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E' bene o male che sempre più persone, soprattutto giovani qualificati, decidano di trasferire la propria residenza in Paesi che offrono maggiori possibilità di crescita? Le opinioni sulla crescente mobilità internazionale del capitale umano delle nuove generazioni si dividono in modo netto nel dibattito pubblico italiano, ma non esiste una risposta semplice ed univoca. Come tutte le grandi trasformazioni sociali, anche questa porta con sé sia potenziali rischi sia nuove opportunità. Per contenere i primi e favorire i secondi serve uno sforzo combinato di miglioramento nella lettura della realtà in mutamento e di intervento con politiche efficaci.
Sulla mobilità internazionale agiscono sia fattori di push che di pull: i primi sono gli elementi negativi che ci si lascia alle spalle, i secondi sono gli aspetti positivi a cui si va incontro. I fattori di pull sono in crescita per la sana maggior propensione delle nuove generazioni a muoversi, oltre che per la benvenuta maggior facilità a farlo rispetto al passato. I fattori di push sono particolarmente rilevanti in Paesi, come l'Italia, in cui le opportunità vengono percepite come sensibilmente più basse rispetto a gran parte degli altri Paesi sviluppati. Usando una metafora calcistica potremmo dire che il Sud Italia offre ai giovani talenti la possibilità di giocare fino alla Serie C. Se pensano di valere di più e vogliono provare a misurarsi con la Serie B devono spostarsi nel Nord del Paese. E chi vuole andar oltre? Deve trasferirsi all'estero perché l'Italia non offre livelli da Serie A. Ecco allora che, come documentano i dati analizzati dalla Fondazione Migrantes, molti giovani partono dalla Lombardia e dal Veneto per andare in Germania e in altri Paesi dove le politiche di promozione del capitale umano e gli investimenti in ricerca e sviluppo sono più consistenti.
A ben vedere, i ragazzi delle nuove generazioni non partono per fuggire da qualcosa ma per andare incontro all'idea di sé che desiderano realizzare. Questa loro ricerca parte sempre dal luogo in cui nascono ma spazia oggi sempre più su tutto il globo. Il tema vero è che nel mondo in cui accadono le cose che i giovani cercano e che essi stessi vogliono contribuire a far accadere, l'Italia rischia di diventare sempre più marginale. Se l'alternativa è tra rimanere in Italia rivedendo le proprie ambizioni al ribasso e andare all'estero, saranno sempre più quelli che opteranno per la exit strategy. Quello che allora manca nel nostro Paese è un solido piano per la valorizzazione del capitale umano delle nuove generazioni come leva per la competitività e lo sviluppo del paese. Quanto siamo ancora lontani da questa impostazione lo ha rivelato la recente brochure del ministero dello Sviluppo sull'attrattività dell'Italia, che invita le aziende straniere a venire qui per il vantaggio di poter pagare di meno i nostri giovani ingegneri.
Generare opportunità all'altezza delle migliori aspirazioni dei giovani è l'unica risposta al rischio di degiovanimento cronico del Paese.
(*) Professore Associato di Demografia presso la Facoltà di Economia dell'Università Cattolica di Milano
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