Con Mouna Hawa, Shaden Kanboura, Sana Jammelieh, Mahmoud
Shalaby, Riyad Sliman, del 2016.
Musica di MG Saad.
“Né qui né altrove”
La
realtà di donne arabe in Israele è difficilmente raccontata. Ancora meno nel cinema
mediorientale si vedono storie di ragazze che vogliono sentirsi dinamiche e brillanti
e vivere all’occidentale, distaccandosi del tutto o in parte, dalla cultura
dominante.
Libere, disobbedienti, innamorate – in
beteewn è un film in cui si vede
che la regia è di una donna. Le figure delle tre ragazze che condividono una
casa a Tel Aviv sono trattate con grande attenzione, così come i loro rapporti
genitoriali che sono molto difficili.
Le
tre roommates hanno vite molto
diverse: una è di Taybe, due vengono dal distretto di Haifa. Laila (la
seduttiva Mouna Hawa) sembra essere la più disinvolta e trasgressiva, una brava
avvocatessa penalista, accanita fumatrice e non solo di tabacco. Salma (Sana
Jammelieh) si occupa di musica, ma per guadagnare un po’ fa vari lavoretti, dall’aiuto
cuoca alla barista, cerca una sua strada di realizzazione, nonostante provenga
da genitori arabo-cristiani bigotti il cui desiderio è solo quello di vederla
sposata. Nur è una serissima studentessa arabo-mussulmana ortodossa (con il
velo) che proviene dal villaggio di Umm al-Fahm e che, per volere dei genitori,
è promessa sposa a un ragazzo iper-tradizionalista e gelosissimo, che vorrebbe lei
rinunciasse a un futuro lavoro per restare a casa ad accudire figli e marito.
La
vera emancipazione arriverà attraverso rinunce, sacrifici e sofferenze, pagando
un prezzo molto alto per l’affermazione della propria libertà. Salma scoprirà
la sua omosessualità - i genitori la penseranno malata minacciando di
internarla - e scapperà di casa con l’idea di partire per Berlino. Nur avrà il
coraggio di lasciare il fidanzato violento e possessivo, e Leila si renderà
conto che anche il suo ragazzo, più evoluto e apparentemente “aperto”, possiede
idee conservatrici e maschiliste e mai la vorrebbe sposare. Infatti, a un certo
punto lui le suggerisce di cambiare atteggiamento e di smettere di fumare dicendole:
«Mica
stiamo in Europa!»- mito di terre libere e di gente emancipata.
La
regista Maysaloun Hamoud, una ragazza trentasettenne nata a Budapest ma
trasferitasi con la famiglia a Dur Hana in Israele, mostra, attraverso il
paradosso, la realtà della condizione femminile. Con questa sua opera prima, ha
voluto smascherare l’ipocrisia della religione con gli ostentati valori della
purezza e della tradizione, ma anche quella degli atteggiamenti più
apparentemente laici e progressisti di molti ragazzi arabi.
Il
titolo originale del film è Bar Bahr
in arabo tra terra e mare, in ebraico
né qui né altrove che ben comunica la
difficoltà di trovare un’identificazione al di là dei facili modelli noti e
stereotipati, ma certi. Premiato a Toronto, a San Sebastian e all’Haifa Film
Festival, il film presenta una malinconia di fondo, specialmente riguardo alla
nuova generazione, ma è raccontato con spigliatezza, in forma di commedia, e
alcune scene sono bellissime. La solidarietà che si respira tra Salma e Leila,
quando lavano Nur sotto la doccia e la consolano, è veramente commovente e
quella scena vale tutto il film.
Ghisi
Grütter
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