Ho votato certamente Veltroni come sindaco (anche come segretario del partito); non mi ricordo se ho votato Rutelli (dimenticanza che dice molto?), ma contro Alemanno, esponente fascista, tendo a pensare di averlo fatto. Anche perchè so, per certo, che è la prima volta in tutta la mia vita, che non vado a votare. Ho votato in tutte le tornate politiche, amministrative e referendarie, fino a ieri.
E’ arrivato il momento, per me, di dire basta , non con la pancia, ma seguendo ragionamenti responsabili e a lungo meditati-
Il non voto), a me sembra utilissimo a smuovere i politicanti.
In quel testo, tragico e con un finale in cui il potere riesce ad avere violentemente ragione della silenziosa rivolta dei cittadini, rimane il fatto che l’unico timore della politica e dei pochi burattinai che la controllano è stato dato dalla massiccia astensione, ripetuta, dal voto. Tutto il resto era prevedibile e previsto. Il potere avrebbe saputo gestirlo. Il rifiuto di partecipare al gioco è stato, invece, spiazzante. .
Mi sembra però doveroso precisare che attribuire all Alemanno, molto più debole e inadeguato che delinquente; smargiasso più che duro; mosso da infantile sorpresa per avercela fatta e convinto così di essere uno statista (a sua insaputa), l’origine dei mali che affliggono Roma, è il maldestro tentativo, temo inconsapevole, di mantenere pulito il passato precedente e credere che il degrado della città sia sbucato improvvisamente sulla scena, prima limpida.
I mali di Roma nascono molto lontano e la corruzione, lo scambio di favori, e tutto il resto, sempre presenti dove ci sia potere, sono cresciuti a dismisura trovando terreno fertilissimo se non nella colpevolezza, nella distrazione, nella tronfia opinione di sè, sia del quadro politico generale che di quello eminentemente cittadino delle amministrazioni Veltroni e Rutelli (partecipe Giachetti), nel clima da fine dell’impero di cui il berlusconismo è stato la rappresentazione più evidente.
La responsabilità di Veltroni e Rutelli nell’accumularsi del tremendo debito pubblico romano è fuor di discussione.
Non si tratta di perorare il rigore teutonico, ma la buona pratica civile sì. Se non fosse parso così allettante e senza vincoli, approfittare di una torta che ingigantiva ogni giorno, irresponsablmente e allegramente, la corsa all’oro di deboli e amorali politici, funzionari e furbi e duri delinquenti, non avrebbe raggiunto le proporzioni che invece ha raggiunto.
Quindi ritengo di non aver fatto una gran cosa, votando quei sindaci.
Non vado responsabilmente a votare, ma non voglio farla lunga.
Facciamo un caso (nemmeno tanto per assurdo) che, in una tornata elettorale per il governo delle città, ci fosserò, per esempio:Verdini per il partito della nazione e Gasparri per la rinata destra.
Dovrei scegliere? Dovrei spulciare discorsi, programmi e parole per forzarmi a trovare qualche cosa di non orrendo (c’è sempre qualche cosa di più accettabile di altro) in uno dei due candidati?
La mia responsabilità per il governo della città mi dovrebbe obbligare sempre e comunque a sciegliere il meno peggio? Fino alla fine? Scendendo sempre un gradino in più?
Votare per il meno peggio conferma, nel potere, la convinzione che , tutto sommato , gli elettori, sbraitano e protestano, ma si adeguano, trangugiando nei fatti, anche quello che pensano totalmente indigesto.
Ultima considerazione.
Sostenere che le elezioni amministrative (in tutta Europa, a differenza degli USA), abbiano soltanto valenza locale, sganciata da quella politica, è irreale.
Probabilmente la Raggi si muoverà nell’ambito controllato del movimento.
Giachetti non potrà che fare altrettanto, con una differenza:Renzi non si mostrerà e tirerà le fila del sindaco, attraverso i vicesegretari del partito, il presidente già commissario e così via.
Davvero si può credere che il sindaco PD non seguirà un copione dettato altrove? Davvero si pensa che gli eventuali consiglieri (i soliti sinceramente innominabili) e i membri della giunta, abbiano pensato un programma per Roma, in modo autonomo? Che le scelte non debbano essere avallate dal segretario del partito e presidente del consiglio?
Allora che differenza fa con il M5S?
Davvero si pensa che alla Raggi la vita sarà resa facile da un avversario incarognito che possiede la leva del potere statale?
Se il Giachetti vorrà abbattere la montagna del debito di Roma lo farà con il beneplacito di Renzi (non lo ha detto. Sarà deciso altrove, se finalmente sarà riconosciuto che altrimenti il problema della città non consente soluzioni).
La Raggi lo ha detto. Le sarà fatta guerra; certamente non pensando all’interesse di Roma e dei romani.
Continuo a pensare che l’unico segnale possibile, in questa guerra per bande, che mira al potere nazionale, in cui le le elezioni amministrative sono un passagio, rimanga quello di far sapere che il gioco è stato scoperto e il re è nudo.
Servirà? Secondo me no, ma almeno salverò la mia dignità.
Così la penso io.
Umberto Pradella
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