4 giugno 2016

I CENTRI ANTIVIOLENZA A ROMA DEVONO RESTARE APERTI

Fortunatamente, vada come vada, fra poco a Roma ci sarà un nuovo Sindaco, e il signore che occupa temporaneamente  la poltrona più in alto al Campidoglio andrà via. Aver applicato senza alcun distinguo la legge è tipico dei servitori dello Stato con i paraocchi. Per questo ci vogliono i politici che guardano ai problemi con occhi e testa più sensibili. Avevamo già parlato dei centri sociali caduti sotto la mannaia degli sfratti per morosità od altro. Ora è il tempo dei centri antiviolenza alle donne, ora che le cronache sono purtroppo piene di episodi terribili contro le donne. Fortunatamente domani si vota.......
 
 
                                         Colasanti e Lopez, le vittime del Circeo
 
 
Roma 1 giugno 2016
MENTRE il feroce femminicidio di Sara Di Pietrantonio suscita sgomento e dibattito.
MENTRE la parte più consapevole della società civile pretende risposte istituzionali adeguate alla gravità ed alla pervasività del fenomeno della violenza di genere.
MENTRE partono petizioni per aprire sportelli/centri antiviolenza in ogni Municipio.
Il Comune di Roma vuole chiudere lo storico centro antiviolenza “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez” attivo dal 1997 nel sostegno alle donne vittime di maltrattamenti che vogliono uscire da una situazione di violenza. 
Il 13 maggio del 2016 sono stata convocata - in qualità di Presidente di BeFree cooperativa, che gestisce il Servizio, e insieme a Francesca De Masi, Responsabile del Centro antiviolenza - presso il Dipartimento Comunicazione del Comune di Roma, per apprendere di un effettivo e imminente pericolo di chiusura del Centro antiviolenza.
Il Centro è un punto di riferimento storico sul territorio romano, sia per le donne che nel corso di 20 anni hanno avuto accesso alla struttura, sia per tutte le istituzioni (Forze dell'Ordine, Procure, Ospedali, servizi sociali, associazioni del privato sociale, ecc) che hanno trovato nel Centro antiviolenza un imprescindibile strumento sia di emersione che di presa in carico del grave e diffuso fenomeno della violenza di genere.
Dal 1997 il Centro Antiviolenza ha aiutato e seguito quasi 10000 ( per l’esattezza 8958 alla data di oggi) donne, provenienti da tutti i municipi di Roma, oltre che da altre città e regioni di Italia.
Ha inoltre ospitato più di 300 donne, con figli minori, che hanno avuto una reale opportunità di ricostruire la propria esistenza, fortemente messa a repentaglio dalle violenze subite, e di progettare un futuro libero, indipendente e sereno.
Un luogo così importante per il contesto sociale romano è a rischio chiusura: la struttura infatti sorge all'interno dell'edificio "Ex Bruno Buozzi", di 7 piani, che accoglie diverse case famiglia, centri anziani, servizi socio-sanitari, tutti afferenti al Comune di Roma.
Sulla base delle informazioni ricevute, abbiamo appreso che l’edificio intero non è di competenza comunale (come appariva certo e documentato, anche da determine comunali che risalgono al 1996) ma che in realtà la proprietà di esso è della Regione Lazio, il cui Ufficio Patrimonio sta reclamando la riscossione di imponenti cifre per l’occupazione, facendo riferimento a circa 20 anni di usufrutto dei locali. Il Comune, da parte sua, non sembra avere la possibilità di saldare un debito così importante, e l’unica soluzione che si sta profilando è di chiudere il servizio.
Pertanto, se non verrà risolto tale contenzioso tra Comune e Regione, il 30 luglio 2016, data di scadenza del bando di affidamento del Centro antiviolenza, questo importante spazio verrà chiuso.
Questo dato desolante è stato confermato il 31 maggio 2016, quando siamo state nuovamente convocate insieme a enti gestori di altri centri antiviolenza di proprietà comunale (SOSDonna H24, Casa Internazionale dei Diritti Umani delle Donne e Casa di Semiautonomia Giardino dei Ciliegi) per apprendere che anche per i servizi in questione si profila una chiusura.
Il motivo, in questo caso, è l’impossibilità di emanare i bandi per il rinnovo dell’affidamento o le eventuali proroghe (sono tutti prossimi alla scadenza del contratto) a motivo della recente Normativa sugli appalti pubblici (ex decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), di cui non sono ancora note le linee attuative.
Insomma, dal prossimo luglio le donne che subiscono violenze non avranno nessun aiuto dalla Capitale d'Italia.
Faccio questo lavoro da molto tempo. E questo dimostra ancora una volta che si fa presto a dire alle donne "denuncia" e poi contemporaneamente chiudere tutti gli spazi di ascolto e di sostegno!
Chiediamo ai/alle candidati/candidate sindaco/sindaca di Roma di prendere immediatamente posizione su questo grave problema, del quale abbiamo già provveduto ad informare il Commissario straordinario Francesco Paolo Tronca.
Chiediamo alle istituzioni, alle organizzazioni antiviolenza, alla società civile che si può definire tale e alla stampa di schierarsi a difesa del Centro antiviolenza. 
Chiediamo di capire e far capire la gravità della situazione e il danno politico, etico e sociale che la chiusura del Centro Lopez e Colasanti (nonché di tutti gli altri servizi antiviolenza del Comune di Roma) rappresenterebbe per la comunità tutta.
In mancanza di mobilitazioni adeguate dovremo concludere che "gli indifferenti" non sono solo gli automobilisti che non hanno soccorso Sara Di Pietrantonio all'alba del 29 maggio. E che le dichiarazioni di cordoglio e di esecrazioni sono solo colpevoli bugie
Firma la petizione                                    

Questa è inceve la risposta del Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, giunta successivamente

Risposta del decisore
Nicola Zingaretti
Presidente della Regione Lazio
7 giu 2016 — La Regione Lazio non ha mai richiesto la riconsegna dei locali che ospitano il centro antiviolenza ‘Donatella Colasanti e Rosaria Lopez'. Di fronte alla comunicazione del Comune di Roma della cessazione del servizio a partire dal prossimo mese di luglio, ci dichiariamo disponibili fin da subito, come Amministrazione regionale, all’apertura di un tavolo con tutti i soggetti interessati per scongiurare l’interruzione del servizio che dal 1997 sostiene in tanti modi le donne vittime di maltrattamenti.

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