17 maggio 2017

UNIVERSITA': DOPO LA LAUREA PRONTI A PARTIRE, MA NON TROPPO


.

Laurearsi, nonostante la crisi, risulta ancora essere un elemento di grande rilevanza. Il cosiddetto “pezzo di carta” rappresenta ancora quel "quid" in più nella grande corsa all’occupazione. Questo titolo di studio, “diminuisce il rischio di restare intrappolati nell’area della disoccupazione”, si legge nell’ultimo rapporto di Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani. “Generalmente i laureati sono in grado di reagire meglio ai mutamenti del mercato del lavoro, disponendo di strumenti culturali e professionali più adeguati”. Il tasso di occupazione della fascia di età 20-64 è del 74% tra i laureati e del 65% tra i diplomati. Peccato che l’Italia sia il penultimo Paese in Europa per numero di laureati. Solo 26 dottori ogni cento cittadini tra i 30 e i 34 anni.

I laureati italiani sono pochi e anche poco disposti ad allontanarsi dalla famiglia. Nel 2016 poco meno della metà del totale dei laureati italiani ha conseguito il titolo nella stessa provincia in cui si è diplomato (47%). E solo il 10,6% ha sperimentato esperienze di studio all’estero. Interessante è la quota dei laureati di cittadinanza straniera che arriva al 3,5% del totale complessivo dei laureati, con una punta del 4,6% nei corsi di laurea magistrali.

Inoltre, “Il Background familiare ha un forte effetto sulle opportunità di completare il percorso di istruzione universitaria”, si legge nel rapporto in cui emerge anche “una sovra-rappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale”. Lo status sociale e culturale dei genitori risulta essere influente anche sulla scelta del corso di laurea: chi sceglie un corso di laurea a ciclo unico, spesso proviene da una famiglia con un livello culturale elevato (il 44% ha almeno un genitore laureato) rispetto ai “laureati che hanno optato per un percorso “3+2”.

Dall’indagine condotta dal Consorzio Interuniversitario fondato nel 1994, che ha riguardato complessivamente 620 mila laureati, emerge che ad un anno dalla laurea triennale trova lavoro il 68% , mentre gli occupati ad un anno dal diploma di laurea magistrale sono il 71%. I primi guadagnano in media 1.104 euro netti al mese, i secondi 1.153. Ma un laureato su cinque resta senza occupazione.

Dopo cinque anni dalla laurea la situazione migliora: il tasso di occupazione sale all’87% tra i laureati triennali e all’84% tra quelli magistrali. Lo stipendio per i primi cresce da 1.104 a 1.362 euro, mentre per i secondi sale da 1.153 a 1.405 euro.  Tuttavia dal 2008 al 2013 il guadagno si è ridotto notevolmente. I laureati hanno perso quasi un quarto di quanto guadagnavano: -23% per i triennali, -20% per i magistrali. I disoccupati oscillano tra l’8 e il 9%.

Forse sta proprio qui il motivo per cui nel post laurea quasi la metà dei dottori è disposta a preparare la valigia e a trasferirsi all’estero. Pronti a partire, ma non troppo, infatti solo il 7% dei laureati lo fa veramente. Si spostano tra Germania, Regno Unito e Svizzera, in quella parte d’Europa dove le retribuzioni medie sono di gran lunga superiori a quelle dei coetanei con lo stesso titolo di studio rimasti in Italia. I dottori magistrali fuori dallo stivale, a cinque anni dal conseguimento del titolo, guadagnano 2.202 euro netti al mese, il 64% in più rispetto ai 1.334 euro degli occupati in Italia.

In Italia, dunque, nonostante l’88% dei laureati si dichiari soddisfatto della propria esperienza, a partire dal corpo docente (85%), l’Università non riesce ancora a svolgere il ruolo di “ascensore sociale” in salita.

 

Maura Pisciarelli

 

Nessun commento:

Posta un commento