Concertone 2017 a Piazza San Giovanni
L’Istat ha avuto il buon senso di pubblicare i dati relativi al tasso di disoccupazione il giorno dopo la festa del Primo Maggio. Ed ecco che il 2 maggio, all’indomani del concertone di piazza San Giovanni a Roma bagnato dalla pioggia proprio a ridosso dell'esibizione dell’ospite di punta, Francesco Gabbani, dopo la manifestazione di Portella della Ginestra o, dopo pranzi consumati nelle campagne o nei campi sotto il primo sole che annuncia l’arrivo dell’estate; in una nota dell’Istat compare un +59mila. Tutti speranzosi, dopo la giornata della festa dei lavoratori, che quel segno positivo rivelasse un miglioramento nel mondo dell’occupazione. Speranza interrotta all’istante. Quel dato si riferisce all’aumento mensile dei disoccupati over 50. Infatti a febbraio gli ultra cinquantenni in cerca di una occupazione erano 508mila, mentre a marzo sono arrivati a 567 mila. Oltre 100 mila in più rispetto a marzo 2016.
Eppure Matteo Renzi, domenica sera al Nazzareno, fiero di quella sua vittoria schiacciante alle primarie del PD, ha affermato che “il jobs act è stata la migliore riforma che la sinistra abbia mai fatto”. Se i risultati sono questi, la riforma in questione non solo non appare come la migliore riforma della sinistra, ma si attesta come la peggiore riforma del lavoro di tutti i tempi. A marzo 2017 infatti, il tasso di disoccupazione è nuovamente salito all’11,7%. È vero che tra i giovani il tasso di disoccupazione da febbraio a marzo è sceso dello 0,4% ma è anche vero che in quella percentuale rientrano ancora i voucher aboliti soltanto a partire dal 17 marzo.
A due anni dall’approvazione del jobs act, dunque, il tasso di disoccupazione generale e giovanile resta più o meno invariato, la crescita dei contratti a tempo indeterminato si è arrestata con il venir meno delle tutele e, non avendo più l’Art. 18, questi contratti naturalmente svaniranno nel nulla. Molti imprenditori, se la domanda nel mercato del lavoro non ripartirà, alla fine del triennio e quindi degli incentivi, pagheranno al lavoratore un indennizzo inferiore rispetto all’incentivo ricevuto e addio tempo indeterminato.
Aumento della disoccupazione e deflazione salariale sono sicuramente necessari per galleggiare nel piano dell’Austerity dettato dall’Europa e al quale né Renzi né chi l’ha preceduto si è sottratto. Saranno allora sicuramente soddisfatti Mario Draghi e Angela Merkel del risultato di una riforma che essi stessi avevano suggerito all’ex premier, un po’ meno soddisfatti saranno i sindacati e i lavoratori che non potranno nemmeno accusare il il neo segretario del PD di incoerenza e false promesse perché nel DEF del suo Governo era scritto a chiare lettere che se tutto fosse andato secondo le previsioni, al termine della legislatura la disoccupazione sarebbe rimasta sostanzialmente invariata, tra l’11 e il 12%.
Se l’Istat ci avesse resi edotti di questi dati qualche giorno prima della ricorrenza del 1 maggio, Renzi avrebbe comunque vinto le sue primarie, perché in quel che resta del PD non c’è più partita o meglio, partito; ma forse al concertone di Roma nessuno, ad un certo punto, avrebbe esitato ad urlare "Piove Governo Ladro!"
Maura Pisciarelli
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