21 Giugno 2016
31
Uno
sfogo, un'invettiva e una speranza da un'attivista per un'altra Roma e portavoce
di "carteinregola". Rivolta al PD, (#fateveneunaragione) ma non solo.
massimocomunemultiplo blog online, 20 giugno 2016
Elezioni Roma
#fateveneunaragione
(e rimbocchiamoci le maniche per la
città)
Come la fiaba di quel tale che parte per vendere
la mucca al mercato e a forza di scambi al ribasso si ritrova con un uovo, il
Partito Democratico a Roma ha dissipato in poco tempo il suo consenso, passando
dai 664.490 voti raccolti dal suo candidato Ignazio Marino al ballottaggio del
2013, ai 376.935 del suo successore Roberto Giachetti del 2016*. Tra le due date
è successo di tutto, ma il Partito Democratico deve finalmente guardare in
faccia la realtà.
Basterebbe guardare alcune immagini dell’ultimo giorno
di campagna elettorale per capire la profonda frattura tra il Partito
Democratico e la città. Una piazza strapiena a Ostia ad acclamare la candidata
M5S Virginia Raggi, un gruppo di sostenitori di Roberto Giachetti che non
riempiva neanche metà dello stretto Ponte della Musica. [vedi icona in
alto]
Adesso nel Partito cominceranno le rese dei conti, si
spargeranno veleni, voleranno stracci e coltelli, mentre si moltiplicano le
versioni consolatorie sui social: un voto contro Renzi, contro il PD, la gente
si è fatta abbindolare dal populismo etc etc etc. Ma è un esercizio inutile
cercare colpevoli, o ventilare complotti e ripicche. Forse qualcuno
effettivamente avrà votato Raggi per farla pagare a Renzi, o per punire il PD,
ma la stragrande maggioranza ha scelto il Movimento 5 Stelle perchè è stato
l’unico a presentarsi come partito del cambiamento, perchè da sempre promette
onestà e legalità, e perchè lavora da tempo su quei territori di cui il Partito
Democratico si ricorda solo all’avvicinarsi delle elezioni. Già nel 2008, la
vittoria di Alemanno aveva dimostrato il fallimento del Modello Roma del
quindicennio Rutelli/Veltroni e il grave malessere delle periferie. Anzichè
fermarsi allora a fare autocritica, si è sprofondati in uno dei periodi più
oscuri della città, non solo per l’amministrazione di uno dei peggiori
centrodestra, ma per il consociativismo di un’opposizione che si opponeva ben
poco, a quel centrodestra. Mafia capitale ha poi svelato un po’ di fuoriscena,
nelle risultanze giudiziarie, ma soprattutto in quelle migliaia di pagine di
intercettazioni, da cui emerge l’immagine di un Partito Democratico deteriorato,
preoccupato di voti, correnti e consensi, e ben poco del bene della città e
delle persone.
Fatevene una ragione, non sono i radical chic con la puzza
sotto il naso che hanno girato le spalle al vostro partito, ma la gente normale,
che si è sentita sempre più povera, senza dignità e senza speranza. Abbandonata
da una classe politica che anche a sinistra non difendeva più diritti per
elargire favori, ben più remunerativi. Classe politica rimasta la stessa anche
durante il breve mandato di Ignazio Marino, e che a Marino ha fatto la guerra
fin dall’inizio, soprattutto a quelli della sua squadra che non volevano
continuare il tran tran precedente. Con una conclusione cruenta – quelle firme
dal notaio dei consiglieri PD – che forse ha segnato anche la vera fine del
Partito. Ma il suicidio collettivo del PD romano va avanti da tanto, anche se
“al ralenti”, con una inesorabile selezione alla rovescia che ha allontanato i
militanti più volenterosi e intraprendenti, lasciando il campo ai comitati
elettorali. Quante tessere – vere – sono state perse in questi anni? L’indagine
di Barca è stata acqua fresca. Che ha indicato il partito cattivo dei valvassini
dei circoli e non quello dei vassalli e dei principi e delle relative correnti –
tutte ben vive e vegete – in Campidoglio, in Regione, in Parlamento. E se non
sappiamo quale dibattito si sia svolto nel partito dopo Mafia Capitale, di certo
i candidati del PD hanno parlato ben poco, in campagna elettorale, di mafia e
corruzione. Sembrava che le elezioni si tenessero a Oslo, non nella Roma dei
“mondi di mezzo”. Mobilità sostenibile. Piste ciclabili. Programmi fotocopiati
dal passato, candidati anche. Invito quelli che pontificano sulle presunte
incompetenze dei futuri consiglieri Cinque Stelle, a scorrere i curricula dei
candidati PD, e approfondire meriti e competenze di quelli in cima alla
graduatoria delle preferenze che finiranno in Assemblea o in lista di attesa
(naturalmente quelli prestigiosi delle liste civiche hanno preso un pugno di
voti perchè non sorretti dall’organizzazione del partito, che in questo è ancora
efficiente).
Fatevene una ragione, non bastano più i richiami alla
grandeur di RomatornaRoma, gli echi di Festival del Cinema e Notti bianche, per
far credere che Roma sia una capitale europea. La gente vive nel terzo mondo
ogni giorno, il centrosinistra raccoglie ancora il voto delle enclave dei
municipi dove vivono i privilegiati, ma sempre meno, perché anche lì l’abbandono
e il degrado proliferano come una malattia contagiosa.
Fa impressione che
un partito che per tanto tempo ha messo al centro del suo progetto per un mondo
migliore le persone, e valori come l’uguaglianza, la solidarietà, la difesa del
bene comune, si sia ridotto a usare come principale argomento elettorale
l’ennesima candidatura Olimpica, in una città stremata dai grandi eventi
precedenti, giocando sulla retorica sportiva e su quella degli
eventi-che-creano-posti-di-lavoro. Oltretutto con un paradossale scambio di
ruoli che vede il candidato PD Sindaco della Capitale dare per scontata la sua
subalternità a un comitato sportivo, anche per quelle decisioni che riguardano i
progetti urbanistici e l’eredità che dovrebbero lasciare le Olimpiadi alla
città.
E altrettanto tristi sono i messaggi scelti dalla campagna
elettorale del PD e del suo candidato per parlare alla città, evidentemente
frutto di una comunicazione maldestra e povera di idee – anche perché costretta
ad attingere a un repertorio povero di contenuti orignali e convincenti – che ha
ripiegato su temi segnalati dai sondaggi come le buche – non per niente in
comune con gli altri contendenti – messe in pole position insieme alla riduzione
delle tasse, o su formule stantie come il tormentone romanesco (con tanto di
“Società dei magnaccioni”), come se la strizzata d’occhio pseudopopolaresca
potesse cancellare il profondo fossato che divide da tempo la politica dai
cittadini.
E soprattutto nel Partito Democratico, nato dalle ceneri del
Partito Democratico della Sinistra, manca appunto la sinistra. Mancano i valori
di sinistra. Molti sostenitori del Partito Democratico rinfacciano ai Cinque
Stelle di non avere un sistema di valori condivisi, cioè quei fondamenti
indiscutibili, come la tutela dei deboli e la giustizia sociale. E agitano il
rischio – reale – di derive demagogiche che oscillano tra mondi di destra e di
sinistra in base alla pancia e agli umori dei sostenitori o degli attivisti in
rete. Però dovrebbero a questo punto interrogarsi su cosa è rimasto oggi dei
valori che hanno condiviso e difeso quando il PD si chiamava PCI, poi PDS, poi
DS. Valori che non basta scrivere nei codici etici, nella carta dei valori o nei
programmi elettorali, devono essere messi in pratica ogni giorno, da
tutti.
Ed è devastante sapere che quei valori per cui si sono battuti e
sacrificati i nostri padri e nonni oggi non hanno più significato per la maggior
parte della gente, che sostiene”che destra e sinistra sono uguali”. Se sono
tanti a pensarla così, è perchè molto spesso sono uguali i partiti, i
comportamenti, gli interessi. I valori sono ancora diversi, anche se bisogna
trovare nuove forme, linguaggi e canali per farli vivere di nuovo.
Mafia
Capitale ha segnato una ferita e un solco, tra chi continua a perseguire le
vecchie logiche politiche spartitorie e chi invece si batte per l’interesse
pubblico e la partecipazione dei cittadini. Il monocolore M5S non può funzionare
da solo, ha bisogno di sostegno, competenze e anche confronti critici con le
realtà più diverse, anche della politica. Penso che un percorso possibile sia
quello che sta cercando di costruire il nostro Laboratorio per una Politica
trasparente e democratica, che vuole tenere aperto uno spazio di confronto tra
realtà della società civile e quei pezzi di partiti e movimenti – compresi i
simpatizzanti di quei partiti che oggi sembrano antagonisti inconciliabili come
PD e M5S – che vogliono davvero costruire il cambiamento. Questa campagna
elettorale è stata devastante, ha portando il conflitto tra le due principali
forze politiche fino a livelli inaccettabili**, spaccando la città e esasperando
pregiudizi e sospetti anche tra persone che potrebbero avere molto in comune.
Bisogna ricucire il dialogo e il confronto.
Coraggiosi, M5S e non,
cercasi.
*al primo turno: Marino 512.720 voti, Giachetti 320.170
voti
** La campagna contro Virginia Raggi per i due incarichi
alla ASL di Civitavecchia da 13000 euro segnalati tardivamente al Comune, al di
là del giudizio sul fatto in sè, è stata davvero indegna. L’invio di SMS anonimi
agli elettori che definivano la candidata Raggi una bugiarda è un episodio
inaccettabile, su cui spero che il Partito Democratico vorrà fare chiarezza
prendendo le distanze dai suoi autori. E voglio ricordare che una simile e
virulenta campagna denigratoria – sostenuta sfacciatamente da testate
giornalistiche un tempo autorevoli – non ricorda neanche lontanamente quella
condotta verso avversari del centro destra come Alemanno. Questi sistemi non
sono accettabili da nessun sincero democratico.
21 Giugno 2016
31
Elezioni Roma
#fateveneunaragione
(e rimbocchiamoci le maniche per la
città)
Come la fiaba di quel tale che parte per vendere la mucca al mercato e a forza di scambi al ribasso si ritrova con un uovo, il Partito Democratico a Roma ha dissipato in poco tempo il suo consenso, passando dai 664.490 voti raccolti dal suo candidato Ignazio Marino al ballottaggio del 2013, ai 376.935 del suo successore Roberto Giachetti del 2016*. Tra le due date è successo di tutto, ma il Partito Democratico deve finalmente guardare in faccia la realtà.
Basterebbe guardare alcune immagini dell’ultimo giorno di campagna elettorale per capire la profonda frattura tra il Partito Democratico e la città. Una piazza strapiena a Ostia ad acclamare la candidata M5S Virginia Raggi, un gruppo di sostenitori di Roberto Giachetti che non riempiva neanche metà dello stretto Ponte della Musica. [vedi icona in alto]
Adesso nel Partito cominceranno le rese dei conti, si spargeranno veleni, voleranno stracci e coltelli, mentre si moltiplicano le versioni consolatorie sui social: un voto contro Renzi, contro il PD, la gente si è fatta abbindolare dal populismo etc etc etc. Ma è un esercizio inutile cercare colpevoli, o ventilare complotti e ripicche. Forse qualcuno effettivamente avrà votato Raggi per farla pagare a Renzi, o per punire il PD, ma la stragrande maggioranza ha scelto il Movimento 5 Stelle perchè è stato l’unico a presentarsi come partito del cambiamento, perchè da sempre promette onestà e legalità, e perchè lavora da tempo su quei territori di cui il Partito Democratico si ricorda solo all’avvicinarsi delle elezioni. Già nel 2008, la vittoria di Alemanno aveva dimostrato il fallimento del Modello Roma del quindicennio Rutelli/Veltroni e il grave malessere delle periferie. Anzichè fermarsi allora a fare autocritica, si è sprofondati in uno dei periodi più oscuri della città, non solo per l’amministrazione di uno dei peggiori centrodestra, ma per il consociativismo di un’opposizione che si opponeva ben poco, a quel centrodestra. Mafia capitale ha poi svelato un po’ di fuoriscena, nelle risultanze giudiziarie, ma soprattutto in quelle migliaia di pagine di intercettazioni, da cui emerge l’immagine di un Partito Democratico deteriorato, preoccupato di voti, correnti e consensi, e ben poco del bene della città e delle persone.
Fatevene una ragione, non sono i radical chic con la puzza sotto il naso che hanno girato le spalle al vostro partito, ma la gente normale, che si è sentita sempre più povera, senza dignità e senza speranza. Abbandonata da una classe politica che anche a sinistra non difendeva più diritti per elargire favori, ben più remunerativi. Classe politica rimasta la stessa anche durante il breve mandato di Ignazio Marino, e che a Marino ha fatto la guerra fin dall’inizio, soprattutto a quelli della sua squadra che non volevano continuare il tran tran precedente. Con una conclusione cruenta – quelle firme dal notaio dei consiglieri PD – che forse ha segnato anche la vera fine del Partito. Ma il suicidio collettivo del PD romano va avanti da tanto, anche se “al ralenti”, con una inesorabile selezione alla rovescia che ha allontanato i militanti più volenterosi e intraprendenti, lasciando il campo ai comitati elettorali. Quante tessere – vere – sono state perse in questi anni? L’indagine di Barca è stata acqua fresca. Che ha indicato il partito cattivo dei valvassini dei circoli e non quello dei vassalli e dei principi e delle relative correnti – tutte ben vive e vegete – in Campidoglio, in Regione, in Parlamento. E se non sappiamo quale dibattito si sia svolto nel partito dopo Mafia Capitale, di certo i candidati del PD hanno parlato ben poco, in campagna elettorale, di mafia e corruzione. Sembrava che le elezioni si tenessero a Oslo, non nella Roma dei “mondi di mezzo”. Mobilità sostenibile. Piste ciclabili. Programmi fotocopiati dal passato, candidati anche. Invito quelli che pontificano sulle presunte incompetenze dei futuri consiglieri Cinque Stelle, a scorrere i curricula dei candidati PD, e approfondire meriti e competenze di quelli in cima alla graduatoria delle preferenze che finiranno in Assemblea o in lista di attesa (naturalmente quelli prestigiosi delle liste civiche hanno preso un pugno di voti perchè non sorretti dall’organizzazione del partito, che in questo è ancora efficiente).
Fatevene una ragione, non bastano più i richiami alla grandeur di RomatornaRoma, gli echi di Festival del Cinema e Notti bianche, per far credere che Roma sia una capitale europea. La gente vive nel terzo mondo ogni giorno, il centrosinistra raccoglie ancora il voto delle enclave dei municipi dove vivono i privilegiati, ma sempre meno, perché anche lì l’abbandono e il degrado proliferano come una malattia contagiosa.
Fa impressione che un partito che per tanto tempo ha messo al centro del suo progetto per un mondo migliore le persone, e valori come l’uguaglianza, la solidarietà, la difesa del bene comune, si sia ridotto a usare come principale argomento elettorale l’ennesima candidatura Olimpica, in una città stremata dai grandi eventi precedenti, giocando sulla retorica sportiva e su quella degli eventi-che-creano-posti-di-lavoro. Oltretutto con un paradossale scambio di ruoli che vede il candidato PD Sindaco della Capitale dare per scontata la sua subalternità a un comitato sportivo, anche per quelle decisioni che riguardano i progetti urbanistici e l’eredità che dovrebbero lasciare le Olimpiadi alla città.
E altrettanto tristi sono i messaggi scelti dalla campagna elettorale del PD e del suo candidato per parlare alla città, evidentemente frutto di una comunicazione maldestra e povera di idee – anche perché costretta ad attingere a un repertorio povero di contenuti orignali e convincenti – che ha ripiegato su temi segnalati dai sondaggi come le buche – non per niente in comune con gli altri contendenti – messe in pole position insieme alla riduzione delle tasse, o su formule stantie come il tormentone romanesco (con tanto di “Società dei magnaccioni”), come se la strizzata d’occhio pseudopopolaresca potesse cancellare il profondo fossato che divide da tempo la politica dai cittadini.
E soprattutto nel Partito Democratico, nato dalle ceneri del Partito Democratico della Sinistra, manca appunto la sinistra. Mancano i valori di sinistra. Molti sostenitori del Partito Democratico rinfacciano ai Cinque Stelle di non avere un sistema di valori condivisi, cioè quei fondamenti indiscutibili, come la tutela dei deboli e la giustizia sociale. E agitano il rischio – reale – di derive demagogiche che oscillano tra mondi di destra e di sinistra in base alla pancia e agli umori dei sostenitori o degli attivisti in rete. Però dovrebbero a questo punto interrogarsi su cosa è rimasto oggi dei valori che hanno condiviso e difeso quando il PD si chiamava PCI, poi PDS, poi DS. Valori che non basta scrivere nei codici etici, nella carta dei valori o nei programmi elettorali, devono essere messi in pratica ogni giorno, da tutti.
Ed è devastante sapere che quei valori per cui si sono battuti e sacrificati i nostri padri e nonni oggi non hanno più significato per la maggior parte della gente, che sostiene”che destra e sinistra sono uguali”. Se sono tanti a pensarla così, è perchè molto spesso sono uguali i partiti, i comportamenti, gli interessi. I valori sono ancora diversi, anche se bisogna trovare nuove forme, linguaggi e canali per farli vivere di nuovo.
Mafia Capitale ha segnato una ferita e un solco, tra chi continua a perseguire le vecchie logiche politiche spartitorie e chi invece si batte per l’interesse pubblico e la partecipazione dei cittadini. Il monocolore M5S non può funzionare da solo, ha bisogno di sostegno, competenze e anche confronti critici con le realtà più diverse, anche della politica. Penso che un percorso possibile sia quello che sta cercando di costruire il nostro Laboratorio per una Politica trasparente e democratica, che vuole tenere aperto uno spazio di confronto tra realtà della società civile e quei pezzi di partiti e movimenti – compresi i simpatizzanti di quei partiti che oggi sembrano antagonisti inconciliabili come PD e M5S – che vogliono davvero costruire il cambiamento. Questa campagna elettorale è stata devastante, ha portando il conflitto tra le due principali forze politiche fino a livelli inaccettabili**, spaccando la città e esasperando pregiudizi e sospetti anche tra persone che potrebbero avere molto in comune. Bisogna ricucire il dialogo e il confronto.
Coraggiosi, M5S e non, cercasi.
*al primo turno: Marino 512.720 voti, Giachetti 320.170 voti
** La campagna contro Virginia Raggi per i due incarichi alla ASL di Civitavecchia da 13000 euro segnalati tardivamente al Comune, al di là del giudizio sul fatto in sè, è stata davvero indegna. L’invio di SMS anonimi agli elettori che definivano la candidata Raggi una bugiarda è un episodio inaccettabile, su cui spero che il Partito Democratico vorrà fare chiarezza prendendo le distanze dai suoi autori. E voglio ricordare che una simile e virulenta campagna denigratoria – sostenuta sfacciatamente da testate giornalistiche un tempo autorevoli – non ricorda neanche lontanamente quella condotta verso avversari del centro destra come Alemanno. Questi sistemi non sono accettabili da nessun sincero democratico.
21 Giugno 2016
31
Uno
sfogo, un'invettiva e una speranza da un'attivista per un'altra Roma e portavoce
di "carteinregola". Rivolta al PD, (#fateveneunaragione) ma non solo.
massimocomunemultiplo blog online, 20 giugno 2016
Elezioni Roma
#fateveneunaragione
Come la fiaba di quel tale che parte per vendere la mucca al mercato e a forza di scambi al ribasso si ritrova con un uovo, il Partito Democratico a Roma ha dissipato in poco tempo il suo consenso, passando dai 664.490 voti raccolti dal suo candidato Ignazio Marino al ballottaggio del 2013, ai 376.935 del suo successore Roberto Giachetti del 2016*. Tra le due date è successo di tutto, ma il Partito Democratico deve finalmente guardare in faccia la realtà.
Basterebbe guardare alcune immagini dell’ultimo giorno di campagna elettorale per capire la profonda frattura tra il Partito Democratico e la città. Una piazza strapiena a Ostia ad acclamare la candidata M5S Virginia Raggi, un gruppo di sostenitori di Roberto Giachetti che non riempiva neanche metà dello stretto Ponte della Musica. [vedi icona in alto]
Adesso nel Partito cominceranno le rese dei conti, si spargeranno veleni, voleranno stracci e coltelli, mentre si moltiplicano le versioni consolatorie sui social: un voto contro Renzi, contro il PD, la gente si è fatta abbindolare dal populismo etc etc etc. Ma è un esercizio inutile cercare colpevoli, o ventilare complotti e ripicche. Forse qualcuno effettivamente avrà votato Raggi per farla pagare a Renzi, o per punire il PD, ma la stragrande maggioranza ha scelto il Movimento 5 Stelle perchè è stato l’unico a presentarsi come partito del cambiamento, perchè da sempre promette onestà e legalità, e perchè lavora da tempo su quei territori di cui il Partito Democratico si ricorda solo all’avvicinarsi delle elezioni. Già nel 2008, la vittoria di Alemanno aveva dimostrato il fallimento del Modello Roma del quindicennio Rutelli/Veltroni e il grave malessere delle periferie. Anzichè fermarsi allora a fare autocritica, si è sprofondati in uno dei periodi più oscuri della città, non solo per l’amministrazione di uno dei peggiori centrodestra, ma per il consociativismo di un’opposizione che si opponeva ben poco, a quel centrodestra. Mafia capitale ha poi svelato un po’ di fuoriscena, nelle risultanze giudiziarie, ma soprattutto in quelle migliaia di pagine di intercettazioni, da cui emerge l’immagine di un Partito Democratico deteriorato, preoccupato di voti, correnti e consensi, e ben poco del bene della città e delle persone.
Fatevene una ragione, non sono i radical chic con la puzza sotto il naso che hanno girato le spalle al vostro partito, ma la gente normale, che si è sentita sempre più povera, senza dignità e senza speranza. Abbandonata da una classe politica che anche a sinistra non difendeva più diritti per elargire favori, ben più remunerativi. Classe politica rimasta la stessa anche durante il breve mandato di Ignazio Marino, e che a Marino ha fatto la guerra fin dall’inizio, soprattutto a quelli della sua squadra che non volevano continuare il tran tran precedente. Con una conclusione cruenta – quelle firme dal notaio dei consiglieri PD – che forse ha segnato anche la vera fine del Partito. Ma il suicidio collettivo del PD romano va avanti da tanto, anche se “al ralenti”, con una inesorabile selezione alla rovescia che ha allontanato i militanti più volenterosi e intraprendenti, lasciando il campo ai comitati elettorali. Quante tessere – vere – sono state perse in questi anni? L’indagine di Barca è stata acqua fresca. Che ha indicato il partito cattivo dei valvassini dei circoli e non quello dei vassalli e dei principi e delle relative correnti – tutte ben vive e vegete – in Campidoglio, in Regione, in Parlamento. E se non sappiamo quale dibattito si sia svolto nel partito dopo Mafia Capitale, di certo i candidati del PD hanno parlato ben poco, in campagna elettorale, di mafia e corruzione. Sembrava che le elezioni si tenessero a Oslo, non nella Roma dei “mondi di mezzo”. Mobilità sostenibile. Piste ciclabili. Programmi fotocopiati dal passato, candidati anche. Invito quelli che pontificano sulle presunte incompetenze dei futuri consiglieri Cinque Stelle, a scorrere i curricula dei candidati PD, e approfondire meriti e competenze di quelli in cima alla graduatoria delle preferenze che finiranno in Assemblea o in lista di attesa (naturalmente quelli prestigiosi delle liste civiche hanno preso un pugno di voti perchè non sorretti dall’organizzazione del partito, che in questo è ancora efficiente).
Fatevene una ragione, non bastano più i richiami alla grandeur di RomatornaRoma, gli echi di Festival del Cinema e Notti bianche, per far credere che Roma sia una capitale europea. La gente vive nel terzo mondo ogni giorno, il centrosinistra raccoglie ancora il voto delle enclave dei municipi dove vivono i privilegiati, ma sempre meno, perché anche lì l’abbandono e il degrado proliferano come una malattia contagiosa.
Fa impressione che un partito che per tanto tempo ha messo al centro del suo progetto per un mondo migliore le persone, e valori come l’uguaglianza, la solidarietà, la difesa del bene comune, si sia ridotto a usare come principale argomento elettorale l’ennesima candidatura Olimpica, in una città stremata dai grandi eventi precedenti, giocando sulla retorica sportiva e su quella degli eventi-che-creano-posti-di-lavoro. Oltretutto con un paradossale scambio di ruoli che vede il candidato PD Sindaco della Capitale dare per scontata la sua subalternità a un comitato sportivo, anche per quelle decisioni che riguardano i progetti urbanistici e l’eredità che dovrebbero lasciare le Olimpiadi alla città.
E altrettanto tristi sono i messaggi scelti dalla campagna elettorale del PD e del suo candidato per parlare alla città, evidentemente frutto di una comunicazione maldestra e povera di idee – anche perché costretta ad attingere a un repertorio povero di contenuti orignali e convincenti – che ha ripiegato su temi segnalati dai sondaggi come le buche – non per niente in comune con gli altri contendenti – messe in pole position insieme alla riduzione delle tasse, o su formule stantie come il tormentone romanesco (con tanto di “Società dei magnaccioni”), come se la strizzata d’occhio pseudopopolaresca potesse cancellare il profondo fossato che divide da tempo la politica dai cittadini.
E soprattutto nel Partito Democratico, nato dalle ceneri del Partito Democratico della Sinistra, manca appunto la sinistra. Mancano i valori di sinistra. Molti sostenitori del Partito Democratico rinfacciano ai Cinque Stelle di non avere un sistema di valori condivisi, cioè quei fondamenti indiscutibili, come la tutela dei deboli e la giustizia sociale. E agitano il rischio – reale – di derive demagogiche che oscillano tra mondi di destra e di sinistra in base alla pancia e agli umori dei sostenitori o degli attivisti in rete. Però dovrebbero a questo punto interrogarsi su cosa è rimasto oggi dei valori che hanno condiviso e difeso quando il PD si chiamava PCI, poi PDS, poi DS. Valori che non basta scrivere nei codici etici, nella carta dei valori o nei programmi elettorali, devono essere messi in pratica ogni giorno, da tutti.
Ed è devastante sapere che quei valori per cui si sono battuti e sacrificati i nostri padri e nonni oggi non hanno più significato per la maggior parte della gente, che sostiene”che destra e sinistra sono uguali”. Se sono tanti a pensarla così, è perchè molto spesso sono uguali i partiti, i comportamenti, gli interessi. I valori sono ancora diversi, anche se bisogna trovare nuove forme, linguaggi e canali per farli vivere di nuovo.
Mafia Capitale ha segnato una ferita e un solco, tra chi continua a perseguire le vecchie logiche politiche spartitorie e chi invece si batte per l’interesse pubblico e la partecipazione dei cittadini. Il monocolore M5S non può funzionare da solo, ha bisogno di sostegno, competenze e anche confronti critici con le realtà più diverse, anche della politica. Penso che un percorso possibile sia quello che sta cercando di costruire il nostro Laboratorio per una Politica trasparente e democratica, che vuole tenere aperto uno spazio di confronto tra realtà della società civile e quei pezzi di partiti e movimenti – compresi i simpatizzanti di quei partiti che oggi sembrano antagonisti inconciliabili come PD e M5S – che vogliono davvero costruire il cambiamento. Questa campagna elettorale è stata devastante, ha portando il conflitto tra le due principali forze politiche fino a livelli inaccettabili**, spaccando la città e esasperando pregiudizi e sospetti anche tra persone che potrebbero avere molto in comune. Bisogna ricucire il dialogo e il confronto.
Coraggiosi, M5S e non, cercasi.
*al primo turno: Marino 512.720 voti, Giachetti 320.170 voti
** La campagna contro Virginia Raggi per i due incarichi alla ASL di Civitavecchia da 13000 euro segnalati tardivamente al Comune, al di là del giudizio sul fatto in sè, è stata davvero indegna. L’invio di SMS anonimi agli elettori che definivano la candidata Raggi una bugiarda è un episodio inaccettabile, su cui spero che il Partito Democratico vorrà fare chiarezza prendendo le distanze dai suoi autori. E voglio ricordare che una simile e virulenta campagna denigratoria – sostenuta sfacciatamente da testate giornalistiche un tempo autorevoli – non ricorda neanche lontanamente quella condotta verso avversari del centro destra come Alemanno. Questi sistemi non sono accettabili da nessun sincero democratico.
Elezioni Roma
#fateveneunaragione
(e rimbocchiamoci le maniche per la
città)
Come la fiaba di quel tale che parte per vendere la mucca al mercato e a forza di scambi al ribasso si ritrova con un uovo, il Partito Democratico a Roma ha dissipato in poco tempo il suo consenso, passando dai 664.490 voti raccolti dal suo candidato Ignazio Marino al ballottaggio del 2013, ai 376.935 del suo successore Roberto Giachetti del 2016*. Tra le due date è successo di tutto, ma il Partito Democratico deve finalmente guardare in faccia la realtà.
Basterebbe guardare alcune immagini dell’ultimo giorno di campagna elettorale per capire la profonda frattura tra il Partito Democratico e la città. Una piazza strapiena a Ostia ad acclamare la candidata M5S Virginia Raggi, un gruppo di sostenitori di Roberto Giachetti che non riempiva neanche metà dello stretto Ponte della Musica. [vedi icona in alto]
Adesso nel Partito cominceranno le rese dei conti, si spargeranno veleni, voleranno stracci e coltelli, mentre si moltiplicano le versioni consolatorie sui social: un voto contro Renzi, contro il PD, la gente si è fatta abbindolare dal populismo etc etc etc. Ma è un esercizio inutile cercare colpevoli, o ventilare complotti e ripicche. Forse qualcuno effettivamente avrà votato Raggi per farla pagare a Renzi, o per punire il PD, ma la stragrande maggioranza ha scelto il Movimento 5 Stelle perchè è stato l’unico a presentarsi come partito del cambiamento, perchè da sempre promette onestà e legalità, e perchè lavora da tempo su quei territori di cui il Partito Democratico si ricorda solo all’avvicinarsi delle elezioni. Già nel 2008, la vittoria di Alemanno aveva dimostrato il fallimento del Modello Roma del quindicennio Rutelli/Veltroni e il grave malessere delle periferie. Anzichè fermarsi allora a fare autocritica, si è sprofondati in uno dei periodi più oscuri della città, non solo per l’amministrazione di uno dei peggiori centrodestra, ma per il consociativismo di un’opposizione che si opponeva ben poco, a quel centrodestra. Mafia capitale ha poi svelato un po’ di fuoriscena, nelle risultanze giudiziarie, ma soprattutto in quelle migliaia di pagine di intercettazioni, da cui emerge l’immagine di un Partito Democratico deteriorato, preoccupato di voti, correnti e consensi, e ben poco del bene della città e delle persone.
Fatevene una ragione, non sono i radical chic con la puzza sotto il naso che hanno girato le spalle al vostro partito, ma la gente normale, che si è sentita sempre più povera, senza dignità e senza speranza. Abbandonata da una classe politica che anche a sinistra non difendeva più diritti per elargire favori, ben più remunerativi. Classe politica rimasta la stessa anche durante il breve mandato di Ignazio Marino, e che a Marino ha fatto la guerra fin dall’inizio, soprattutto a quelli della sua squadra che non volevano continuare il tran tran precedente. Con una conclusione cruenta – quelle firme dal notaio dei consiglieri PD – che forse ha segnato anche la vera fine del Partito. Ma il suicidio collettivo del PD romano va avanti da tanto, anche se “al ralenti”, con una inesorabile selezione alla rovescia che ha allontanato i militanti più volenterosi e intraprendenti, lasciando il campo ai comitati elettorali. Quante tessere – vere – sono state perse in questi anni? L’indagine di Barca è stata acqua fresca. Che ha indicato il partito cattivo dei valvassini dei circoli e non quello dei vassalli e dei principi e delle relative correnti – tutte ben vive e vegete – in Campidoglio, in Regione, in Parlamento. E se non sappiamo quale dibattito si sia svolto nel partito dopo Mafia Capitale, di certo i candidati del PD hanno parlato ben poco, in campagna elettorale, di mafia e corruzione. Sembrava che le elezioni si tenessero a Oslo, non nella Roma dei “mondi di mezzo”. Mobilità sostenibile. Piste ciclabili. Programmi fotocopiati dal passato, candidati anche. Invito quelli che pontificano sulle presunte incompetenze dei futuri consiglieri Cinque Stelle, a scorrere i curricula dei candidati PD, e approfondire meriti e competenze di quelli in cima alla graduatoria delle preferenze che finiranno in Assemblea o in lista di attesa (naturalmente quelli prestigiosi delle liste civiche hanno preso un pugno di voti perchè non sorretti dall’organizzazione del partito, che in questo è ancora efficiente).
Fatevene una ragione, non bastano più i richiami alla grandeur di RomatornaRoma, gli echi di Festival del Cinema e Notti bianche, per far credere che Roma sia una capitale europea. La gente vive nel terzo mondo ogni giorno, il centrosinistra raccoglie ancora il voto delle enclave dei municipi dove vivono i privilegiati, ma sempre meno, perché anche lì l’abbandono e il degrado proliferano come una malattia contagiosa.
Fa impressione che un partito che per tanto tempo ha messo al centro del suo progetto per un mondo migliore le persone, e valori come l’uguaglianza, la solidarietà, la difesa del bene comune, si sia ridotto a usare come principale argomento elettorale l’ennesima candidatura Olimpica, in una città stremata dai grandi eventi precedenti, giocando sulla retorica sportiva e su quella degli eventi-che-creano-posti-di-lavoro. Oltretutto con un paradossale scambio di ruoli che vede il candidato PD Sindaco della Capitale dare per scontata la sua subalternità a un comitato sportivo, anche per quelle decisioni che riguardano i progetti urbanistici e l’eredità che dovrebbero lasciare le Olimpiadi alla città.
E altrettanto tristi sono i messaggi scelti dalla campagna elettorale del PD e del suo candidato per parlare alla città, evidentemente frutto di una comunicazione maldestra e povera di idee – anche perché costretta ad attingere a un repertorio povero di contenuti orignali e convincenti – che ha ripiegato su temi segnalati dai sondaggi come le buche – non per niente in comune con gli altri contendenti – messe in pole position insieme alla riduzione delle tasse, o su formule stantie come il tormentone romanesco (con tanto di “Società dei magnaccioni”), come se la strizzata d’occhio pseudopopolaresca potesse cancellare il profondo fossato che divide da tempo la politica dai cittadini.
E soprattutto nel Partito Democratico, nato dalle ceneri del Partito Democratico della Sinistra, manca appunto la sinistra. Mancano i valori di sinistra. Molti sostenitori del Partito Democratico rinfacciano ai Cinque Stelle di non avere un sistema di valori condivisi, cioè quei fondamenti indiscutibili, come la tutela dei deboli e la giustizia sociale. E agitano il rischio – reale – di derive demagogiche che oscillano tra mondi di destra e di sinistra in base alla pancia e agli umori dei sostenitori o degli attivisti in rete. Però dovrebbero a questo punto interrogarsi su cosa è rimasto oggi dei valori che hanno condiviso e difeso quando il PD si chiamava PCI, poi PDS, poi DS. Valori che non basta scrivere nei codici etici, nella carta dei valori o nei programmi elettorali, devono essere messi in pratica ogni giorno, da tutti.
Ed è devastante sapere che quei valori per cui si sono battuti e sacrificati i nostri padri e nonni oggi non hanno più significato per la maggior parte della gente, che sostiene”che destra e sinistra sono uguali”. Se sono tanti a pensarla così, è perchè molto spesso sono uguali i partiti, i comportamenti, gli interessi. I valori sono ancora diversi, anche se bisogna trovare nuove forme, linguaggi e canali per farli vivere di nuovo.
Mafia Capitale ha segnato una ferita e un solco, tra chi continua a perseguire le vecchie logiche politiche spartitorie e chi invece si batte per l’interesse pubblico e la partecipazione dei cittadini. Il monocolore M5S non può funzionare da solo, ha bisogno di sostegno, competenze e anche confronti critici con le realtà più diverse, anche della politica. Penso che un percorso possibile sia quello che sta cercando di costruire il nostro Laboratorio per una Politica trasparente e democratica, che vuole tenere aperto uno spazio di confronto tra realtà della società civile e quei pezzi di partiti e movimenti – compresi i simpatizzanti di quei partiti che oggi sembrano antagonisti inconciliabili come PD e M5S – che vogliono davvero costruire il cambiamento. Questa campagna elettorale è stata devastante, ha portando il conflitto tra le due principali forze politiche fino a livelli inaccettabili**, spaccando la città e esasperando pregiudizi e sospetti anche tra persone che potrebbero avere molto in comune. Bisogna ricucire il dialogo e il confronto.
Coraggiosi, M5S e non, cercasi.
*al primo turno: Marino 512.720 voti, Giachetti 320.170 voti
** La campagna contro Virginia Raggi per i due incarichi alla ASL di Civitavecchia da 13000 euro segnalati tardivamente al Comune, al di là del giudizio sul fatto in sè, è stata davvero indegna. L’invio di SMS anonimi agli elettori che definivano la candidata Raggi una bugiarda è un episodio inaccettabile, su cui spero che il Partito Democratico vorrà fare chiarezza prendendo le distanze dai suoi autori. E voglio ricordare che una simile e virulenta campagna denigratoria – sostenuta sfacciatamente da testate giornalistiche un tempo autorevoli – non ricorda neanche lontanamente quella condotta verso avversari del centro destra come Alemanno. Questi sistemi non sono accettabili da nessun sincero democratico.
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