Con
Jude Law, Diane Keaton, Silvio Orlando, Scott Shepherd, Javier Camara, James
Cromwell, Italia, Francia, Spagna del 2016. Fotografia di Luca Bigazzi.
Scenografia di Ludovica Ferrario.
Fasto e noia
Lenny
Belardo è un quarantasettenne cardinale bellissimo ma angosciato e infelice,
che diventa Papa con il nome di Pio XIII. È il primo papa americano della
storia e proviene da un orfanatrofio statunitense, dove è stato abbandonato da
piccolo. È cresciuto tormentato dal desiderio di rivedere i suoi genitori
“figli dei fiori” e a tutt’oggi ne soffre.
Eletto
un po’ per caso, passerà man mano dalle prime incertezze all'arroganza e a
costruire un papato anacronistico, conservatore e autoritario che stupisce anche
i cardinali più anziani. Con l’idea di moralizzare la Curia e la Chiesa finisce
per formulare regole vecchie e antistoriche, come ad esempio non dare l‘assoluzione
a una donna che ha abortito o controllare il passato e il presente in modo
poliziesco di chi chiede di diventare prete. Un papa/dio giusto e vendicativo che
sembra non conoscere il perdono.
Sempre
più isolato nel suo trip di potere assoluto convoca a Roma le uniche due figure
a lui familiari: suor Mary (Diane Keaton) la madre che l’ha cresciuto
nell’orfanatrofio e Andrew, il cardinal Dussolier (Scott Shepherd), suo
amichetto del cuore per tutta l’infanzia. Ma Lenny pian piano imporrà un
distacco e chiederà, perfino a suor Mary, di esser chiamato Sua Santità.
Il
filmone è articolato in otto puntate. Tra intrighi di corte, corruzioni e
pettegolezzi, la vicenda va avanti molto lentamente.
La
caratteristica di Sorrentino di amare le immagini statiche legate da stacchi
qui è portata all’estremo: fotografie bellissime, prospettive centrali o
prospettive dal basso, tanti primi piani del Papa, enormi stanze vuote con due
o tre persone lontane (scene girate in antichi palazzi romani incluso Palazzo
Venezia), il film va avanti tutto così. Sembrerebbe che il regista si rifaccia
più alle sequenze degli affreschi duecenteschi sulla storia del Cristo, o ai
fumetti, o meglio ai fotoromanzi, piuttosto che al cinema.
L’operazione
del papa giovane è osannata dalla critica – forse perché Sorrentino piace agli
Americani e ha vinto un Oscar per La
grande Bellezza – personalmente devo congratularmi sia con il fotografo Luca
Bigazzi sia con la scenografa Ludovica Ferrario, ma trovo “The young people” noiosissimo, lontano mille miglia dal concetto di
cinema, molto meglio paragonabile alle fiction
per la TV (ma volete mettere la serie canadese I Borgia con Jeremy Irons in Papa Alessandro VI!?). Il doppiaggio
di Jude Law è un pò forzato (Riccardo Niseem Onorato), consiglio chi volesse
vedere qualche puntata (ne mancano solo due) di ascoltarlo in originale. Gli
attori sono tutti molto bravi, in particolare spicca Silvio Orlando che
interpreta il cardinal Voiello - «empatico ma non simpatico»
come dice Orlando in un’intervista - molto più vicino a un’idea di prete a noi familiare.
Ghisi
Grütter
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