pretendendo convergenze fiscali e non solo. Molti paesi forse non ci starebbero, ma un processo di cessione di potere da nazioni fortemente caratterizzate, non può che partire da volontà convergenti.
    Quelli che volessero convergere avranno da combattere sul fronte interno contro politici spregiudicati e malesseri reali, profondi e crescenti di ampie porzioni delle popolazioni.
    Insomma un processo molto difficile, che bisogna volere davvero.
    L’ipotesi di Giulietto Chiesa mi sembra una utopia irrealizzabile, anche se bellisima.
    A sentire le dichiarazioni del presidente del cosiglio europeo Tusk, il processo di separazione richiederà almeno sette anni; secondo il governo inglese almeno dieci. Il governo della Merkel chiede di non correre, i fascismi europei inneggiano alle patrie e, soprattutto, la dominanza del capitalismo finanziario predilige spazi di libero mercato a spazi di democrazia; procedure di difesa del sistema, piuttosto che di difesa della gente.
    Nella migliore delle ipotesi, si cercherà di avere più concorrenza, flessibilità per l’impresa, polizie comuni contro le immigrazioni e forse più investimenti pubblici, con le banche protette speciali...
    Nessuno sembra voler toccare il cuore del problema: la riforma del processo decisionale in favore del parlamento.
    Non sono certo ottimista
    Detto tutto questo, ci sono due brevi notazioni che vorrei fare:
    ·        C’è stata in GB, oltre a quella storica di Scozia e Irlanda del nord(parte cattolica), una evidente frattura generazionale. I vecchi hanno votato per l’uscita; i giovani per l’Europa., Bisognerebbe avere il pudore di ammettere che questo è un aspetto non trascurabile della questione.
    ·        La seconda riguarda il nostro paese. Se non sbaglio,nella riforma costituzionale che si voterà ad ottobre,il senato, composto da consiglieri regionali, più una manciata di sindaci, più un gruppetto di senatori cooptati, ma non a vita, per un totale di cento, avrà la competenza specifica sulle materie concernenti l’unione. Sintesi eccellente di una sciocchezza.
     
     
     


    FIRMATO L'ACCORDO QUADRO PER LA SICUREZZA NELLE DISCOTECHE

    Ci voleva la sottoscrizione di una petizione su change.org promossa da una madre che ha visto morire suo figlio per la mancanza di un defibrillatore in una discoteca, perché si mettesse mano in quella specie di terra di nessuno che erano diventate la maggior parte delle discoteche, sia quelle regolarmente autorizzate che quelle che non. La sicurezza dei nostri giovani non era garantita una volta entrati in discoteca, dove tutto era possibile e l'illegalità, spesso regnava sovrana. Dove la sicurezza non era garantita né preventivata. Dove lo sballo dominava ma  era sulla pelle  dei ragazzi che  scaricava i suoi effetti nefasti . Ora non dovrebbe essere più così. Era ora. Grazie anche a  Carla Gentile che non si è arresa , ha lottato per avere giustizia non per se stessa ma per tutti noi.

    D.F.

    da http://formiche.net/2016/06/21/come-cambiera-la-musica-istituzionale-nelle-discoteche/

    Come cambierà la musica istituzionale nelle discoteche

     
    Ad un anno dalla morte di due giovanissimi sulle piste delle discoteche italiane, Lamberto Lucaccioni ucciso dall’ecstasy assunta al Cocoricò di Riccione, Lorenzo Toma spento da un malore sul dancefloor del Guendalina di Santa Cesarea, la musica cambia.
    Il mondo dell’intrattenimento notturno si dota di un protocollo d’intesa su scala nazionale, che sarà siglato alle 18 di oggi al Viminale, dal ministro dell’Interno Angelino Alfano e dal presidente dell’Associazione Italiana Imprese d’Intrattenimento da Ballo e Spettacolo, Maurizio Pasca.
    Regole stringenti, adeguate ai tempi che cambiano, da riguardare e all’uopo aggiornare ogni tre anni. E con esse, un regolamento da affiggere all’esterno dei locali da ballo per non lasciare dubbi agli avventori.
    Stretta la morsa su uso e abuso di alcol e droghe, allerta massima all’introduzione di armi e oggetti pericolosi nelle discoteche, coordinamento costante del ministero attraverso le prefetture che saranno chiamate a stringere accordi con i locali del territorio, sulla falsariga del protocollo centrale.
    Gli imprenditori corretti non saranno guardati in cagnesco come da opinione comune, in quanto gestori dei luoghi della perdizione, giacché sono previste specifiche premialità per quanti di loro terranno lontani pericoli, soggetti molesti e collaboreranno con segnalazione alle forze dell’ordine.
    “Impegno dei gestori e degli operatori del settore a collaborare con le forze dell’ordine nei casi e secondo le modalità concordate localmente e, in particolare, a segnalare tempestivamente, anche con apposite modalità, situazioni di illegalità o di pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico di cui vengano a conoscenza presso gli esercizi”, recita in merito il protocollo.
    Vita dura, dopo anni di levate di scudi da parte dei signori del dancefloor, anche nei confronti degli abusivi del settore, ovvero titolari di bar, stabilimenti balneari, masserie, hotel, bar, che offrono spettacoli in tutto e per tutto identici a quelli delle discoteche, con dj e animazione, senza però essere provvisti di opportune autorizzazioni e senza il rispetto della normativa in materia di dotazioni di sicurezza e capienza dei locali.
    I provvedimenti,a seguito di segnalazione prima e constatazione dello status quo poi, saranno durissimi. L’amministrazione dell’Interno intanto s’impegnerà “a dare indicazione alle prefetture nel senso di vigilare sulle organizzazioni illegali dei trattenimenti danzanti e spettacoli, anche su segnalazione delle aziende autorizzate, da parte di soggetti non autorizzati o presso falsi circoli privati, anche nei casi in cui si tratti di attività occasionali elusive del regime autorizzatorio previsto dalla legge, adottando tempestivamente ogni iniziativa di legge per sanzionarle ed inibirle, costituendo esse un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica nonché per la sicurezza dei frequentatori ed altrettante forme di concorrenza sleale a danno degli esercizi regolari”.
    Una figura, opportunamente scelta dal titolare di ogni discoteca, fungerà da collante tra lo stesso, la prefettura e le forze dell’ordine, mentre sul fronte sicurezza, il personale sarà opportunamente formato con corsi di pronto soccorso e primo intervento presso la Croce Rossa Italiana o altri organismi simili.

     

    Il Marnetto Quotidiamo : Le elezioni spagnole


     

    Podemos e il Movimento 5 Stelle hanno molti punti in comune. E il fatto che gli spagnoli di Iglesias abbiano fallito il sorpasso del partito di sinistra Psoe è un messaggio che dice qualcosa anche da noi.

    Prima di tutto, che non funziona la neutralità ideologica del "né di destra, né di sinistra". Sulla lotta alla diseguaglianza sociale - cardine dell'identità della sinistra -  o sei impegnato e sei indifferente. Ritenerla un effetto indotto della lotta alla corruzione è una lettura parzialmente vera, ma riduttiva. Così come disorienta - in Podemos e nel M5S - l'atteggiamento ambiguo nei confronti dell'Europa. Che per i grillini si appesantisce con l'imbarazzante alleanza con l'Ukip di Farage. Un signore già xenofobo,  che si è tranquillamente rimangiato dopo il referendum britannico la promessa di dedicare alla sanità pubblica i soldi risparmiati con l'adesione alla UE.

    Per questo motivo, credo che il successo riportato alle amministrative dal M5S non sarebbe replicabile su scala nazionale. Così come Podemos si è ridimensionato alle elezioni politiche.

    Eppure, a Iglesias va dato atto di un progresso, maturato dopo un lungo periodo di intransigenza. la capacità di aprire ad alleanze: Un superamento del mito della "purezza", che i M5S ancora non hanno superato, per paura di perdere nell'elettorato la percezione della propria unicità. Insomma, onestà e sobrietà (autoriduzione degli stipendi) hanno spinto il movimento nel punto più alto della sua parabola. Ma senza una posizione chiara sui temi scottanti interni ed internazionali, si torna a cercare la sinistra. A patto che sia una sinistra vera, che si dedichi cioè totalmente alla lotta delle diseguaglianze.

    Massimo Marnetto
     

    CAMERA ARDENTE AL CAMPIDOGLIO PER IL REGISTA GIUSEPPE FERRARA

     
     
     
    Domani , martedì 28 giugno, dalle ore 10 alle ore 13, sarà allestita presso la Sala del Carroccio al Campidoglio la camera ardente per il regista Giuseppe Ferrara, scomparso recentemente, per  rendere omaggio allo "straordinario impegno civile di Ferrara, un impegno nel quale non solo le istituzioni ma anche ogni singolo cittadino deve riconoscersi" (dal comunicato stampa della Sindaca Raggi). Nel pomeriggio  dello stesso giorno si terrà la commemorazione presso la Casa del Cinema.
    Alle 17.00 verrà proiettato uno dei suoi film più noti e popolari, Cento giorni a Palermo, mentre alle 19,00 saranno amici, autori, compagni di vita e di lavoro a tracciare il profilo di questo tenace, coerente, appassionato "uomo contro" del nostro cinema
     
     
    Giuseppe Ferrara, nato a Castelfiorentino il 15 luglio del 1932, fin da ragazzo Ferrara manifesta due passioni: la politica, affrontata con indole contestatrice, e il cinema, che lo vede giovanissimo promotore di un cineclub dedicato al neorealismo. All’università di Firenze si laurea in Lettere discutendo una tesi sul Nuovo cinema italiano, con un relatore d’eccezione: lo storico dell’arte Roberto Longhi. Si trasferisce a Roma, si diploma in regia nel 1959 e si dedica a documentari e inchieste tv che spaziano dalla resistenza alle trasformazioni della società agraria. Comincia anche a dedicarsi all’insegnamento, alterna la realizzazione di documentari e corti alla pubblicistica, dando alle stampe libri su Luchino Visconti (1964) e Francesco Rosi (1965).
     
    Dopo gli anni di formazione all’insegna dell’impegno sociale, nel 1969 fonda la cooperativa Cine 2000 per portare avanti progetti che non ottengono finanziamenti e appoggio nei canali tradizionali. Esce così il lungometraggio «Il sasso in bocca», pellicola sui rapporti fra mafia e potere per certi versi antesignana del genere «docufiction», esperimento che si ripete sei anni dopo, nel 1975, con «Faccia di spia». Nel 1977 poi realizza Panagulis zei, miniserie tv dedicata al famoso oppositore del regime dei colonnelli in Grecia. Nel 1984 torna a occuparsi di mafia con «Cento giorni a Palermo», poi è la volta de «il Caso Moro» (1986) a cui seguono diversi altri lavori sempre legati al cinema di impegno sociale e d’inchiesta. Fra le ultime opere il documentario «I ragazzi del Vesuvio» (2010) e il film tv «Roma Nuda» (2013, ancora inedito).
     
    Negli ultimi anni Giuseppe Ferrara versava in condizioni di salute precarie e aveva anche problemi economici, tanto che nel 2014, dopo una campagna lanciata da vari esponenti della società civile, aveva ottenuto il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli e destinato alle personalità del mondo del mondo della cultura, dello sport e dello spettacolo cadute in disgrazia.


    Recensione film:I MIEI GIORNI PIU' BELLI regia di Arnaud Desplechin


     

    Con Quentin Dolmaire, Mathieu Almaric,  Lou Roy-Lecollinet, Eve Doé-Bruce, Françoise Lebrun

     

     



     

     

    “I miei giorni più belli” è un film adatto agli spettatori nostalgici di François Truffaut che si fanno affascinare dai “romanzi intimi” e dai problemi degli amori adolescenziali di una piccola città della provincia francese. Le vicende sentimentali sono presentate in flash back - il titolo originale è “Trois Souvenirs de ma Jeunesse” – e narrate dalla voce fuori campo del protagonista (non faceva così anche Truffaut?). Paul Dédalus (Quentin Dolmaire da giovane) da bambino ribelle, svogliato e ingestibile diventerà da adulto un affermato antropologo richiesto pure al Ministero degli Affari Esteri per le sue competenze. Arnaud Deplechin nella sua regia segue il modello del regista della nouvelle-vague nel proseguire la storia del protagonista dei suoi film precedenti interpretato da Mathieu Almaric, così come l’Antoin Duanel truffautiano era stato sempre interpretato da Jean Pierre Leaud.

    Le storie adolescenziali di amori vissuti si svolgono alla fine degli anni ’80 - negli anni della caduta del muro di Berlino - a Rubaix, una cittadina di circa 90.000 abitanti situata al confine con il Belgio a 200 km a nord di Parigi.

    Paul da giovane va a studiare all’Università di Parigi ma s’innamora di Esther (Lou Roy-Lecollinet), la ragazza sedicenne sofferente di bovarismo, la più desiderata della comitiva, con la quale può incontrarsi solo nei week-end quando torna a casa, e avrà con lei un rapporto intenso di sette anni, prevalentemente epistolare (ancora Truffaut).

    Le storie narrate nel film fanno riferimento a generi diversi, quello breve sull’infanzia - con la follia e suicidio della madre - trova le sue matrici in Rossellini, Buñuel e ancora Truffaut, mentre il viaggio in Russia nel genere dello spionaggio; il ricordo decisamente più lungo è proprio quello del genere sentimentale  in cui vengono mostrati, oltre all’amore, i desideri, le paure, i tradimenti e il carteggio quotidiano dei due ragazzi. Chiude il film con i protagonisti adulti: l’epilogo è sostanzialmente un monologo del furibondo Paul che, al rientro dal Tagikistan e in un prolungamento del disagio adolescenziale, rivolge all'amico che l’aveva tradito molti anni prima proprio con la sua adorata Esther.

    Quello che secondo me il regista non è riuscito a riprendere da Truffaut è la sua ironia, l’affettuosa goffaggine dei suoi personaggi che suscitano empatia nello spettatore; qui il fondo resta drammatico così come, ad esempio, è denunciato dal rapporto con la professoressa di antropologia Béhanzin (Eve Doé-Bruce) che colma il vuoto lasciato dall’assenza materna.

    Il film – proiettato nelle sale in originale con i sottotitoli – è amato molto dai critici probabilmente per i suoi riferimenti e citazioni quale esempio di cinema colto. Sicuramente intenso e ben curato risulta, a mio avviso, piuttosto faticoso nella parte di descrizione degli amori adolescenziali un po’ troppo lunga e lenta, mentre la parte iniziale dell’infanzia fino al viaggio in Russia possedeva un bel ritmo incalzante.

     

    Ghisi Grütter

    26 giugno 2016

    CARI AMICI DEL PD RENDETEVI CONTO:LA GUERRA E' PERDUTA

    Pubblichiamo l'accorata lettera di un militante (ex?) PD inviata al coordinatore degli Ecodem di Roma. C'è ancora qualcuno capace di critica nel Partito Democratico.
    Quindi forse c'è speranza di rinnovamento.
     
     
     
    Caro Pierluigi
     
    Ho la vaga impressione che  gli amici ecologisti e del PD con i quali abbiamo combattuto tante battaglie continuano a  non rendersi conto che la guerra è perduta.
    Purtroppo il modello di società alternativa capace di coniugare giustizia e libertà, solidarietà e sicurezza, progresso e ambiente  non fa più parte del DNA di questo paese. Dunque il tentativo  di  ricaricare armi che sono completamente spuntate, attraverso il  consueto rito delle verifiche e dei chiarimenti, diventa non solo inutile ma anche controproducente.
    Caro Pierluigi con la onestà intellettuale che da sempre ti ha caratterizzato non hai mai nascosto sotto il tappeto la spazzatura che usciva da tutte le parti; spazzatura non solo delle strade della nostra città ma soprattutto degli apparati del partito dove tutte le nostre iniziative  sono state  sistematicamente stroncate per non turbare gli equilibri di potere. E tuttavia sei stato sempre fiducioso nella azione degli Ecodem. Io non lo sono più da tanti anni e la circostanza che i risultati elettorali mi danno ragione non mi consola affatto.
    Renzi è un Berlusconi senza Olgettine. Questa la definizione di un amico il quale intendeva sottolineare la continuità tra il leader attuale e quello precedente dal quale è vero  li separa (e non è poco) la concezione verso la donna, oggetto per l’uno e persona per l’altro, ma che sono uniti dalla stessa ammirazione per le  leggi del mercato  e della nazione d’oltreoceano che li esprime; leggi che per entrambi i leaders sono fattore di progresso mentre per me sono strumento  di morte. Un sistema perverso dove una infima minoranza possiede quasi tutto mentre la stragrande maggioranza non ha quasi niente. Un sistema dove la riduzione della occupazione è fonte di profitto mentre l’ambiente è considerato un nobile ideale ma del tutto inopportuno ora che c’è la crisi , con la conseguenza che,siccome la crisi c’è fin dai tempi di Adamo, dell’ambiente  non si parlerà mai più.
    Ti cito due esempi. Il primo riguarda la promozione in Finmeccanica del  Prefetto Di Gennaro che per quanto mi riguarda è colui che ha capeggiato la squadra di torturatori al G8 di Genova mentre per  il Presidente del Consiglio è un valido  dirigente; il secondo si riferisce alla concezione renziana della tutela del creato quando a proposito delle trivelle afferma che se il petrolio c’è perché non prenderlo? Risposta che esprime alla perfezione quel modello culturale puramente utilitaristico che oramai  si è impadronito delle nuove generazioni, le quali sono cresciute  con una concezione del bene e del male completamente opposta a quella dei nostri genitori e dei  padri costituenti.
    Se questa analisi viene condivisa sostenere  che rispetto a Berlusconi la situazione è migliorata equivale ad  affermare che rispetto allo zero assoluto un aumento del PIL dello  0,2%  è un risultato apprezzabile. Lo è, ci mancherebbe altro, lo dico per rispetto delle persone che con le 80 euro hanno potuto mangiare un pezzo di pizza ma, rispetto a quello che si aspettava la gente dei girotondi, dell’Ulivo di Prodi o dei magistrati di Mani pulite questo 0,2% è un nulla assoluto.
    Caro Pier non voglio minimizzare la faticosa e oscura attività di tappabuchi che i parlamentari ecologisti hanno svolto in questi anni per salvare il salvabile ma, appunto, stiamo parlando di rattoppi; è come per dirla alla Crozza cercare di arrestare lo tsunami con lo scolapasta. Dunque se come credo la guerra è perduta non resta che lasciare ad altri il compito che ci siamo presi con baldanzosa speranza. A meno che non si voglia proclamare un'altra guerra con truppe rinnovate e soprattutto con nuove idee.
                                                                                     Ciao Aldo
     
     

    25 giugno 2016

    •Quando capirà la ‘sinistra’ d’establishment che Renzi è l’apoteosi del berlusconismo?

     


    di Paolo Flores d'Arcais
    Parola di Renzi: "è stato un voto per il cambiamento, dunque dobbiamo accelerare con le nostre riforme". Roba da matti! Nemmeno un dadaista in piena forma avrebbe potuto creare un "non sequitur" talmente ciclopico.

    Riflettiamo appena appena (anche Renzi può arrivarci, magari con la sollecitazione di Filippo Sensi): il voto al M5S è stato effettivamente e ovviamente un voto per il cambiamento. Ma rispetto a cosa e a chi? Rispetto alla morta gora del "ventennio che non passa", cioè l'impasto di berlusconismo a destra e inciucio a "sinistra". Mentre le "riforme" di Renzi costituiscono esattamente l'inveramento e il compimento del progetto di regime berlusconiano, delle controriforme del pregiudicato di Arcore, in gran parte fermate per anni dalle lotte della società civile.

    Jobs Act, riforma Rai, aggressione sistematica all'indipendenza della magistratura e edulcoramento di ogni legge anticorruzione a antimafia, leggi bavaglio, e infine controriforma costituzionale, sono berlusconismo puro. È il segreto di Pulcinella, lo ha ripetuto in forma schietta e comprensibile perfino a Serracchiani e Guerini una Pci>Ds>Pd inossidabile, ma alla fine disgustata e perciò lucida, Sabrina Ferilli.

    Resta invece sbalorditivo che una verità così lapalissiana e confortata da ogni riscontro empirico (basta fare il confronto fra le leggi e i progetti dell'epoca di Arcore e di quella di Rignano) stenti ancora a farsi strada nelle sinapsi di noti e per definizione autorevoli commentatori, editorialisti e intellettuali della "sinistra" d'establishment. I quali continuano a propinare in articolesse e talk show labirintiche spiegazioni in contraddizione l'una con l'altra (e spesso con se stessa), quasi che decifrare l'evidenza del perché della sconfitta di Renzi sia arduo come la stele di Rosetta prima di Champollion.

    Nulla di più patetico e irrealistico, perciò, degli ammonimenti che qualcuno rivolge a Renzi di cambiare atteggiamento: ricordano quelli ancor più ridicoli rivolti a Berlusconi per vent'anni di realizzare davvero una "rivoluzione liberale" (che sarebbe cosa gobettiana!) anziché far ruotare l'intera politica attorno ai propri interessi privati.

    Renzi, a differenza di Berlusconi e dunque più radicatamente di Berlusconi, è berlusconiano per convinzione profonda, anzi, come abbiamo scritto prima ancora che andasse al governo, è berlusconiano e soprattutto marchionnista, crede davvero che modernità siano i manager che guadagnano mille volte il salario di un operaio, e che l'impegno per una crescente eguaglianza sia novecentesco o addirittura ottocentesco.

    Per questo non c'entra nulla con la sinistra, né moderna, né futura né passata. E' un democristiano mannaro ovviamente diventato berlusconiano, che per furbizia tattica ha trovato in un Pd in disarmo e avvitamento da inciucio (Veltroni D'Alema e Bersani sono i "produttori" di Renzi, anche se ora lo detestano) il terreno ideale per una "scalata" che nella destra di Berlusconi gli sarebbe restata preclusa.

    Renzi non è affatto un rottamatore del sistema del privilegio, della Casta e delle cricche, dell'intreccio politico-affaristico con propaggini criminali che fa il bello e il cattivo tempo in Italia in modo crescente da un quarto di secolo. Ne costituisce l'apoteosi: ha rottamato cricche ormai obsolete con la sua Nuova Cricca, tutto qui.

    Il referendum di ottobre sarà perciò lo scontro tra queste due Italie: l'establishment del privilegio e le lotte e le speranze dei girotondi, dell'antimafia, delle piazze contro il bavaglio, del "vaffa" di Grillo che ha saputo diventare forza politica di radicale cambiamento (con contraddizioni che non abbiamo mai nascosto e cui continueremo a non mettere la sordina, ma con una lungimiranza e lucidità nel giudicare l'intero ceto politico che avevamo sottovalutato grandemente e che a noi talvolta sono mancate).

    Gli aedi del renzismo inviteranno al Sì dicendo che il No significa Berlusconi e Salvini anziché Zagrebelsky e Appendino, Raggi e Rodotà, e il meglio del costituzionalismo, e la meglio gioventù, e chi non si piega a rottamare la Costituzione nata dalla Resistenza ma vuole invece realizzarla pienamente (unica prospettiva politica davvero moderna e innovativa).

    Non è così: i Salvini e Berlusconi concioneranno per il No, ma solo "pro domo", per concorrenza con Renzi non per alternativa. E se Renzi sarà sconfitto il futuro a loro sarà precluso, checché si illudano in contrario e checché cerchino di spacciare gli opinionisti d'ordinanza. Il futuro – se a ottobre vince il No – toccherà alla forze che vogliono più giustizia e più libertà, e che oggi come oggi  hanno nel M5S il loro cruciale vettore.

    (22 giugno 2016)